«Cosa stiamo buttando via insieme ai cosiddetti criminali?»: il 2047 di "Il blu delle rose", il nuovo romanzo di Tony Laudadio

Il blu delle rose
di Tony Laudadio
NN editore, agosto 2020

pp. 272
€ 17 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)




«Siamo tutti misteri, pensò, noi esseri umani, persino a noi stessi, e l'affetto non aiuta a risolverli, questi misteri, no, li complica» (p. 107)
Nel 2047, la vita della scienziata Elisabetta Russo potrebbe essere ritenuta da molti invidiabile: la sua partecipazione al progetto di ricerca per la legge Genesi l'ha portata alla fama e ad accumulare una grande ricchezza. Ma non tutto va dato per scontato: Elisabetta, dopo aver speso oltre vent'anni nella ricerca scientifica, vive in un'enorme casa con l'unica compagnia del suo giardiniere e tuttofare, Nghele, e delle guardie del corpo; non ha una famiglia (la madre è poco più di una conoscente). E soprattutto la sua fama le ha portato anche molti detrattori: alcuni vorrebbero aprire con lei un contraddittorio, altri la vorrebbero morta, perché la legge Genesi ha indubbiamente cambiato la vita di molti. Perché? Negli anni Venti il gruppo di ricerca a cui apparteneva Elisabetta ha scoperto che, mappando il Dna, si può scoprire se una persona ha o meno il gene C, ritenuto responsabile di comportamenti criminali. Non si può sapere quando si manifesteranno le tendenze a delinquere, ma è certo che prima o poi questo accadrà.
Di conseguenza, in caso di presenza del gene C, la gravidanza viene interrotta per legge, a scopo preventivo; i soggetti in vita al momento della legge Genesi sono stati invece "disinnescati" con terapie farmacologiche e non solo. Quella che può sembrare una decisione estrema è stata la conseguenza della diffusione di casi di stupro, omicidi, violenza nei primi decenni del Duemila. E la soluzione, effettivamente, si è rivelata efficace, anche se la vita delle persone è cambiata: non ci vorrà molto perché ci balzi sotto gli occhi la solitudine della vita di Elisabetta e dei suoi contemporanei. Le città si sono svuotate, tutti tendono a vivere in borghi di piccole dimensioni, il caldo ha reso inabitabili molti punti degli antichi centri storici, a causa del cambiamento climatico tutti i palazzi sono dotati di climatizzatori potenti e nessuno passeggia più, tutti camminano verso una determinata meta. La vita produttiva, insomma, ha trionfato definitivamente e sembra che non ci sia spazio per il tempo libero, se non per chi, come Nghele, si è tenuto stretto vecchi passatempi, come la lettura di libri cartacei.  
La tecnologia è ovunque, Laudadio la introduce nel romanzo senza soffermarsi  inutilmente sul funzionamento di apparecchi che ora possiamo solo etichettare come "futuribili", ma non impossibili; ognuno di noi può immaginare un futuro con le auto guidate dall'intelligenza artificiale, governanti che sono automi in grado di acquisire notevole "sensibilità", anelli che contengono tutta i nostri dati sensibili e sono ormai l'unico mezzo di pagamento.  
Eppure, in questo mondo in cui ognuno può fare sesso liberamente con chi vuole e non c'è alcun pregiudizio moralistico, manca sempre qualcosa, come arriva ad ammettere Elisabetta:
«Io credo che stiamo sbagliando qualcosa» annunciò Elisabetta, seria.
«Che intendi?»
«Noi. Tutti. L'umanità. C'è qualcosa di sbagliato, però non so ancora cosa» (p. 143). 
Per capire davvero cosa, bisogna aspettare che più eventi si intreccino, rendendo la sua esistenza molto più pericolosa, ma anche imprevedibile e "vera". Questi fatti - di cui preferisco non svelare nulla, per non togliere il piacere di scoprire via via come Laudadio immagini questo futuro in cui tutti hanno paura e diffidano degli altri, pur non avendo in teoria niente da temere - porteranno Elisabetta a vacillare sulla bontà della sua ricerca, ma anche a rimettere in discussione le sue priorità. Gli affetti sono motivo di una preoccupazione in più, Elisabetta se ne accorgerà presto: tutta la razionalità e il buon senso accumulati negli anni, l'ossequioso rispetto della legge e la convinzione di aver agito per il bene del mondo cadranno miseramente.

Il blu delle rose è un romanzo piacevole e pieno di colpi di scena, certo, ma è anche un'opera che porta a riflettere molto, come ogni buon distopico: si seguono le azioni e le decisioni della protagonista con partecipazione crescente, chiedendoci che cosa avremmo fatto noi, in una situazione simile. E resta sempre sottesa una domanda: vorremmo mai andare verso un futuro così, forse più sicuro, sì, ma in cui mancano tante libertà?

GMGhioni






E se essere criminali dipendesse da un gene? Il mondo migliorerebbe davvero? Nel suo nuovo romanzo, #IlBluDelleRose, #TonyLaudadio ci racconta di un futuro non troppo lontano (2047), in cui ormai da 25 anni è in vigore la legge Genesi, quella che ha imposto, tra le altre cose, di verificare la seguenza dei geni dei feti e, in presenza del gene C, di operare un aborto. L'obiettivo è quello che potete immaginare: ripulire il mondo dalla criminalità, mentre chi appartiene alle generazioni precedenti e ha questo gene viene "gestito" attraverso farmaci e non solo. Elisabetta Russo, una scienziata che aveva partecipato da giovanissima alla ricerca, è odiata e amata, a seconda: lei ha creduto fermamente nel progetto e ci si è dedicata anima e corpo. Almeno fino a ora, quando gli eventi che stanno per accaderle mineranno le sue certezze... "Il blu delle rose" è un romanzo che ci porta in un futuro che porta alle estreme conseguenze i problemi di oggi: criminaltà, surriscaldamento globale, tecnologia sempre più pervasiva, in grado di sostituire l'uomo per molti versi, ricerca scientifica fine. Ma dove è andata a finire l'etica? Presto sul sito ne scriverà @gloriaghioni, che ha letto il romanzo appena uscito. Vi attira questo romanzo? #NNeditore #Criticaletteraria #inlettura #bookstagram #bookish #inlibreria #book #bookaddict #instalibri #instabook
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