Quando il passato ritorna... strappando la busta in cui era stato rinchiuso



Echi lontani
di Francesca Banchini e Silvia Mannelli
Porto Seguro, 2019


pp. 169
€ 13,90 (cartaceo)





"Quando uno scava poi non sa cosa trova. Erano anni assurdi quelli là". (p. 42)
Eppure il papà l'aveva avvisata, la guerra era fatta di momenti, di circostanze, di azioni non sempre misurabili con il metro dell'oggi. Ma Sara, studentessa universitaria, adorava il nonno Giovanni, appena mancato. Il nonno era sempre stato la sua radice e, insieme, il suo trampolino. Una presenza costante nella sua vita, un punto fermo, un mito. In fondo, erano passati solo 57 giorni da quella telefonata in cui il nonno, 96 anni, l'aveva avvisata di essersi sentito poco bene dal barbiere. Poi era successo tutto troppo in fretta, il nonno era stato ricoverato in ospedale, peggiorava, fino a quella sera, poche ore prima di morire, quando sembrava delirare, parlava di una busta... le sue ultime parole.

Dopo la morte del nonno, Sara sente la necessità di far passare le sue carte, fogli ordinati e messi via con grande precisione nel cassettone della camera, perché, come ripeteva sempre nonno Giovanni, che era stato maresciallo, "si è Carabinieri per sempre". Vecchie foto, ritagli di giornale, schedine del totocalcio mai giocate, cartoline e, sul fondo del cassetto un foglio ingiallito, dattiloscritto e firmato a penna con una calligrafia antica, come si usava tanto tempo fa... gli occhi di Sara improvvisamente si fermano su parole che arrivano nella narrazione come fucilate, "processo", "amnistia", "traditore" e una data: 20 settembre 1946... In un attimo tutto s'annebbia, la figura del nonno, gli anni trascorsi, la vita precedente. Che cosa è successo? Chi e perché ha osato definire il nonno traditore?

Parte in questo modo, suscitando immediatamente la curiosità del lettore, il romanzo (forse meglio definirlo lungo racconto) "Echi lontani", scritto da due insegnanti di Pistoia, Francesca Banchini e Silvia Mannelli, che ai loro ragazzi delle medie insegnano non soltanto gli strascichi della storia, materia prima di questo libro, ma anche l'educazione alla lettura e le tecniche di scrittura. Buone regole che, in questo libro, vengono messe in pratica in maniera lodevole e positiva: ingresso immediato nel "cuore" della vicenda, semplicità di narrazione (tanto che il racconto può essere tranquillamente letto dagli stessi ragazzi a cui le due prof insegnano), dialoghi veri, che punteggiano la narrazione con ritmo appropriato, linguaggio piano, scorrevole, moderno. Però la vicenda è bella (anche perché tratta da una storia vera) e pertanto avrebbe supportato una trama narrativa anche più solida: partendo magari dalla figura del nonno, raccontando la sua storia, scavando più a fondo nella psicologia dei personaggi, collegando in maniera narrativamente più compiuta le vicende che determinano lo svolgersi dei fatti. Avrebbe anche potuto uscirne un bel romanzone da 300 pagine, il materiale ci sarebbe stato... Intendiamoci, lo dico con un sentiment positivo, proprio perché la storia mi ha intrigato molto. Anche così, romanzo breve o lungo racconto che sia, "Echi lontani" riesce a regalare qualche ora di buona lettura. Grazie alla sua costruzione pulita e al desiderio che instilla nel lettore di proseguire nella storia, di sapere come finisce e soprattutto perché finisce così.
La vicenda, come detto ispirata a una storia vera, racconta della promessa che il maresciallo Giovanni Bottai, fece, nel 1943, a una famiglia di ebrei rifugiati a San Marcello Pistoiese, quella di avvertirli dell'arrivo di un possibile ordine di arresto, che in caserma sarebbe stato notificato prima dell'esecuzione, dando così il tempo al maresciallo di avvisare il capofamiglia, suo amico dai tempi del liceo. Il segnale convenuto era l'invio di una busta vuota tramite una persona di fiducia. Ma qualcosa andò storto, la famiglia intera fu arrestata e dai campi di concentramento della Germania nazista tornò soltanto un figlio, Emanuele, l'autore del biglietto dalla calligrafia antica che il nonno avrebbe conservato per sempre nel cassetto. Sulla vicenda calò poi il buio del processo e dell'amnistia. E soprattutto il desiderio di non rivangare, di chiudere una volta per tutte i conti con la Storia. Un'operazione che, nel secondo dopoguerra, fu messa in pratica in maniera diffusa. Per permettere al Paese di ricominciare, senza odi e ripicche. Ma se, forse, a quell'epoca la cancellazione del passato poteva sembrare l'inevitabile strumento per costruire il futuro, è innegabile però che tante vicende rimasero irrisolte, trasformandosi in rovelli perpetui che avrebbero tormentato le coscienze di chi quei fatti li visse, da una parte e dall'altra. Condannandosi però poi al silenzio, o perché di quelle vicende non si doveva più parlare o perché, nell'Italia del boom e della rinascita, non interessavano più a nessuno. E chissà quante ancora riposano negli archivi polverosi delle tante cittadine italiane teatro di guerra. Il merito delle due autrici è quello di sollevare una tenda, una delle tante che coprirono quel periodo. E' questione di ricordo, di memoria, di storia che appartiene anche alle nuove generazioni. Alle quali non si può chiudere gli occhi seppellendo tutto sotto la cenere.
Sara infatti non riesce a far coincidere la sua immagine del nonno con quella di un traditore e si metterà a indagare. Scoprendo, alla fine, un'altra faccia della banalità del male.
Il racconto si dipana su piani temporali diversi, si passa dal 1943 ai giorni nostri, sia nella narrazione che nello stream of consciousness di un personaggio misterioso, che il lettore riconoscerà grazie agli indizi sapientemente disseminati. Passaggi questi ben gestiti a livello narrativo dalle due autrici, tanto che nemmeno per un momento il lettore si ritrova smarrito o confuso.
Nella sua opera di scavo Sara non è sola, è riuscita a coinvolgere anche Davide, il nipote di Emanuele, l'autore del biglietto accusatorio, in un gioco di rimandi tra nonni e nipoti, nel segno di una storia che non desidera vendette o rese dei conti, bensì un comune sentire di appartenenza a radici che affondano lontane nel tempo.
In sintesi, "Echi lontani" è la storia di due famiglie che la Storia con la S maiuscola ha legato e poi brutalmente separato. Sara e Davide, sessant'anni dopo, riannoderanno le fila delle vicende familiari e così facendo riscopriranno una parte di loro stessi.

Sabrina Miglio




«Quando uno scava, poi non sa cosa trova. Erano anni assurdi quelli là». Il papà l’aveva avvisata, la guerra era fatta di momenti, circostanze, azioni non sempre misurabili con il metro di oggi. Ma Sara adorava il nonno Giovanni, da una vita era la sua radice, il suo trampolino. E quella lettera trovata nel cassetto appena dopo la sua morte che cosa voleva dire? Amnistia, processo, traditore... parole pesanti come macigni. Inutile dire che Sara scaverà ... un racconto ispirato a una storia vera. L’ha letto per noi Sabrina, @book_the_travel. A presto la recensione sul sito di #Criticaletteraria. . Ps. La farfalla si è posata nemmeno un secondo sulla rosa, giusto il tempo di un click inaspettato ☺️ #recensione #ioleggo #recensioni #leggere #ilovebooks #ilovereading #lettura #libri #booklover #bookstagram #bookish #storia #leggere #leggiamo #
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