#CriticaLibera - “Ripartire dal desiderio vuol dire partire senza sapere per dove". Il saggio di Elisa Cuter che decostruisce e ci decostruisce

Ripartire dal desiderio
di Elisa Cuter
Minimum Fax, 2021

pp. 214
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,49 (ebook)

Il saggio di Elisa Cuter, dottoranda e assistente di ricerca alla Filmuniversität Konrad Wolf di Babelsberg ed editor de Il Tascabile, si potrebbe iniziare a leggere dalla fine, dalla "Conclusione" che chiude il volume. È lì che l'autrice racconta ai lettori il senso di quel "ripartire" che sta nel titolo e che potrebbe trarre un po' in inganno in un momento storico in cui "ripartire", "ripartenza", "recovery" sono le parole che rimbalzano su ogni testata e dentro le nostre teste, quasi un mantra definitivo a dirci che se non ripartiamo ora, non ripartiamo più.
Ma dentro la sua idea di ripartenza c'è qualcosa di molto diverso - e di ben più complesso, aggiungerei - di una mera riappropriazione di spazi e di opportunità. C'è il riconoscimento e la decostruzione - segnatevi questa parola perché ritornerà più volte nella recensione - di fenomeni, comportamenti, assunti culturali che ci tengono immobili. E la stasi non è mai una buona idea, per le società come per gli individui.
Per combattere questo stato di cose può arrivare in soccorso il desiderio che è qualcosa di molto sfuggente, quasi inafferrabile, eppure con un po' di sforzo si può raccontare. A una condizione, però: nel farlo dobbiamo lasciarci condurre da lui. 

Il desiderio ci porta in luoghi che non conoscevamo prima. Ci dice qualcosa su quello che siamo, su dove stiamo, ma queste indicazioni si possono leggere solo a posteriori. Ci fa scoprire cose sulla nostra identità in modo insperato, come un effetto collaterale. (p. 204)

Nel desiderio c'è sempre conflitto, rivoluzione, c'è la negazione dell'utopia - seconda parola che tornerà più volte, messa in discussione, all'interno del discorso - come illusoria condizione di chi sente di aver raggiunto un equilibrio indotto. Cuter scrive che il desiderio è sempre "un rischio, una sfida". Sfida all'ordine costituito, alla morale, all'indolenza di una società che ci toglie sempre di più i ferri critici dalla nostra cassetta degli attrezzi. E invece, eccolo, il desiderio: la risorsa critica per eccellenza.

Dicevamo: decostruzione. 
Ripartire dal desiderio è un saggio in cui il desiderio è usato come agente decostruente, troppo poco pesato in un contesto contemporaneo così infarcito di archetipi diventati stereotipi e soffocate rivoluzioni. Dovremmo ripartire dall'ascolto e dalla definizione del conflitto, permettere che esso ci trasformi in individui più liberi dalle gabbie di giudizio. 
In che modo si arriva a tutto questo all'interno del libro? 
Attraverso una lunga conversazione - il saggio del parlato ha anche il respiro narrativo - sul nostro mondo e su chi siamo. Mai prescrittiva (sebbene in certi punti molto, forse troppo, netta), ma sempre tesa alla critica, dal greco krínō: separare, valutare, discernere per poi emettere un giudizio.
Da Non è la Rai al #metoo, dal capitalismo alla fenomenologia degli incel, dalle serie tv (sì, c'è anche The Hanmaid's Tale) alle campagne di body positivity, passando per psicoanalisi, filosofia, critica cinematografica, sociologia e costume, il saggio cerca di determinare il senso attuale dell’equazione "il personale è politico" (lascito fondamentale della riflessione femminista) offrendo uno sguardo sfidante sul moralismo che si è impossessato del discorso politico odierno. 
Il femminile è centrale all'interno della narrazione di Cuter e non è mai appiattito a un'unica dimensione. Lo si analizza in parte come costrutto maschile, e quindi concetto connesso all'idea di supremazia di un sesso su un altro, poi si mette in luce la progressiva femminilizzazione del potere e del mercato, come effetto dell'uscita della donna dalla sola sfera del privato e ingresso in quella del pubblico. 
Poi lo si lega all'idea imperante di capitale erotico/sessuale e infine lo si esplora nella sua componente rivoluzionaria, (quasi) utopistica. 
Tra gli elementi maggiormente decostruiti ci sono le premesse moralistiche sul discorso di genere e sulla retorica della donna vittima che continua a polarizzare il rapporto tra i sessi dividendo i buoni e i cattivi da due parti opposte della barricata. Se la femminilità va analizzata e, in molti aspetti, ricostruita, non si può non fare lo stesso con la mascolinità. Di naturale questi costrutti hanno poco e niente, quindi perché non smascherarne il carattere esclusivamente sociale?
Questo tipo di retorica non inficia solo la relazione di genere, tenendo vivi cortocircuiti che non si spezzano mai, ma anche quella di classe, interscambio e travaso che Cuter compie in molti punti del libro allargando lo sguardo a una riflessione sul potere e sulla condizione di minoranza in senso lato.
Se si parla di desiderio, non si può non parlare anche del sesso come ulteriore luogo del conflitto, anche qui pacificato fino a essere ridotto al grado zero:

Capire come i condizionamenti sociali incidono sul sesso e come il sesso incide sulla società. Il primo di questi due movimenti gode di ottima salute in questi anni: il femminismo contemporaneo si sta occupando ampiamente di smascherare i condizionamenti sociali [...] Il percorso inverso, quello che si propone di capire quanto il desiderio e il sesso possano incidere sulla società, sul mondo fuori, è un percorso molto meno battuto, perché se andiamo a vedere dove ci porta, scopriamo che ha delle conseguenze apparentemente rischiosissime e potenzialmente disastrose. (p. 37)

Cuter racconta un desiderio che è "senza nome" perché la maggior parte della nostra vita trascorre nel tentativo di fare la cosa giusta, di conformarci a un'immagine che altri - la sacra Madre, il datore di lavoro padrone, la pubblicità, il "buon" senso comune - hanno pensato per noi. 
Molto interessante lo sguardo sugli adolescenti, che arriva in chiusura del saggio ma che sarebbe da riesplorare senz'altro. Incerti sull'idea di sé e dell'altro (più del primo che del secondo), tesi a ricevere un'approvazione adulta, si muovono confusi tra dating app, revenge porn, coming out e sexting. E poco godono e si godono l'un l'altro. 

Quello che ho amato di più di Ripartire dal desiderio è il fatto che in più punti ha costretto una persona come me, così attenta alle questioni di genere, a uscire dal "come donna" per approdare a un necessario "come persona" nutrito di onestà intellettuale e consapevolezza (due termini dal mio punto di vista sinonimi). E poi mi ha ricordato quanto poco ascolto diamo al desiderio come viaggio verso l'ignoto e materia che ci scinde, ci separa anziché conciliarci perché "desiderando scopro di non essere un intero, scopro che ambisco a qualcosa che non possiedo già, mi serve un altro per averla." 
Non sempre sono stata d'accordo con le tesi dell'autrice, ma questo non è un libro da leggere per essere d'accordo. È un saggio che più volte mi ha fatto dire tra me e me: "A questo non avevo pensato."
È giusto per chi vuole mettere alla prova il proprio approccio critico trasformandolo in apporto critico e discussione, che sia collettiva o individuale (ancor meglio se anche in compagnia di uno psicoanalista). Dopotutto il disaccordo è una delle forme più fertili di conflitto e anche in esso c'è un desiderio che palpita. 

Claudia Consoli