Il dolore di assenze corrosive e lo scudo di ricordi riparatori nel nuovo romanzo di David Grossman, "La vita gioca con me"

La vita gioca con me
di David Grossman
Mondadori, 29 ottobre 2019

pp. 300
€ 21,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)



Quando può essere cancerogeno l'amore? E quanto un'assenza può traumatizzare per sempre una giovane vita? Fin dalle prima pagine di La vita gioca con me, il nuovo e attesissimo romanzo di David Grossman, appaiono chiare alcune tematiche che rintoccheranno per tutta la narrazione. Tanto per cominciare, ci troviamo alle prese con una delicata riunione di famiglia: in occasione del compleanno dell'ultranovantenne Vera, sua figlia Nina decide di tornare al kibbutz, a costo di prendere più aerei e, soprattutto, a costo di creare una situazione di tensione generale. Infatti, Nina è la fuggiasca, la madre che ha abbandonato sua figlia da piccolissima, pur di viaggiare. E adesso sua figlia, Ghili, io narrante della storia, la guarda con gli occhi iniettati di delusione e di odio per tutti i non-detti che hanno scavato tra loro una distanza forse incolmabile. D'altro canto, anche Nina guarda sua madre Vera con lo stesso sguardo, perché anche lei è stata abbandonata a sei anni e mezzo, ma per motivi completamente diversi: Vera era stata internata in un disumano campo di rieducazione e per oltre due anni non era riuscita ad andarsene. Insieme alle tre donne, Rafael un uomo importantissimo per tutte loro: è il figlio adottivo di Vera, dopo che lei ha sposato suo padre Tuvia; è l'amore di Nina, l'unico che è in grado di sopportare le sue lunghe assenze e le sue bizzarrie; ed è il padre di Ghili, una figura di riferimento, con cui la giovane donna condivide la passione per i documentari. 

#Halloween - A volte un libro può fare paura (senza essere un horror!)

Cari lettori,
a volte, un libro può fare paura. Non parliamo solo di quelli che trattano di vampiri, zombie e fantasmi, ma di quelli che ci aspettano negli angoli polverosi delle librerie. Di quelli che si annidano in alto in alto sugli scaffali, pronti a balzare fuori e spaventarci con la loro mole e la loro nomea. 
Sono quelli che non abbiamo mai avuto il coraggio di aprire o di finire. E, non credete, ma anche in Redazione abbiamo i nostri bravi libri neri! 
In occasione di Halloween confessiamo le nostre paure e vi riveliamo quali sono i libri che, da sempre, ci terrorizzano. Sperando di riuscire così ad esorcizzarli. 

E quali sono i vostri? Scrivetecelo sui social! 
Buone letture... da paura! 
La Redazione

Reagire sempre, anche quando la storia prova a schiacciarci: "Lungo petalo di mare", il nuovo romanzo di Isabel Allende

Lungo petalo di mare
di Isabel Allende
Feltrinelli, 2019

pp. 352
€ 19,50 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)


Forse i cultori della Isabel Allende del realismo magico resteranno delusi, a scoprire che l'attesissimo Lungo petalo di mare è un romanzo storico. L'invito, invece, è quello di non fermarsi all'etichetta, ma di aprire il romanzo e intraprendere la navigazione nella vita tutt'altro che calma dei protagonisti. 
Sono tante le tempeste che Víctor Dalmau e Roser Bruguera dovranno affrontare: lui, tanto per cominciare, lo scopriamo alle prese con un cuore pulsante tra le sue mani, nelle prime pagine del romanzo, mentre fuori si consuma la Guerra civile spagnola; lei, nello stesso periodo è a casa dei Dalmau, la sua famiglia affidataria, e condivide il suo tempo con i genitori di Víctor e Guillem, il bel fratello che ha rapito il cuore di Roser. 

Tutte le strade portano all'infelicità: "Easter parade" di Richard Yates

Easter parade
di Richard Yates
Minimum Fax, 2019

Traduzione di Andreina Lombardi Bom

pp. 276
€ 14,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

Né l'una né l'altra delle sorelle Grimes avrebbe avuto una vita felice, e a ripensarci si aveva sempre l'impressione che i guai fossero cominciati con il divorzio dei loro genitori. (p. 29)
Sarah e Emily Grimes sono sorelle e scelgono di condurre la loro vita nella maniera più diversa. Sarah, la maggiore, si accasa, ha dei figli e vive in un paesino barcamenandosi tra i problemi più disparati che una famiglia porta con sé: il lavoro del marito poco riconosciuto, i figli da crescere, la vecchia madre da seguire. Emily, laureata e single, vive a New York, lavora nel campo pubblicitario e intreccia un'infinita e indefinita serie di relazioni sentimentali. 
Che il lettore faccia attenzione: in questa storia non c'è una strada giusta da seguire. Perché qualunque scelta si faccia, non c'è fuga dalla claustrofobica infelicità.

All you need is... a cat: Shifra Horn e la sua storia d'amore eterna con i gatti

Gatti - Una storia d'amore
di Shifra Horn
Fazi editore, 2019

Traduzione di Elisa Carandina

pp. 192
€ 10,00 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)

Non ho paura di fare spoiler nel caso di questo libro, per un motivo, spiccatamente, personale. Io non amo i gatti. Sarà per quella minuscola cicatrice sulla palpebra destra che mi ricorda del giorno in cui Charlie, obeso gatto dei miei nonni, decise di reagire con violenza a una mia coccola, ma io appartengo da sempre alla fazione canina. Per anni ho aspettato il giorno in cui un essere scodinzolante avrebbe potuto fare il suo ingresso nella mia casa. Ecco perché soprende che sia io a parlare di Gatti – Una storia d’amore di Shifra Horn. Non amo i gatti, è vero, ma l’assenza d’affetto nei loro confronti viene ampiamente compensata dalla stima che nutro per l’autrice israeliana che ha fatto breccia nel mio cuore con Quattro madri e non se n’è andata più. Ma ecco lo spoiler: non importa a quale “partito” voi apparteniate; quando si ha di fronte una narrazione così limpida, ironica, puntuale e scorrevole, quello che resta è la scrittura, il contenuto può anche essere dimenticato.

Tra memorie antiche e liriche bellezze si dipanano saggi racconti di giardinieri


Racconti dei saggi giardinieri
di Pascal Fauliot, Patrick Fischmann
L'ippocampo, 2011

Traduzione di Fabrizio Ascari

pp. 240
€ 15,00 (cartaceo)

Pascal Fauliot e Patrick Fishmann sono gli eclettici autori degli incantevoli ventisette racconti che esplorano l’affascinate mondo della natura e dei suoi innumerevoli protagonisti. 
«Se vuoi essere felice un’ora bevi una coppa di vino. Se vuoi essere felice una giornata, sposati. Se vuoi essere felice tutta la vita, fa’ il  giardiniere!» (Proverbio cinese p. 201).  
Attraverso antiche storie di popoli e di terre lontane, vecchie leggende e miti arcaici si dipanano nelle parole di maestri giardinieri lungo sentieri intrisi di armonico equilibrio e di mistica saggezza. 

Le trame si mescolando a citazioni e aforismi che richiamano pensatori di saperi occidentali e orientali, arricchendo la lettura di significati e accezioni, si spazia da Khalil Gibran, a William Blake, Wang Wei, Dante Alighieri per arrivare al monaco Bernardo di Chiaravalle. «Troverai assai di più nelle foreste che nei libri» (p. 144).
Perfetto è il binomio tra la parola e l’immagine, suggestive sono le figure di piante, di fiori e di uomini che completano in maniera formidabile la fisionomia del testo, presente poi in ogni pagina un delizioso fregio che corre lungo tutto il margine, con motivi floreali e con colori vivaci, impreziosendo e rendendo ancor più accattivante l’intera opera.

Nel realismo magico di Cristò: "La meravigliosa lampada di Paolo Lunare"

La meravigliosa lampada di Paolo Lunare
di Cristò
Terrarossa edizioni, 2019

pp. 97
€ 13 (cartaceo)

Petra poteva rimanere seduta davanti a quel tavolo di legno per intere giornate. A volte non pensava niente, semplicemente brancolava in una specie di vuoto fatto di immagini confuse, fotografie sovraesposte di ricordi lontanissimi, i quando era piccolissima, di quando sua madre era ancora a casa. altre volte immaginava scenari catastrofici, futuri prossimi ipotetici in cui Paolo scopriva la verità, tutta e tutta insieme. (pp. 27-8)
Voglio iniziare con una premessa, o meglio un plauso: già prima di ricevere questo piccolo libro ero stato attratto dalla stupenda copertina di Francesco Dezio, che con tratti essenziali ha saputo rendere al contempo i protagonisti, la storia, l’ambientazione.
Quella di Cristò, infatti, è una storia breve, con appena due personaggi – gli altri, più che secondari, sono propriamente delle comparse – che si muovono in una città al limite fra la concretezza e il fantasmatico e attraversano una trama anch’essa in bilico fra il reale e l’onirico. La scrittura stessa di Cristò, così leggera ed evanescente, può essere riportata a una forma di realismo magico, in cui elementi comuni sono illuminati da un’aura di evanescenza.

#CriticARTe - le metamorfosi del Novecento nella collezione Thannhauser


Justin K. Thannhauser ha una storia che, come uno specchio, riflette quella del Novecento.  
Ebreo tedesco nato nel 1892, fu un collezionista e mercante d'arte che nel 1940 fuggì dall'Europa occupata dai nazisti per approdare a New York. 
Gli anni prima di questo viaggio lo avevano visto a lavoro a Lucerna, dove aprì una galleria insieme al cugino Siegfried Rosengart, Monaco, Berlino e Parigi. Era l'inizio del '900 e lui valorizzava l'opera di Degas, Matisse, Monet, Gaugin.
Aveva senso del bello, spirito imprenditoriale, visione. Già dagli inizi della sua carriera voleva focalizzarsi su "tutto ciò che di potente, nuovo, diverso e moderno" l'arte stava regalando al mondo.
Sapeva dove andare con la sua ricerca artistica, faro costante in una vita costellata anche da grandi dolori, come la perdita dei figli. 

È a quest'uomo e al suo lavoro che rende omaggio la mostra che apre la stagione espositiva di Palazzo Reale a MilanoGuggenheim. La collezione Thannhauser, da Van Gogh a Picasso, con la proposta dei capolavori d'arte della collezione Thannhauser, dal 1978 ufficialmente confluiti nel patrimonio del Guggenheim di New York per volere del collezionista che lo aveva annunciato già nel 1963. Un omaggio alla sua storia, alla sua famiglia e a New York, città dove lui non aprì mai una galleria ma continuò a commerciare privatamente, entrando in contatto con personaggi come Duchamp, Bernstein, Toscanini, Bourgeois.
Gli anni newyorkesi segnarono per Thannhauser e per la città una delle più alte vette di sviluppo artistico: un uomo in fuga dalla guerra portava l'arte di DNA europeo in un'America che lottava per la libertà. Nella sua attività e nelle esposizioni, che avvenivano perlopiù nella magnifica casa in cui viveva prima insieme alla prima moglie Käthe e poi alla seconda Hilde, c'era tutto il dramma di un'intera generazione che ha cercato nell'arte la fuga dall'orrore della storia

Pensare la casa come un museo, ma senza i cartelli con la scritta “si prega di non toccare”: la filosofia esistenziale e abitativa di Sibella Court

Etcetera.
Il gusto di arredare con le cose che si amano

di Sibella Court
traduzione di Daniela Magnoni
L’ippocampo, 2011

pp. 256
€ 39,90


Home is where the heart is: chi non conosce questo adagio? Tradotto nella nostra lingua suona un po’ come “laddove c’è cuore, c’è casa”. Perché è vero: tendiamo sempre a fare il nido nei luoghi in cui il nostro muscolo cardiaco batte d’amore e d’affetto. Lo sa bene Sibella Court, che del connubio tra abitazione e sentimento ha fatto la sua cifra distintiva, al punto da raccontarla in Etcetera. Il gusto di arredare con le cose che sia amano, dato alle stampe nel 2009 da Murdoch Books Pty Limited nell’edizione originale inglese e nel 2011 da L’ippocampo in quella italiana. Autentica celebrità in Australia e negli Stati Uniti, fondatrice e proprietaria di The Society Inc. – «un negozio a metà tra una bottega di carabattole e di vecchie ferramenta specializzato in tessuti locali e globali, arredi, casalinghi e belle cose» – nel corso della sua carriera l’autrice ha firmato campagne pubblicitarie per i più importanti marchi di moda e scritto articoli per le più prestigiose riviste di viaggi e arredamento (Travel & Leisure, Town & Country, US Vogue, Living, House &  Garden), oltre che ricoprire il ruolo di Interiors Editor per bibbie mondiali dello stile quali Harpers Bazaar e Grazia. Questo libro, però, è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto alle atmosfere patinate che caratterizzano le pubblicazioni appena messe in elenco: il suo nucleo pulsante, difatti, sta nell'esaltazione di quel lusso e quello sfarzo che sono dati dalla personalizzazione degli oggetti e dalle esperienze che questi hanno vissuto, e che come tali vi hanno lasciato le tracce del tempo e dell’usura. Non un decalogo sulla casa perfetta e alla moda, dunque, bensì una dimostrazione - fitta di suggerimenti e stimoli visivi - che abitare in un contesto che ci corrisponda e che rispecchi la nostra personalità è non solo possibile ma anche piuttosto economico.

#ScrittoriInAscolto - Il cambiamento climatico come conversazione: incontro con Jeremy Rifkin


Raccontate il cambiamento climatico come una storia, generiamo conversazioni e scambi.
Ci saluta con quest'invito Jeremy Rifkin al termine del nostro incontro.
Parto dalla fine perché rifletto sul fatto che sono passati cinque anni dall'ultima volta che ci siamo visti: era il settembre 2014 e lui presentava a Milano La società a costo marginale zero, un libro in cui raccontava il nuovo modello basato sulla grande infrastruttura neurale globale di Internet che da anni ormai ha iniziato a scardinare il capitalismo e ne provocherà il declino.

