Una via d’uscita dal buio della perdita: abbattere i silenzi della Storia leggendo “La nostra Siria grande come il mondo” di Mohamed e Shady Hamadi

 

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La nostra Siria grande come il mondo
di Mohamed e Shady Hamadi
add editore, marzo 2021

pp. 160
€ 16,00 (cartaceo)
€ 8,99 (e-book)



Mi chiedo se la nostra idea di casa non sia, alla fine, un’illusione, un mito. Mi chiedo se non siamo vittime di quel mito. Mi chiedo se la nostra idea di avere radici non sia semplicemente una finzione a cui ci aggrappiamo. - Milan Kundera
Il dialogo tra padre e figlio è per natura complicato, ancora di più quando i ricordi e le esperienze che li legano sono accompagnati dalla sofferenza, dall’abbandono, da un tragico passato cui pare impossibile fuggire. Un silenzio pesante ma necessario per Mohamed, per proteggere suo figlio da un ricordo doloroso, la sua terra d’origine, la Siria. Un silenzio diventato però insopportabile per Shady, giovane in cerca di risposte, di parole capaci di riportarlo alla sua storia raccontandogli chi fosse veramente. Mohamed e Shady hanno molto in comune, condividono ricordi che rimandano a momenti di commovente tenerezza ma anche di estrema sofferenza, a un passato difficile con cui fare i conti, una ferita che forse rimarrà per sempre aperta.

Per mio padre la Siria non era più nostalgia, ma si era trasformata nell’immagine del proprio dolore; per me invece era un desiderio prepotente: varcare quel confine per ritrovare me stesso.” (p. 12).

Una ricerca d’identità che assume consapevolezza mentre i capitoli di questo libro scorrono portando il lettore verso la fine del libro. Un puzzle da risolvere, cui vengono trovati i tasselli giusti man mano che il muro di silenzio si sgretola per fare posto alla memoria, dolorosa ma necessaria.

Questo libro è scritto a quattro mani da un padre, Mohamed, e da suo figlio Shady, e ogni capitolo porta il nome di uno dei due, riportando in superficie ricordi e memorie che tessono la trama della loro famiglia e ne ricostruiscono la Storia. Mohamed è nato in Siria, ha combattuto per essa, affrontando atroci torture in carcere a causa della sua militanza politica. Costretto a scappare dalla sua terra d’origine ritrovò la vita e la libertà, e forse se stesso, attraverso un lungo viaggio che lo portò prima dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti, e che si concluse infine in Italia, dove riuscì a costruirsi una nuova vita, ritrovando la felicità lontana da quella terra complessa che gli diede i natali. Trovò anche l’amore, Grazia, con la quale ebbe un figlio, Shady. Mohamed ci confida: 
Oggi per me la Siria è un ricordo che si fa lontano, che non sento quasi più, ma che per anni ho portato dentro in silenzio, tacendolo agli altri. In quella terra ho sperato, lottato, creduto e ho pensato che fosse possibile coltivare sogni di libertà, pagando però a caro prezzo quel desiderio. (p. 28)
Shady è nato in Italia da padre siriano e madre italiana, in un esplicito e amorevole intento di interculturalità, ascolto, accettazione e comprensione delle diversità che ci rendono unici e hanno reso unica la sua famiglia. Ed è proprio la madre, come ricorda Shady, ad aver abbracciato la diversità, cullandola con amore e impegno, lo stesso impegno che impiegò per la campagna elettorale che vedeva Mohamed come candidato a consigliere comunale in Italia. Grazia aveva una mente brillante e aperta, e credo dovrebbe essere presa ad esempio di come l’Altro non sia l’inferno, come affermerebbe Sartre, ma possa al contrario essere visto come una ricchezza ed un mezzo per comprendere il nostro mondo attraverso una lente che prevede l’ascolto e abbatte i muri dei pregiudizi. Shady ricorda che fu proprio allora, quando Grazia lasciò troppo presto la sua famiglia, che poterono sgretolarsi il silenzio e la difficoltà di dialogo con suo padre: 
Quel vuoto enorme, arrivato senza che avessimo avuto modo di prepararci al distacco, aveva lasciato mio padre e me indifesi, costretti forse per la prima volta a conoscerci fino in fondo, perché la verità è che ho cominciato a capire mio padre quando è mancata mia madre. (p. 119)
Ho letto questo libro sinceramente commossa, spesso incapace di reprimere le lacrime. Forse perché era una storia che non conoscevo, quella della Siria, o almeno non in maniera approfondita. Non conoscevo la paura di non essere accettati dalla propria Terra, il timore di alzare la voce per cambiare una realtà troppo dolorosa e violenta, tinta di un rosso cupo, che cancella qualsiasi ricordo di dolcezza e amore. Non conoscevo la difficoltà di riscoprire se stessi e la propria Storia, di doversi ricostruire un’identità in un Paese così lontano. Grazie a Mohamed e Shady ho riscoperto un pezzetto di umanità che ci sembra così distante da noi, ma che invece vive in noi. Ho scoperto, attraverso i loro occhi e le loro esperienze, l’Italia di cui sono orgogliosa, quel paese che sa accogliere, contro ogni irragionevole calcolo politico e ideologico, e abbraccia con amore materno gli uomini e le donne resi orfani dalla violenza e dalla crudeltà, dimenticati da un mondo che forse non ha più il coraggio di guardare alla Siria.

Un libro scorrevole, commovente, istruttivo e ricco di Storia, amori e ricordi. Una storia di cui in qualche modo ci sentiamo parte, che ci ricorda che la nostra individualità diventa infinitamente piccola se la confrontiamo con qualcosa di più grande, che dovrebbe essere la nostra unica casa di appartenenza: l’umanità.

La terra di cui ci parlano gli autori è la nostra Siria, “che ormai è diventata grande come il mondo” (p. 17).


Lidia Tecchiati