La rinascita di quelli che restano è affidata al "kaze no denwa", il telefono del vento: il nuovo romanzo di Laura Imai Messina

Quel che affidiamo al vento
di Laura Imai Messina
Piemme, 14 gennaio 2020

pp. 256
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene. (p. 131)
L’ultimo romanzo di Laura Imai Messina mi ha riportato prepotentemente indietro alla mia infanzia, quando lungo il tragitto in macchina da scuola a casa sua, mio nonno non smetteva di dispensare lezioni di vita alla cinquenne che gli sedeva di fianco. Una di queste mi ha sempre impressionato, sebbene all'epoca non avessi avuto il coraggio di dimostrare immediatamente il mio disagio: «Vedi Federica, devi sempre guidare piano, perché se hai un incidente stradale le cose che possono succedere sono due, entrambe tragiche. O rimani disabile e la tragedia colpisce te. Oppure muori sul colpo: tu non senti niente, ma il dolore può distruggere quelli che restano».

Quel che affidiamo al vento è la storia dolcissima di quelli che restano, mentre coloro i quali hanno amato si trovano altrove (non per forza perché scomparsi), individui avvolti da un elemento naturale che va e viene nel corso di tutto il romanzo: il vento. A partire dal titolo, Laura Imai circonfonde il racconto di Yui e Takeshi di uluati e spifferi, mescolando la finzione della loro vicenda con la realtà emozionante di un luogo adagiato sul fianco del Kuji-yama, nella prefettura di Iwate nel Nord-Est del Giappone. Qui Sasaki Itaru (nel romanzo trasformato in Suzuki-san) nel 2010 ha posto nello splendido giardino di casa sua una cabina telefonica con all’interno un vecchio telefono, di quelli neri con la tastiera rotonda. Non poteva immaginare che l’installazione da lui voluta per ricongiungersi con un cugino scomparso sarebbe diventata un luogo di pellegrinaggio e liberazione per più di trentacinquemila persone che negli anni hanno affidato alla linea telefonica immaginaria che parte da questo luogo incantato i loro dialoghi con i cari lontani. 

Proprio a Bell Gardia Yui e Takeshi si incontrano in una domenica in cui, entrambi, avevano raggiunto da Tokyo questo remoto luogo d’incanto per lenire il proprio dolore. Lei è una conduttrice radiofonica che ha perso la madre e la figlia nello spaventoso tsunami che nel 2011 ha mietuto migliaia di vittime e distrutto intere città proprio nelle zone limitrofe al telefono del vento. Lui è un medico di Tokyo che vive insieme alla madre e alla figlioletta, Hana, muta da giorno in cui la mamma è scomparsa per un brutto male. Dal dolore per il vuoto e grazie alle parole affidate al vento – sebbene Yui non vada a Bell Gardia per parlare quanto per respirare l’atmosfera della rinascita provata dagli altri – i due scopriranno che i miracoli esistono:
Una di quelle situazioni in cui si è soliti dire che ci si riesce solo quando finalmente vi si rinuncia. Come l’amore, quello vero, come un figlio che non arriva. (p. 63)
Il telefono nel vento a Bell Gardia (foto dal sito http://bell-gardia.jp/the-phone-of-the-wind)
E quando il vento, costante di tutta la storia, pare voglia distruggere la cabina telefonica, sarà Yui ad accogliere su di sé il ruolo della salvatrice: del resto lui le è oramai amico, cosa potrebbe impedirle di fermarlo? Il vento nel romanzo di Laura è infatti quell’elemento fisico che, seppur impalpabile, rappresenta il dono offerto dalla natura per permettere a chi si sente smarrito dalla propria vita di trovare un appiglio. Un ossimoro, forse, che rigusrda qualcosa che non si vede, ma che si concede come ancora di salvezza concreta e tangibile per recuperare la vita.
 
Quel che affidiamo al vento non è un romanzo triste, tutt’altro. La gioia che aveva contraddistinto già dal titolo il precedente romanzo della Imai Messina (che ho recensito qui) questa volta si svela lentamente, goccia dopo goccia, e quando arriva investe contemporaneamente i protagonisti e i lettori: la dimensione inventata della loro storia, innestata sulla realtà della cabina di Bell Gardia, è quel regalo che l’autrice dona per provare a trovare il giusto distacco dalle emozioni invisibili che incatenano il cuore per aprirsi al vero, al concreto.
Gli oggetti materiali conoscono riparo e sostituzione, ma il corpo non si ripara, che sì, magari è più forte dell’anima – che quando si spezza è per sempre – ma che lo è meno del legno, del piombo o del ferro. (p. 13)
Quel che affidiamo al vento, caso editoriale della scorsa Fiera di Francoforte e già in corso di traduzione in più di venti Paesi, rappresenta il culmine perfetto nella carriera della scrittrice romana trapiantata in Giappone dal 2006 che in questo romanzo conferma una scrittura puntuale, efficace, dolce e mai retorica, irta di verità senza scadere nella pretesa dell’aforismo forzato. Una maturità stilistica confermata dal modo originale e bellissimo con cui ha scelto di raccontare l’assenza, con capitoli che sospendono momentaneamente la narrazione e che, a volte in poche sillabe, possiedono una forza emotiva sconvolgente. 

Se è chiaro che nel romanzo c’è molto del senso della morte e del legame con i defunti propri della cultura giapponese, che non cristallizza gli avi in mausolei marmorei ma li trasferisce nelle case e nella vita quotidiana, Quel che affidiamo al vento non ha nulla a che vedere con la morte, ma ha molti più legami con la vita. Di quelli che restano, appunto, e che grazie al vento trovano il modo per investire nel proprio futuro:
A lei che non osava più dire niente al futuro, il futuro era tornato davanti. Ecco qual era la magia di Bell Gardia. (p. 202).

 Federica Privitera



Visualizza questo post su Instagram

Esce oggi il nuovo romanzo di @lauraimaimessina e noi noi potevamo essere più contenti di leggere in anteprima questa lieve storia che affonda le sue radici in un Paese lontano, ma arriva con dolcezza in ogni parte del mondo. #QuelCheAffidiamoAlVento racconta la storia di Yui e Takeshi, due che sono rimasti mentre i loro cari sono andati via. Per ricongiungersi a loro sfruttano il potere del telefono nel vento, un’installazione voluta da Suzuki-san in una cabina telefonica posta nel suo rigoglioso giardino sul fianco del monte Kujira-yama. Lì dove lo tsunami del 2011 ha distrutte luoghi e vita, i due giovani rinasceranno. Perché i miracoli veri accadono. Bisogna solo fare pace con la propria vita. Domani la recensione di @la_effesenza vi aspetta sul sito! @edizionipiemme @la_effesenza #Criticaletteraria #lauraimaimessina #piemme #novitàeditoriali #inlibreria #bookstagram #instalibri
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: