"Le disavventure di Amos Barton": l'ironico realismo del romanzo inglese d'Ottocento


Le disavventure di Amos Barton
di George Eliot
Fazi Editore, novembre 2019

Traduzione di Francesca Frigerio

pp. 126
€ 15 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Il reverendo Amos Barton, le cui tristi vicende mi sono impegnato a riferire, non era in alcun modo, lo capite, un personaggio esemplare o eccezionale, e forse sto osando troppo nell'invocare la vostra partecipazione alla causa di un uomo che era tutto fuorché straordinario, un uomo le cui qualità non erano eroiche (...). "Un personaggio del tutto privo di interesse!" mi pare di udire esclamare una lettrice (...) che preferisce l'ideale nel romanzo; per la quale la tragedia esige cappe di ermellino, adulteri e omicidi; e la commedia le avventure di un personaggio che abbia un certo "carattere". Ma, mia cara signora, la maggioranza dei vostri concittadini sono di quel tipo insignificante. (p. 69)
Nella citazione sopra riportata sono concentrate tutte le caratteristiche salienti del romanzo breve di George Eliot (pseudonimo di Mary Anne Evans), Le disavventure di Amos Barton: uso dell'ironia, gergo teatrale, indagine psicologica, approccio realista.
Amos Barton è il primo (riuscito) tentativo narrativo della scrittrice e l'incipit della serie Scene di vita clericale che consacrerà al successo George Eliot e segnerà una delle espressioni più complete del romanzo realista inglese. Eliot è lo pseudonimo usato dalla giovane Mary Anne Evans con l'intento, in epoca vittoriana, di far conoscere i propri romanzi senza il giogo dell'etichetta "femminile", che avrebbe impedito loro di circolare negli ambienti intellettuali (un espediente, questo, usato, anche dalle sorelle Brontë), ma anche per liberare gli scritti della "macchia" morale rappresentata dalla sua relazione con un uomo sposato (George Henry Lewes), con cui visse per oltre vent'anni.
Il romanzo, nella trama, come anticipato dall'autrice stessa, non riporta avvenimenti eccezionali: a Shepperton, cittadina della provincia inglese, arriva un nuovo reverendo, Amos Barton, appunto, il quale, per le sue scarse doti retoriche e spirituali, risulta da subito inviso ai concittadini. 
Quel po' di fervore religioso stimolato dalle prediche apprezzate di Mr Parry, il predecessore di Amos, si era esaurito quasi del tutto, e la vita religiosa di Shepperton stava tornando a livelli molto bassi. Era, lo intuite, una roccaforte di Satana; e fareste bene a compatire il reverendo Amos Barton (...) Leggiamo, certo, che le mura di Gerico caddero prima ancora che suonassero le trombe; ma da nessuna parte si dice che quelle trombe erano fioche e deboli. Erano senz'altro trombe che emettevano un suono ben squillante (...) Ma le doti oratorie del reverendo Barton assomigliavano piuttosto ai campanelli ferroviari belgi, che rivelano intenzioni lodevoli mai adeguatamente soddisfatte. (p. 38)
Il chiacchiericcio di ironico dileggio si trasforma in aperta opposizione quando il reverendo ospita a casa, insieme alla moglie e ai sei figli, la contessa Czerlaski, amica di famiglia trasferitasi, misteriosamente e all'improvviso, in pianta stabile a casa del religioso.

Come in ogni romanzo realista che si rispetti, dunque, i fatti non costituiscono l'elemento di interesse per il lettore, che invece apprezza grandemente la griglia contestuale che si viene a formare intorno alla trama. Eliot è in grado di costruire una coralità di voci, dando risalto alle opinioni e al pettegolezzo e realizzando così una sorta di romanzo parallelo: da un lato i fatti, raccontati con concretezza e parsimonia di dettagli, dall'altro le fantasie del paese, in grado di offrire al lettore, ironicamente, la visione di quel romanzo "ideale" a cui l'autrice accenna nella citazione iniziale.
La contessa era un po' vanitosa, un po' ambiziosa, un po' egoista, un po' superficiale, un po' frivola, un po' incline alle bugie bianche. Ma chi può considerare queste piccole imperfezioni, questi brufolini morali, sufficienti a compromettere l'ingresso di una persona nella società più rispettabile! (...) le gentildonne più severe di Milby erano perfettamente consapevoli del fatto che tali caratteristiche non determinavano una grande differenza tra la contessa e loro stesse; e dal momento che era chiaro che una differenza c'era - ebbene questa doveva risiedere nel possesso di un vizio del quale loro fossero incontestabilmente prive. (p. 66)
L'uso dell'ironia, d'altronde, è un altro degli elementi vincenti del romanzo: i lettori, pur nella descrizione di una vera e propria tragedia familiare, si ritrovano spesso a sorridere delle piccolezze umane, dei vizi di quel "tipo insignificante d'uomo" che costituisce "l'ottanta percento dell'umanità".
Qualsiasi uomo che non sia un mostro, un matematico, o un filosofo eccentrico, è lo schiavo di una qualche donna. (p. 64)
Ora, il reverendo Amos Barton era uno di quegli uomini che hanno una volontà ferma e opinioni molto chiare; si manteneva ben saldo sulle proprie posizioni e aveva piena fiducia in se stesso. Marciava con grande determinazione lungo la via che riteneva migliore; ma era sorprendentemente facile convincerlo di quale fosse la via migliore. (pp. 48-49)
Alla destra di Mr Ely vedete un ometto dal volto giallastro e un po' paffuto, con i capelli pettinati dritti all'insù, con l'evidente intenzione di conferirsi un'altezza meno sproporzionata al senso di importanza che egli ha di sé rispetto alla misura di cinque piedi e tre pollici accordatagli da una svista della natura. (p. 87)
Peculiarità del racconto è, come si vede, l'adozione di un gergo tipicamente teatrale, che lo rende ibrido nel suo genere perché dà al lettore la vivida sensazione di trovarsi di fronte a un susseguirsi di scene di vita (da qui, probabilmente, il titolo della serie: Scene di vita clericale) piuttosto che a una narrazione che si evolve sulla linea del tempo. In altre parole, si ha l'illusione che non sia importante la scansione temporale, quanto invece le impressioni cristallizzate di siparietti connotati, ognuno, da una sua personale necessità al racconto.
Guardatelo mentre avanza nei viottoli tortuosi del camposanto! La luce argentea che cade obliqua sulla chiesa e sulle tombe vi consente di vedere la sua nera figura sottile, resa ancora più sottile dai pantaloni aderenti, mentre oltrepassa le lapidi pallide. Cammina a passo veloce e ora sta bussando con decisione alla porta del vicariato. (pp. 27-28)
Le disavventure di Amos Barton è, in definitiva, un romanzo realista inglese, nella misura in cui il lettore accetti che il realismo letterario inglese è del tutto peculiare e differente rispetto a quello italiano e francese: non c'è denuncia sociale né la quotidianità delle classi più umili; c'è, invece, la rivelativa messa in scena di un moralismo di facciata, l'ironica presentazione dei piccoli vizi umani.

Barbara Merendoni

Della stessa autrice, potete leggere la recensione a Romanzi sciocchi di signore romanziere.
Visualizza questo post su Instagram

"Qualsiasi uomo che non sia un mostro, un matematico, o un filosofo eccentrico, è lo schiavo di una qualche donna" . Di questo e di altri brillanti guizzi letterari è ricco "Le disavventure di Amos Barton", primo dei romanzi brevi della serie "Scene di vita clericale" di George Eliot, pseudonimo della scrittrice inglese Mary Anne Evans. L'ironia e l'attenzione alla resa corale dell'opinione popolare sono i punti di forza di questa lettura, virtuoso esempio di Realismo letterario inglese. Per scoprirne di più, tra qualche giorno sarà online la recensione di @babe_mer. . E voi, cosa state leggendo in questo inizio di 2020? #georgeeliot #amosbarton #realismo #letteraturainglese #cosaleggere #criticaletteraria #libridel2020 #iglettura #igbooks #maryanneevans #leggerefabene

Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: