Carlo Mazza Galanti chiede "Cosa pensavi di fare?": ma tra i mille finali potenziali, la risposta possibile è solo una

 

Cosa pensavi di fare? Romanzo a bivi per umanisti sul lastrico
di Carlo Mazza Galanti
Il Saggiatore, settembre 2020

pp. 158
€ 16 (cartaceo)


Tempi duri, per i sognatori. Questo adagio, grande classico applicabile a ogni epoca, può essere reinterpretato in modo specifico alla nostra contemporaneità come: tempi duri, per chi si affaccia in un mondo sempre più precario cercandosi un posticino tutto per sé. I più attenti noteranno un certo qual abbassamento dell'asticella, in questa transizione di ideali; perché nella nostra società, che Carlo Mazza Galanti descrive in modo perfetto, sia per quanto riguarda l'anoressia emotiva, che per il precariato del lavoro culturale, o anche nella giungla delle certezze e dei dogmi politici, è diventato decisamente difficile essere felici. 


Come in un vero e proprio videogioco, il libro consta di tre livelli: «Lavoro», incentrato su quella folle idea che è lavorare con la cultura oggi, tra nepotismo accademico, muri di gomma, salari da fame e guerre di trincea contro gli infiniti raccomandati; «Amore», che invece ci richiede di scegliere tra l'imperativo assoluto di autonomia o l'abbassamento delle proprie difese necessario per una relazione amorosa stabile;  e «Vita», che sarebbe più corretto descrivere come la derivazione surreale e grottesca di tutte le possibilità del pensiero che possono scaturire dal nostro passato prossimo: infatti, tra occupazioni scolastiche, volontariato, ricerca del vero amore o trasferimenti in campagna, dare un senso alla nostra vita è ormai difficilissimo. Il matrimonio dei nostri genitori, il loro posto fisso, la loro disillusione politica e il loro vivere più semplice non possono aiutarci, e la loro presenza nel gioco assume la forma di un sostentamento economico e niente più: nell'epoca in cui viviamo, le esperienze del passato non possono esserci d'aiuto. Tutto è nuovo e inaudito. E non abbiamo nessun manuale a cui rifarci.


E allora, cosa possiamo fare? Barcamenarci in un mondo vasto e mutevole cercando di stare sempre lontani dagli estremi, tanto in politica quanto in amore, cercando di trovare una sospensione tiepida e rassicurante? O andare contro il diktat del precariato esistenziale, selezionare una passione e perseverare, sempre correndo il rischio di fallire? La verità è che, alla domanda che Carlo Mazza Galanti ci pone, la risposta dovrebbe essere sempre "non lo so". Un titolo che è, in fondo, una domanda malposta; la domanda che dopo l'infrangersi di un sogno ci vuole far dubitare della giustizia delle nostre scelte di fronte ai bivi che ci hanno portato al fallimento. 

Ma se invece, in un mondo di instabilità, provassimo a pensare che anche il fallimento non è definitivo? Alla fine delle carriere da "umanisti sul lastrico" che aspettano noi ventenni, non avremo la possibilità di ripartire dalla pagina uno e fare altre scelte. Potremo, invece, fare una cosa che a un romanzo a bivi è preclusa: proseguire il gioco, prendendo altre strade di questo postmoderno giardino dei sentieri che si biforcano. Anche nell'ultimo, tragicomico capitolo, anche dopo la pagina nera della Scuola Diaz di Genova, c'è la possibilità di un finale dolceamaro, di un finale che non suscita la domanda "cosa pensavi di fare", ma che consente di godersi il presente e di valutare le sofferenze del passato come funzionali ad esso. Il nostro compito non è solo di arrivare a quel finale, ma di interpretare come tale ogni finale felice della nostra vita. Non importa se stiamo facendo quel dottorato che tanto agognavamo, se abbiamo pubblicato quel romanzo che da tanto abbiamo nel cassetto, o se abbiamo davvero salvato il mondo come sognavamo da adolescenti. Il sapore del nostro finale lo decidiamo noi. 


Marta Olivi

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Medicina o filosofia? Ricerca o "lavoro vero"? Italia o estero? Convivenza o serialità amorosa? O, perché no, scambismo e viaggi nel tempo? Non è facile la vita per i giovani d'oggi, specie per chi ha velleità intellettuali, in un mondo capitalista e cannibale. Ma per fortuna c'è il romanzo a bivi di Carlo Mazza Galanti a guidarci, noi, giovani disillusi, pieni di forze e privi di speranze, e a ricordarci che, in questi tempi duri per gli umanisti, la scelta giusta non esiste e nessun finale è perfetto. Ma nel dubbio ci si può sempre buttare nella produzione di Barolo. @m.andorla sta ancora giocando, sprofondando nel surreale insieme alle sue ambizioni di millennial, ma intanto diteci: vi piacciono i romanzi a bivi? #IlSaggiatore #Criticaletteraria #Bookstagram #instabooks #Inlibreria #book #umanisti

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