Uno sguardo oltre la siepe: "Dove sei Albert?" di Francesco Riva

Dove Sei Albert?

di Francesco Riva
DeAgostini, 2020

pp. 220 
€ 16,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Non il più alto grado di intelligenza, né l’immaginazione, 
né entrambe assieme fanno un genio. L’amore, 
l’amore, l’amore è l’anima del genio. 
(Wolfgang Amadeus Mozart)

Giacomo ha undici anni e ha appena iniziato la prima media in uno degli Istituti più prestigiosi di Milano. Le aspettative di tutti sono molto alte, e questo non fa che accrescere la pressione che già grava su di lui: il ragazzino infatti non riesce a stare al passo con i compagni di classe, incespica nella lettura, non sa le tabelline, fatica a distinguere la destra dalla sinistra. Gli insegnanti lo considerano svogliato, lo seppelliscono sotto le critiche e poco alla volta iniziano addirittura a dubitare delle sue capacità, non mancando tra l’altro di farglielo impietosamente notare. Anche i genitori sono sempre più insofferenti, scambiando le difficoltà del figlio per mancanza di impegno. Nessuno valorizza i suoi veri talenti, difficilmente conteggiabili nella rigida prospettiva scolastica che misura il valore del ragazzo sulla base della prestazione, identificandolo con un numero – nel caso di Giacomo sempre inevitabilmente sotto la soglia della sufficienza. Nessuno si cura del suo talento artistico, del modo in cui con i colori riesce a catturare il mondo che lo circonda. Nessuno sospetta i suoi pomeriggi a sognare guidato dalla voce degli audiolibri che prende di nascosto in prestito in biblioteca, per immergersi nelle avventure di J.K. Rowling, Michael Ende, Arthur Conan Doyle... Giacomo guarda alla realtà per immagini, trasportato da incredibili associazioni di idee e da una straordinaria fantasia. Sono poche, però, le persone che lo intuiscono. Sicuramente non gli stolidi docenti dell’Istituto Bonaparte, che non perdonano alcuna fragilità, né il padre, che ragiona su di lui in ottica di rendimento, quasi fosse una azione quotata in borsa da cui trarre profitto, o la madre, che ha rinunciato a tanto per seguirlo e adesso vorrebbe vedere dei risultati. È più facile per tutti, di fronte ai continui fallimenti scolastici, accettare l’idea della sua inadeguatezza e relegare il ragazzo, per il suo bene, in una sezione speciale per studenti difficili, aumentando così di fatto il suo isolamento. Francesco Riva è abile, forse per la sua propria esperienza, a descrivere il malessere crescente di Giacomo, il processo di involuzione progressiva con cui il ragazzino si chiude sempre di più in se stesso, arrivando a rinunciare a tutto ciò che lo tiene legato all’esterno, persino ai suoi amati pastelli. Giacomo inizia a convincersi che forse c’è davvero qualcosa che non va in lui:
È sbagliato, e non può farci nulla. [...] Questa consapevolezza nasce come un pensiero e diventa un peso sul cuore. Ogni mattina si alza dal letto con quell’idea definitiva – sono stupido – che rende tutto più semplice e più grigio. [...] Il dolore non passa mai, anzi aumenta più si avvicina l’ora di inizio delle lezioni. (p. 116, 117)
Come me, Francesco Riva è frutto di un’epoca – non così lontana nel tempo – in cui i disturbi dell’apprendimento erano poco conosciuti e poco diagnosticati. Pesava ancora una sorta di stigma sociale e, a posteriori, da insegnante, mi rendo conto che alcuni compagni di classe considerati disimpegnati quasi sicuramente ne soffrivano, senza che gli fossero stati riconosciuti. In un contesto di generale disinformazione, spettava quindi al singolo professore decidere come prendere gli studenti “difficili”, se trovare per loro percorsi diversi per l’accesso al sapere – e io ricordo comunque che più d’uno lo faceva, pur senza aver ricevuto alcuna indicazione in merito. Al tempo stesso, però, non era così facile per docenti di lunga tradizione (rappresentati nel testo di Riva in forma stereotipata e quasi caricaturale, nel loro astio verso Giacomo) allontanarsi dalle vie note, dal rigore dei programmi ministeriali, per affrontare l’ignoto. Oggi, mi sento di poterlo dire con sicurezza, la