"Il vecchio lottatore" di Antonio Franchini: una riscrittura moderna dell'eroismo alla Ernest Hemingway


Il vecchio lottatore e altri racconti postemingueiani 
di Antonio Franchini
NN editore, settembre 2020
pp. 256 
€ 8,99 (ebook)
€ 17 (cartaceo) 

Nella Nota dell’autore che conclude questa raccolta, Franchini ci tiene a specificare che i protagonisti dei nove racconti sono tutti realmente esistiti e che i nomi che leggiamo sono i loro. Dopo aver letto nove racconti così ricchi di vita, è spiazzante pensare che tutta quella vita ha davvero camminato sulla terra del Friuli, del Brasile, di Cuba e degli Stati Uniti d’America. Nove quadretti che raccolgono vite intere, le ripercorrono lungo gli anni e i decenni, per poi metterle a fuoco nei momenti finali, quando si trovano a confronto con il decadimento fisico e la morte.

Acquista così senso il sottotitolo della raccolta; i “racconti postemingueiani” che Franchini costruisce si rivelano come racconti di uomini forti e complicati, in cui la vera sfida da cogliere non è, come nei racconti di Ernest Hemingway, la sfida degli elementi, o degli animali selvaggi, ma una sfida più logorante, fatta di tempo che passa e vita che si complica pur andando avanti. Il primo racconto sembra fatto appositamente per allontanarci da quelle visioni di praterie africane e montagne innevate che tutti noi associamo quando pensiamo, ad esempio, ai
Quarantanove racconti di Ernest Hemingway; un racconto ambientato in un civilissimo palazzetto dello sport milanese, in cui la tensione si costruisce tramite l’apostrofe della voce narrante, che usando sempre la seconda persona singolare ci racconta di un papà che accompagna i propri figli a una gara di atletica, e nel vedere i suoi bambini fronteggiare le prime sfide della loro vita, ripensa alle sua infanzia e alle prime volte in cui la sconfitta è entrata nella sua vita, sotto forma della percezione della mortalità e del necessario processo dell’invecchiare che lo attendeva.


Dopo questo esordio, l’infanzia si affievolisce e scompare; e i personaggi sono uomini di mezza età, che se rievocano una giovinezza perduta è sempre per tirare qualche somma, è sempre con la volontà di voler creare una narrazione del loro vissuto e di quello degli uomini che hanno conosciuto. Il racconto di vite lunghe e apparentemente ordinarie costituisce la vera e propria ossatura dei racconti; vite di amici della voce narrante o del vero protagonista che vengono ripercorse in momenti significativi fino alla loro inevitabile morte, che non colpisce in modo sentimentale o tragico, ma che anzi sembra costituire l’unico finale possibile a vite così comuni e allo stesso tempo così piene. Lo scrittore Sergio Altieri, l’amico di università Gualtiero Zanon, il compagno di allenamenti Sacramento Diaz; vite dai finali spesso poco eroici, che però acquistano un senso se visti con l’occhio del ricordo, che, inevitabilmente, vuole tirare le fila, mettere una conclusione e convincersi che sia stata degna. Ogni storia, dopotutto, ha bisogno di un finale.

Dopo l’inizio spiazzante, l’andamento “postemingueiano” prosegue velando di malinconia corride spagnole, pesche in fiumi gelati, rievocazioni di quella prima Guerra Mondiale dove 
combatté lo stesso Hemingway, presentissimo in questa raccolta come personaggio rievocato, se non nell'eroismo. Paesaggi esotici si mescolano a personalità più o meno sbiadite dagli anni, ed è dai ritratti completi che emergono i momenti più intensi, mentre l’eroismo comunemente inteso viene invece sempre descritto a posteriori, tramite le poche tracce che esso ci lascia, e che lo contrassegnano come fallace: cartuccere di morti dimenticati in trincea come in Gli ultimi due italiani di Caporetto, quaderni di appunti accumulati come carta morta in Non ho scopato con Hemingway, film western e ossessioni infantili come in Il suicidio dell’indiano. Si arriva così all’ultimo racconto, eponimo della raccolta, in cui il protagonista è, appunto, un “vecchio lottatore”, che si rende conto nel suo ultimo torneo che invece è spesso impossibile fare una narrazione della propria vita. Per quanto vogliamo mettere tutto in fila, capire tutto di noi per essere sempre pronti al prossimo avversario, ciò è possibile solo nel momento in cui rievochiamo i nostri amici, i nostri compagni di vita che ci hanno lasciato. L’eroismo emingueiano ai personaggi di questa raccolta di racconti non serve più. Le sfide sono diverse e non sempre contrappongono l’uomo a qualcosa di specifico, non sempre richiede di ricorrere alla forza bruta per sopraffare gli ostacoli. Nella lunga vita che i personaggi attraversano, l’abilità che più può aiutarli non è l’occhio della tigre, ma è “l’occhio della gallina”, dalla “fissità inquietante e spietata” (p. 219), per affrontare una lunga vita e la morte che li attende alla fine allo stesso modo. Comunque vada, per chi li ha accompagnati durante il viaggio, sarà una bellissima storia.


Marta Olivi


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Nove racconti che aprono mille vite: nella raccolta di Antonio Franchini edita da NN editore, biografia e narrazione si mescolano, e le storie vere di persone realmente esistite acquistano il sapore eroico di un racconto di Hemingway. Ma tra i fiumi gelati della Carnia e un viaggio a Cuba, l'eroismo emingueiano è solo un ricordo. La ferma volontà di allenare il corpo e di sopraffare gli elementi non basta, e i personaggi di Franchini dovranno affrontare sfide più vaste: affrontare l'insignificanza, affrontare sé stessi. Presto su Criticaletteraria la recensione di @m.andorla, ma intanto diteci: anche voi amate leggere un libro a colazione, magari qualche racconto? #bookbreakfast #instalibri #nneditore #bookstagram #criticaletteraria #igbooks #newbook #bookoftheday

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