Il Manifesto dei giovani che non vogliono più fingere di essere disallineati, quando è il mondo ad esserlo: l'antologia di millennials curata da Iacopo Barison


Manifesto
a cura di Iacopo Barison
Fandango, 29 aprile 2021

pp. 135 
€ 15 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Dieci autori, dieci storie brevissime, niente limiti di temi o di genere letterario. Manifesto, curato da Iacopo Barison, è un’antologia che non ha bisogno di curatela: ciascun autore viene chiamato a scrivere (o disegnare, o cantare) ciò che vuole, ciò che ha bisogno di dire. E se ognuno di questi autori dispone di pochissime pagine per farlo, il risultato è un’estrema concentrazione, un’impressione di voci che si accavallano, sincopate, da Londra, Parigi, Venezia, Milano, Roma: e la brevità del volume rappresenta in realtà il numero di pagine perfetto per leggere il libro in una serata, voce dopo voce, per poi ripensarci tutto il giorno dopo.

Ciò che hanno in comune gli autori di questa antologia è, semplicemente, l’età. Nati tra il 1985 e il 1996, sono i cosiddetti “millennials”, troppo adulti per essere giovani, e troppo giovani per essere adulti. E sarà forse perché in questa categoria rientro anche io, ma non mi aspettavo che sarebbe stata un'esperienza così straniante riconoscere in queste voci la mia esperienza di vita. Comprendendo così per la prima volta quanto poco la letteratura italiana parli di com'è davvero essere un twenty-something, e quanto bisogno c'era di far parlare voci che narrano di ciò che costituisce la normalità per gran parte di noi ma che che la narrativa italiana, sempre pronta a ripulire, non considera, in preda a una necessità inspiegabile di cristallizzare, distinguendo nettamente la letteratura dalla vita vera. Necessità che in questa raccolta si scioglie come neve al sole.

E accade così che mentre negli inserti culturali si svolge il dibattito sulla “letteratura da pandemia” e sui suoi esiti discutibili, quasi esortando gli scrittori a emendare quella che da più di un anno ha sostituito la nostra normalità, Jonathan Bazzi non ha paura non solo di nominare il lockdown, ma di parlare, tramite la fiction – o forse l’autofiction – di quanto sia facile scivolare via con l’alcol quando il mondo attorno a te non ha più senso. Ed è sconvolgente e straniante e normalissimo e rinfrancante leggerne, riconoscersi, riconoscere la nostra umanità vulnerabile che ogni giorno cerca di ritrovare quel senso ed aggrapparcisi, almeno per qualche ora: perché è quella vulnerabilità da cui la letteratura contemporanea sembra allontanarsi, spaventata dalla normalità del dolore senza un perché.

Recensioni di Google Maps, stand up comedy, pamphlet politici alternati a filastrocche, personal essays macchiati di – oltraggioso! – maiuscolo, e ancora autosabotaggi che cambiano una vita, paturnie, piante d’appartamento, malattie veneree e visioni oniriche di ritorno alla natura nelle Alpi Orobie: un circolo impazzito che, come un’orchestra fuori controllo, suona forsennatamente una musica estremamente familiare, una risonanza ben conosciuta a chi si sta affacciando alla vita adulta in un periodo tanto complicato. Una sensazione di continua perdita e ritrovamento di equilibrio che conosciamo bene, tra l’ansia che ci attanaglia e la voglia di farcela “nonostante”. E in questo pendolo di perdita e ritrovamento, di distruzione e ricostruzione, Manifesto è una raccolta che segna un prima e un dopo, urlando in faccia a chi finge che niente stia cambiando che, alla fine, ogni modo di vedere la realtà è narrazione. Ma è ora che queste narrazioni non siano più ripulite, specie nella letteratura. E nessuno se non i millennials, abituati a vivere nel disordine senza normalizzarlo, potrà farlo.

Marta Olivi