«Vita molle di fattezze vaghe»: sognatori visionari in “Liquefatto” di Hilary Tiscione

 

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Liquefatto
di Hilary Tiscione
Alessandro Polidoro Editore, giugno 2021

pp. 170
€ 14,00 (cartaceo)
€ 8,99 (e-book)






Esistono libri che vanno letti per essere capiti, per trarne una lezione, per imparare qualcosa in più sulla vita, per (ri)conoscersi. Per questo genere di libri è semplice, basta sedersi comodi e lasciarsi trasportare dalla lettura. Sembrerà di viaggiare sui binari di un treno, al sicuro, senza alcuna possibilità di deragliare.

Esistono poi libri contorti, che ti guidano in un viaggio, breve sulla carta ma in realtà lunghissimo, in cui ti perdi: il caldo è soffocante, all’orizzonte nessuna via d’uscita, non resta altro da fare che continuare il cammino. Non riesci a distinguere la finzione dalla realtà, il confine netto delle cose, la successione dei fatti. Ecco, Liquefatto, il nuovo romanzo di Hilary Tiscione, appartiene di più a quest’ultima categoria.

Maddalena è una giovane donna, fidanzata con Romano, che sembra tenere di più ai suoi momenti al di là della realtà che a lei. I pochi istanti di vicinanza, calore e amore verso Maddalena, li manifesta quando i suoi sensi sono alterati. La guarda ma sembra non vederla davvero, come se le loro emozioni parlassero lingue troppo diverse perché si possano capire. Un affetto stanco, un amore svanito: rimane solo l’abitudine e il senso di colpa che consuma Maddalena per essersi trovata più e più volte a tradire Romano. La voglia di eccessi che li sveglia dal loro torpore condiviso, che si palesa in alcune tristi sere, è forse l’unica cosa in comune che hanno.

La grande amica Lia parla invece la stessa lingua sensoriale di Maddalena, l’intesa dei loro sguardi è spesso più efficace delle parole espresse. Un giorno incontrano Tito, una vecchia conoscenza, che diventerà un amico sincero, anche se costantemente fluttuante a mezz’aria, lontano dalle verità terrene.

Romano regala a Maddalena due biglietti di andata e ritorno per Los Angeles, per lei e Lia. Nei mesi che le separano dalla partenza, le due amiche iniziano a sognare, fantasticando su dove le porterà questo viaggio. Decidono di coinvolgere anche Tito, da anni stabile in quel fulvo deserto americano. La narrazione, prima concreta, ancorata ai giorni e alla realtà, assume progressivamente un’aria confusa, come se fosse coperta da un caldo velo, che non permette di guardare agli avvenimenti in maniera nitida. Questa confusione inizia ad essere percepita dal lettore poco prima della partenza di Maddalena e Lia, quando la prima rivela all’amica di essere incinta di Romano. Una profonda crisi interiore inizia a prendere forma nel ventre di Maddalena, insieme alla nuova vita, e crescerà sempre di più durante il loro viaggio, silenzioso e caldo, incerto e soffocante.

L’uso del linguaggio e l’architettura delle frasi coinvolge il lettore, dandogli la sensazione di vivere in prima persona il profondo senso di spaesamento e di perdita di identità che investe Maddalena. Vediamo la vita attraverso i suoi occhi, la lettura risulta sempre più ostacolata da una paura di compiere a qualsiasi momento un passo falso, che possa portarla in un luogo da cui non si può più tornare indietro.

Tutto intorno alle due ragazze prende vita, ci troviamo davanti a un paesaggio antropomorfo, animato come lo sono i tre amici che si dirigono verso una meta sconosciuta: “Sulla Winding Way di Malibù l’aria è immobile. Le ville si ritemprano giorno e notte. Oziano e si contemplano a vicenda (…)” (p. 65). La protagonista lancia un grido di aiuto, vorrebbe che le fornissimo la soluzione ai problemi che non smettono di martellare, minuto dopo minuto, nella sua testa. Lei, che si sente estranea alla vita che porta in grembo, cerca una ragione, un segnale, nel cielo limpido di Malibù. Una soluzione alla sua crisi, un risveglio di coscienza che possa riportarla alla realtà, con il giusto atteggiamento per accettarla.

La storia, verso la fine del libro, porta il lettore a porsi più volte la stessa domanda: stiamo vivendo la realtà o la finzione? Non capiamo infatti quanto sia frutto dei pensieri della protagonista, e quanto invece stia accadendo realmente. La vita di Tito, in bilico tra una ricerca di eccessi e una spaventosa normalità, assorbe i pensieri delle due amiche, le trascina in posti che non conoscono, lontano dal loro mondo e da tutto ciò cui sono abituate. “È uno di quei punti della sera dove ognuno è alla ricerca di una sensazione. Quando i nervi bussano e c’è bisogno di poco per vivere.” (p. 94).

Un libro che fa del suo lettore un testimone, rendendolo partecipe di incertezze, effimere gioie, disperazioni inconsolabili, chiedendogli in silenzio di essere un compagno pronto all’ascolto di confidenze che hanno paura di rivelare ad alta voce. Maddalena manifesta un bisogno pulsante di liberarsi dalla nuova esistenza in cui è incatenata, nella quale fatica a rimanere a galla. Con il particolare uso che l’autrice fa delle parole, ci porta verso un mondo che forse può esistere solo nel labirinto dei pensieri di Maddalena, in cui noi lettori la accompagniamo volentieri.

Riuscirà a volare più in alto delle sue paure, confondendosi nel blu terso del cielo?


Lidia Tecchiati