scuola, o almeno una buona parte della scuola, non è più così (e se in certi contesti lo rimane, non dovrebbe esserlo). Il cambiamento necessario, nel romanzo, è incarnato dal maestro Andrea, giovane, pieno di entusiasmo educativo, ricco della sensibilità di chi ha avuto a sua volta trascorsi difficili ed è intenzionato a essere un insegnante diverso da quelli che ha avuto. È Andrea a riconoscere lo sguardo mesto di Giacomo, a riscoprire e risvegliare in lui la sua intelligenza vivissima – grazie al potere della poesia, linguaggio che procede per immagini per eccellenza. È lui a dare un nome specifico al disturbo di Giacomo, la dislessia, e a spiegarlo a genitori e colleghi del consiglio di classe. È sempre lui ad aiutare il suo allievo a ricominciare ad aver fiducia in se stesso e a prendersi la sua personale rivincita sulla scuola e sul sistema.
È interessante, a tal proposito, notare come si relazionano con Giacomo i due maschi adulti della storia, il signor Rossi e il maestro Andrea, condizionati a loro volta da esperienze formative molto diverse. Entrambi sono stati alle prese con difficoltà e ambizioni, ma i rispettivi padri le hanno affrontate in modo opposto: uno supportando e difendendo il figlio, l’altro richiamandolo con durezza alle convenzioni e alle aspettative del presunto “mondo reale”. Anche questo fa la differenza nel loro modo di affrontare il disturbo di Giacomo. Solo l’intento comune, il comune affetto per il ragazzo e il desiderio che stia bene, li portano a incontrarsi, in qualche modo riconoscendosi per i bambini fragili che sono stati e aiutando un altro ragazzino fragile a trovare la propria strada.
Guardando gli occhi del signor Rossi ritrova le stesse ferite. Le riconosce. Non sa come, ma è certo che anche il padre di Giacomo ha dovuto mutilare alcune parti di sé, forse alcune delle più belle, per dare spazio alla logica che guarda solo al risultato e quasi per nulla al modo in cui lo si ottiene. (p. 179)
Ispirato a uno spettacolo teatrale curato dall’autore stesso, Dove Sei Albert? si presenta come un romanzo di formazione adatto, per la sua linearità e semplicità narrativa, a una lettura condivisa per ragazzi ed educatori. Il libro è edito con un carattere ampio e ben spaziato, pensato anche per chi abbia difficoltà con i font tradizionali. Sono inoltre riportate al suo interno dodici brevi storie di dislessici “famosi”, per far capire ai più giovani che non sono i voti scolastici, o un approccio allo studio tradizionale, a fare la brava persona, o l’adulto di successo. Il romanzo può quindi essere uno strumento utile per avvicinare i ragazzi a un tema che ancora troppi conoscono solo superficialmente e che è invece di assoluta rilevanza sociale, nell’ottica di una progressiva integrazione di diversi, ma ugualmente validi, sistemi di accesso al sapere.

Carolina Pernigo




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Giacomo ha undici anni e troppe volte si sente trattare come se fosse diverso dagli altri, più stupido dei suoi coetanei, perché non impara le tabelline, fatica a imparare le cose a memoria e incespica sulla lettura. È talmente abituato a sentirsi inadeguato, che inizia a credere lui stesso di avere qualcosa che non va. Solo l’incontro con una persona che capisce, e sceglie di cercare per lui una via diversa, potrà mettere in luce le sue reali capacità. Tratto da uno spettacolo teatrale di successo ideato dallo stesso autore, “Dove Sei Albert?” affronta in forme semplici un tema importante, quello dei disturbi specifici dell’apprendimento, e degli effetti tremendi che possono avere sulla psiche di un giovane in età di formazione se non riconosciuti e accettati da una società troppo spesso miope. Avete già letto questo breve volume? Cosa ne pensate? #dsa #disturbispecificidiapprendimento #dislessia #francescoriva #instabook #instalibro #bookstagram #bookoftheday #bookish #igreads #igbooks #readingnow #newbook #bookaddict #booklover #cover #bookcover #inlettura #cosebelle #criticaletteraria #deagostini @deagostini_official @_francescoriva

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