Adesso è tornato in Italia per un nuovo libro, sempre edito da Mondadori, intitolato Un Green New Deal Globale.
Un titolo che è già un manifesto: racconta un movimento che sta sorgendo per dare una risposta ai problemi del presente.
A novembre scorso dei manifestanti del Sunrise Movement hanno fatto irruzione al Congresso americano facendo un sit-in nell'ufficio di Nancy Pelosi. Ai manifestanti si è unita la appena eletta al Congresso Alexandria Ocasio-Cortez, che per chi non lo sapesse è una delle politiche e attiviste americane più discusse mediaticamente al momento grazie ai suoi interventi pubblici, non ultimo quello di confronto con Mark Zuckerberg sugli scandali di Cambridge Analytica
È stata lei, facendo eco ai movimenti spontanei, a chiedere alla Camera l'istituzione di un comitato speciale per un Green New Deal americano.

Ecco che una protesta diventa un'emergenza soprattutto politica ed è di questo che decide di scrivere Jeremy Rifkin, teorico dell'economia, sociologo, docente e consulente per la leadership dell’Unione Europea, della Repubblica Popolare Cinese e di molti capi di Stato.
Raccoglie in questo nuovo saggio i punti di azione di un piano concreto per contrastare il cambiamento climatico e ristrutturare il nostro paradigma economico e sociale. Lo fa attingendo ad anni di esperienze e confronti diretti con chi la politica e l'economia la fa, sul campo. 

"Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena", l'esordio di Michelle Steinbeck



Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena 
di Michelle Steinbeck
Tunué, 2019

Traduzione di H. Basso

pp. 102
€ 17,00 (cartaceo)


«Non hai il coraggio di metterti al centro, dice la vecchia senza battere ciglio, e con le dita nodose descrive un cerchio sopra le carte, qui c’è la tua vita. Do un colpo di tacco alla valigia». (p. 19) 
Sulla copertina è disegnata una valigia e un filo l’attorciglia, passando poi per ogni singola pagina, come vuole il bel progetto grafico di Tomomot per la collana di narrativa straniera di Tunué diretta da Giuseppe Girimonti Greco. La protagonista di questo racconto di formazione è un’adolescente scapestrata che vive con una banda di teppisti, compreso il fratello, da quando il padre li ha abbandonati; in casa sono rimasti alcuni oggetti che gli appartengono, tra cui una macchina da scrivere che usa anche lei e la valigia in questione, dove ci ha infilato la prova di un errore fatale.

#CritiCOMICS - Lei è Mercedes: e voi? La storia di un'anti-eroina fuoriclasse nell'ultima graphic novel di Daniel Cuello

Mercedes
di Daniel Cuello
Bao Publishing, 2019

pp. 224
€ 21,00 (cartaceo)
€ 8,00 (ebook)


Ha evidentemente superato gli anta, è massiccia, pettoruta, magistra elegantiarum nel suo iconico tailleur manageriale color smeraldo, tinta di cui proverbialmente si veste “chi di sua beltà si fida”. Ha una corte minima di collaboratori fidatissimi e si preoccupa che il volume della sua criniera fulva sia sempre strepitosamente esagerato: Irma, la sua assistente e parrucchiera personale, la chiama vezzosamente “Rubino”, e grazie a quella cotonatura ha vinto per ben tre anni il premio “Chioma d’Oro”. Il suo nome è Mercedes, ed è, né più né meno, la donna più ricca, importante e potente del mondo. Come un Atlante – un Atlante un po’ più tarchiato, ingioiellato e in bilico su alti tacchi en pendant – porta sopra le robuste spalle il peso di una serie interminabile di manipolazioni, ricatti, corruzioni e crimini, soprattutto a svantaggio del patrimonio ambientale. Per anni ha dettato l’agenda di politici ed ecclesiastici, al punto che persino il Papa in carica, tutt’altro che uno stinco di santo, è suo compare di malefatte e marachelle (Papy e Mercy i loro appellativi confidenziali). Ultimamente, però, qualcosa si è incrinato, sia nel suo castello di cristallo che nel suo sguardo vitreo: sembra incredibile che una simile sorte stia toccando proprio a lei, che sembrava fatta di materia antiproiettile e che con una sola occhiata è stata capace di sbriciolare capi di stato e alte cariche appartenenti a ogni consorteria. Eppure le cose stanno così: all’improvviso una goccia ha fatto traboccare il vaso di un pianeta ridotto alla siccità a causa delle sue stesse manovre, e lei, cinta in abiti costosi che sembrano concentrare tutto il verde ancora immaginabile, si ritrova ricercata in ogni angolo del globo. Che fare? Consegnarsi e affrontare un arresto e un processo? Affidarsi ai migliori avvocati? Corrompere (come al solito) nemici e avversari? No: Mercedes non farà niente di tutto ciò. Dopo un clamoroso forfait alla conferenza stampa che tutti attendono come l’ora della verità, farà le valige (dodici per l’esattezza) e, molto semplicemente, prenderà la via della fuga. Sicura di avere ragione, o perlomeno con questa illusoria certezza a sostenerne il viaggio verso una nuova libertà.

Io chatto, tu chatti: Mariano Lamberti racconta l'amore al tempo delle app

Amore, sesso e altri emoticon
di Mariano Lamberti
introduzione di Antonello Dose
Lantana Editore, 2019

pp. 148
€ 12,00 (cartaceo)



Da un libro che si intitola Amore, sesso e altri emoticon ci si aspetterebbe, a trovarcela, un’epigrafe brillante, maliziosa, ammiccante, dal tono sapienziale e dal sapore speziato. Invece no. Se si è Mariano Lamberti si preferisce stupire il lettore come in uno spettacolo di burlesque intellectual-chic: non solo non si attinge da nessuna fonte vagamente erotica, ma si pesca a piene mani nientemeno che nelle acque dello strutturalismo, chiamando in causa un padre fondatore quale Ferdinand De Saussure. Incredibile ma vero, quella che prometterebbe di essere una raccolta di racconti a tema sex & love (& web) si apre con una citazione tratta dal Corso di linguistica generale, celebre opera postuma data alle stampe nel 1916: 
«Ma che cos’è la lingua? Per noi, essa non si confonde con il linguaggio; essa non ne è che una determinata parte, quantunque, è vero, essenziale (…) Preso nella sua totalità, il linguaggio è multiforme ed eteroclito; a cavallo di parecchi campi, nello stesso tempo fisico, fisiologico, psichico, esso appartiene anche al dominio individuale e al dominio sociale; non si lascia classificare in alcuna categoria di fatti umani, perché non si sa come enucleare la sua unità».

Essere famiglia in un'Italia che cambia: "L'anima ciliegia" di Lia Levi

L’anima ciliegia
di Lia Levi
Harper Collins, 2019

pp. 235
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


La prosa di Lia Levi ha la malinconia dolce della fiaba, attraversata solo a tratti da brividi di ironia sottile; e anche se il fluire sembra rapido e leggero, in realtà rivela un acume pungente nel delineare personaggi e sensazioni. La storia di Paganina pare il realizzarsi di un destino già scritto, previsto dal nome ingombrante voluto da un padre "furiosamente ateo", rivoluzionario mancato, che investe sulla figlia tutti il carico dei suoi sogni mai realizzati: la ragazzina "così, mentre studiava, un po' danzava, un po' dipingeva e un po' perdeva tempo a immaginare che avrebbe fatto grandi cose perché questo era il sogno di suo padre. Del resto era lei l'unico straccetto di bandiera che era rimasto a Pietro e che doveva, con buona volontà e allegria, far sventolare al suo posto" (p. 14).

La letteratura degenere. Su "Canto di D'Arco" di Antonio Moresco


Canto di D'arco
di Antonio Moresco
SEM, 17 ottobre 2019 

pp. 703
€ 24,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



È necessario diffidare dagli esperti di una disciplina che nell’indagine di qualsiasi altro argomento introducono a forza l’oggetto delle proprie conoscenze. Schiere di fini intenditori di psicologia non osservano altrimenti che manifestazioni di casi clinici; legioni di dottori in storia dell’arte costringono il discorso alle sue nude manifestazioni. Per non dire dei semiotici…!

Peggiori di tutti, e nessun argomento potrebbe confutare la tesi a seguire, sono i filosofi. Poiché la filosofia divora tutte le altre discipline confinandole a forza nel territorio del pensiero non di rado una discussione benignamente letteraria muta in disputa. A parziale discolpa di chi scrive, che pure vi è stato impelagato senza ancora affrancarsene del tutto, è lo stesso Antonio Moresco, oggetto dell’indagine che segue, a concedere un’invocazione al mondo del pensiero.

Il "chi è senza peccato scagli la prima pietra" dell'ultimo romanzo di Timur Vermes


Gli affamati e i sazi
di Timur Vermes
traduzione di Francesca Gabelli
Bompiani, 2019

pp. 511
€ 22,00 (cartaceo)
€ 14,99 (ebook)

“Non sto a parlare qui della Siria o della Giordania. Forse ci sarà anche qualcuno che ti lascerebbe passare, ma per ognuno di loro ce ne sono almeno altri tre che di sicuro non te lo permetteranno. Ammettiamo pure che lo facciano i turchi, che nessuno sa cosa voglio a parte il rispetto. Ammettiamo pure tutto. Per quel che mi riguarda, riuscirai a superare anche ostacoli trascurabili come il canale di Suez. È tutto possibile. Ma c’è una cosa che è del tutto impossibile.”
“Israele.”
“Israele.” (p. 326)
La parola tedesca “lager” non può non far pensare subito a quei campi di concentramento in cui i nazisti tenevano prigionieri non solo gli ebrei ma anche gli omosessuali, gli zingari, gli oppositori politici eccetera. Non è un caso dunque che Vermes utilizzi senza mezzi termini proprio questa parola per descrivere un accampamento nell’Africa sub sahariana in grado di ospitare – un verbo che, rimandando a più nobili origini, suona quasi ironico considerato il contesto – milioni di profughi e rifugiati, uomini, donne e bambini riuniti da un’unica parola, anche questa fil rouge di tutto il romanzo: "migrante".

Le discriminazioni di genere nell'Antica Grecia: "Gli inganni di Pandora" di Eva Cantarella

Gli inganni di Pandora. L'origine delle discriminazioni di genere nella Grecia antica
di Eva Cantarella
Feltrinelli, 3 ottobre 2019

pp. 85
€ 12 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Sono tanti primati che attribuiamo ai Greci, a partire dalla democrazia fino alla filosofia, ma non tutto è altrettanto lodevole. Nel suo nuovo libro, appena uscito per Feltrinelli, Eva Cantarella ripercorre le tappe che hanno costruito la discriminazione di genere nella Grecia antica. Il percorso è volutamente randomico, tra fili conduttori paralleli e senza una pretesa di esaustività (stiamo parlando di un libretto agile, di meno di cento pagine, adatto a chi si avvicina per la prima volta a questa tematica e ai libri di Cantarella). Vi si ritrovano alcuni temi noti per chi ha studi classici, ma anche molte curiosità: si inizia comprensibilmente dai miti, e in particolare dalla creazione di Pandora, che leggiamo nella versione di Esiodo. Già nel VII secolo a.C. Pandora diventa segno dell'alterità, della differenza, che non sono però sufficienti per descrivere la natura femminile, tant'è che per Cantarella questa «era a tal punto incomprensibile da essere equiparabile al mistero della morte, non a caso nel mondo greco spesso rappresentato da figure femminili» (p. 21). Non ci vuole molto perché la donna diventi il «genere maledetto», punizione per l'uomo, una 'razza' a sé da guardare con le dovute cautele. D'altra parte, anche Semonide nella seconda metà del VII secolo a.C. elencherà una lunga lista di tipologie di donne, alcune delle quali paragonate ad animali per le loro caratteristiche: l'unica positiva è la donna-ape, che - tuttavia - non esiste più.

#CritiCINEMA - Martin Scorsese: «"The Irishman" è il mio film sul significato della vita e della morte»

Martin Scorsese al Festival del Cinema di Roma, 21 ottobre 2019
Il 21 ottobre del 2019 è il giorno di Martin Scorsese alla Festa del Cinema di Roma, appuntamento cinematografico della capitale giunto, quest’anno, alla sua quattordicesima edizione. È il giorno di Scorsese e del suo ultimo film, The Irishman, poderosa pellicola di tre ore e mezza sulla biografia del mafioso irlandese Frank Sheeran, tratto dall’omonimo romanzo di Charles Brandt di prossima pubblicazione (sarà nelle librerie il 24 ottobre) per Fazi Editore. Dopo la proiezione del film in anteprima ai giornalisti, il cineasta di New York e la produttrice hanno risposto alle domande della stampa che, pur reduce da una visione che definirei da sbronza cinefila, ha ancora la freschezza adatta per chiedere al regista di raccontare di più su questo progetto che parla molto di amicizia, Storia, letteratura e nuove tecnologie.

"La mia devozione" di Julia Kerninon è amore e prigionia

La mia devozione
di Julia Kerninon
Edizioni e/o, 2019

pp. 251
€ 16.50 (cartaceo)
€ 11,92 (ebook)




Resistere alla tentazione di scrivere senza riflettere un attimo: questo è stato l’impulso che ho dovuto trattenere dopo aver letto questo libro così intenso e insieme vero. Ho respirato, ho aspettato che mi si liberasse la mente. Non ci sono riuscita. Questo libro è un turbinio di emozioni, ti cattura, con la sua prosa intima, con la narrazione che è a metà tra una confessione e un lungo sussurro. La traduzione di Alberto Bracci Testasecca è armoniosa, rende la voce femminile del personaggio, con tutte le sue intonazioni, presente e vibrante. 
La storia è quella di due ragazzi, poi adulti, un uomo e una donna, un famoso pittore, Frank e Helene, una letterata, nonché voce narrante del libro. Il narratore interno ci conduce attraverso la sua vita, non tace nulla del profondo sentimento che la lega al suo Frank, un amore profondo e devoto, che finisce, silenziosamente, per rovinarle la vita. 
Quando mi hai fatto quella domanda straordinaria “Anche tu odi la tua famiglia?”, in un attimo mi sono sentita vicina a te più di quanto lo fossi mai stata a chiunque. Forse all’epoca era il mio sentimento predominante: l’odio per la mia famiglia, a pari merito con l’amore per i libri. (p. 31)

La morte in giallo nel libro di Julio Llamazares

La pioggia gialla
di Julio Llamazares
Il Saggiatore, 2019 (prima edizione spagnola 1988)

Traduzione di Denise Zani

pp. 164
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Che colore ha il tempo, quello che inaridisce il viso e confonde i ricordi? Per Julio Llamazares è il giallo, come l’autunno e il seppia delle vecchie fotografie. Una tinta però che diventa oppressiva e persecutoria, che si appiccica ai muri e scolorisce le ombre. La pioggia gialla è proprio questo: una cronaca di come il tempo distrugga l’essere umano.
L’opera non è propriamente un romanzo, ma una confessione lirica e solitaria dell’ultimo sopravvissuto di Ainielle, un paese dei Pirenei. Il villaggio perde lentamente i suoi abitanti, facce conosciute e amiche della voce narrante, e le case iniziano ad essere invase dal silenzio, dalle erbacce e da un velo ingiallito. I ricordi crollano come i tetti, perché retti da un solo sopravvissuto. La memoria collettiva dunque si dissolve.

Ognuno ha il proprio sogno proibito nella Londra della Grande Esposizione: "La fabbrica delle bambole" di Elizabeth Macneal

La fabbrica delle bambole
di Elizabeth Macneal
Einaudi, ottobre 2019

Traduzione di Giovanna Scocchera

pp. 400
€ 21 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Prendiamoci il tempo per un tuffo nel passato: nella Londra della Grande Esposizione del 1851, Elizabeth Macneal fa muovere personaggi memorabili dal passato misterioso e impietoso. Tanto per cominciare, la protagonista, Iris, è una ragazza che non rispetta i canoni ottocenteschi: non sarebbe di certo brutta, se solo non fosse troppo alta e asimmetrica, per via della clavicola che si è rotta durante il parto; sarebbe una pittrice di talento, se solo potesse coltivarlo, anziché stare chiusa in una bottega a dipingere bambole di ceramica; potrebbe anche amare, se solo non restasse ancorata alla gemella Rose, in un rapporto di amore e odio. Rose, certo, lei sa cos'è l'amore, ha provato anche la passione carnale, prima che il vaiolo le deturpasse il volto e le togliesse l'uso di un occhio. Adesso le due restano schiave di una datrice di lavoro imperiosa, vivono lì al negozio e sembra che la loro esistenza solitaria e reclusa sia tutto ciò che ha in serbo il destino per loro. 

#IlSalotto - Un manuale per ragazze da marito letto dal punto di vista maschile: intervista a Irene Soave sul suo Galateo

Foto di © Zoe Vincenti
Irene Soave è giornalista per il Corriere della Sera, dove si occupa di esteri, attualità e cultura. Ha esordito con Bompiani lo scorso settembre pubblicando un libro su un tema molto particolare, ossia la figura della "ragazza da marito" secondo i numerosi galatei e manuali di comportamento usciti in Italia. L'autrice si è soffermata soprattutto sui testi usciti dal 1861 al 1968, quando i venti del cambiamento hanno condotto il nostro paese verso una modernità più liberale e di più ampio respiro, svecchiando il ruolo della donna come angelo del focolare e dell'uomo come colui che porta i pantaloni (e lo stipendio) dentro casa.
Mentre la nostra Cecilia Mariani leggeva il libro per portare fra queste pagine una splendida recensione (potete leggerla qui), io lo affrontavo in quanto lettore dall'altra parte di un'ipotetica barricata nell'eterna diatriba uomo vs donna. Ho deciso dunque di intervistare Irene per approfondire il tema e fare due chiacchiere informali su un argomento di vastissima attualità.

Ciao Irene e bentornata fra le pagine di CriticaLetteraria. Cominciamo da prima di prima: scrivi di aver collezionato circa un centinaio di galatei e svariati manuali di condotta per signorine. Come nasce questa «curiosità istintiva»?
Eh… È come chiedere a uno perché gli piace il calcio, o la panna, o perché ama la persona che ama. Io questo argomento l’ho frequentato un po’ come un amante, per puro piacere e a capriccio, per anni, alternandogli e a volte preferendogli altre passioni. Poi una persona cara c’è sempre un atto di fiducia alla base di ogni creazione ne ha visto il potenziale comico e mi ha esortata e aiutata a scriverne, ci ha sposati diciamo. Perché mi incuriosisce il galateo? Non so, forse perché sono un po’ anarchica e guardo le regole, ogni regola, con paura e desiderio in ugual misura. 

"Mi piacciono i corvi, adoro come se ne vanno in giro, come volano, come strillano l'uno con l'altro": il rinascimento degli "uccellacci neri del malaugurio" spiegato da Cord Riechelmann

Il corvo
di Cord Riechelmann
traduzione dal tedesco di Angela Ricci
introduzione di Telmo Pievani
progetto grafico di Judith Schalansky
Marsilio, 2019

pp. 168
€ 15,00

Una premessa un poco personale, ma per certi aspetti necessaria: la persona che scrive questa recensione è nata e attualmente vive in una città – Nuoro – che uno dei suoi più noti e celebrati intellettuali – Salvatore Satta (1902-1975) – ebbe modo di definire, senza troppe reticenze, “un nido di corvi”. Il romanzo in cui trovava alloggio la metafora ornitologica destinata a divenire sinonimo del capoluogo barbaricino era Il giorno del giudizio (1977), e l’allusione, come si intuisce, non aveva nulla di lusinghiero: tra quelle pagine covavano le uova di un immaginario nero, torvo e malaugurante che con tutta evidenza scontentò gli abitanti, pubblicamente additati quali indossatori di uno sgradevole habitus simbolico che li voleva dotati di becchi, artigli e piume d’inferno. A nessuno venne in mente che quegli uccelli potessero avere anche una connotazione positiva e addirittura virtuosa, ma del resto non poteva essere che così: lo scrittore-giurisperito non l’aveva di certo messa in conto, e il suo preciso riferimento animale si abbeverava alla fonte delle credenze più comuni – di antica tradizione popolare, artistica, letteraria – circa il più sinistro degli uccellacci. La stessa ombrosa tradizione che il tedesco Cord Riechelmann ha voluto recentemente contraddire punto per punto dando alla luce Il corvo, appena pubblicato nella sua versione italiana dalla casa editrice Marsilio all’interno della collana Storie Naturali.

Pagine dal respiro alpino. In montagna con Mauro Corona e Matteo Righetto

Il passo del vento - Sillabario alpino
di Mauro Corona e Matteo Righetto
Mondadori, 2019


pp. 224

€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

«Larice. Il più bell'albero della montagna. Ogni buon montanaro ha un larice preferito, ma quale sia e dove si trovi deve rimanere un segreto tra lui e l'albero, pena la trasformazione dell'uomo in una martora». (p. 113).
«Trascorrevano i giorni dentro inverni antichi, fatti di neve, gelo e silenzi, magie e misteri, cose ormai scomparse». (p. 98)
Di Mauro Corona sappiamo tutto, o quasi. Montanaro, scalatore (ha aperto diverse vie d'arrampicata), intagliatore, scrittore, testimone del Vajont, la diga-mostro che nei suoi libri torna spesso a rievocare fantasmi antichi, fascinoso affabulatore (ultimamente ospite fisso in tv) e cantore della montagna, delle sue gioie e delle sue asprezze. Di Matteo Righetto, forse, conosciamo meno. Ma vi basti dire che è opera sua "La pelle dell'orso", il bellissimo libro da cui è stato tratto un altrettanto bel film con protagonista Marco Paolini. Autore di romanzi e di pièce teatrali, studioso di Letteratura ambientale e del paesaggio e soprattutto grande amante e conoscitore della montagna.
Che cosa poteva scaturire dall'incontro letterario tra questi due personaggi, così diversi tra loro, ma così legati da un unico grande amore, la montagna? Un libro di grande profondità e di respiro alpino, una fonte di benessere per l'anima. Il passo del vento è un sillabario, che parte dalla A di Abete e finisce con la Z di Zuppa, il caldo e antico ristoro di ogni buon camminatore. E dalla A alla Z Corona e Righetto ci regalano pensieri e sensazioni in una piacevole alternanza di riflessioni e ricordi.
Le prime sono soprattutto appannaggio di Righetto che con le sue massime, sempre improntate alla vita concreta e aspra delle vette, ci invita a fermarci ad ascoltare il silenzio (un'esperienza quasi sconosciuta per chi vive giù, nella "barbara" pianura), ci accompagna nel bosco sulle tracce di piccoli animali o ad ascoltare il battere del picchio sulla dura corteccia di alberi secolari, indicandoci il nome di ogni essenza, dal larice al mugo, dall'abete al faggio, si ferma con noi ad ammirare le albe fredde e luminose che per un istante solo ammantano di un rosa scintillante tutte le vette... appena prima che il sole, sbucando dalla montagna, allaghi di luce tutto ciò che incontra. Ci invita a prestare attenzione al muoversi del sottobosco, al suono dei campanacci delle vacche, che rimanda ad antichi riti propiziatori. Ci prende per mano per aiutarci a capire il lato magico della montagna, il suo valore simbolico. Come quando ci racconta il suo primo incontro, da bambino, con un capriolo:
«Ci guardammo per pochi secondi, che mi parvero minuti. Io e lui. Noi due. Ebbi la straniante sensazione di riconoscermi in quell'animale nonché l'impressione che i suoi occhi grandi e dolci intendessero comunicarmi qualcosa. Poi si mosse lentamente e con quattro ampi balzi scomparve nel bosco. Quando sparì per sempre, pensai che non l'avrei mai più rivisto, e il folto di quella foresta mi parve un mondo oscuro e magico, dove andavano a nascondersi tutti i misteri del mondo. (...) Col passare degli anni ho ripensato spesso a quell'episodio portentoso, e ogni volta mi sono detto che è stato il momento esatto in cui io sono diventato uno scrittore. (p. 39)

Come due novelli Indiana Jones in un'inedita Twilight Zone: Giorgio Maimone e Luca Pollini raccontano l'Italia attraverso i suoi "oggetti smarriti" ("cari estinti", "a fine corsa" o "resuscitati" che siano)

Oggetti smarriti.
Piccolo catalogo delle cose perdute

di Giorgio Maimone e Luca Pollini
Morellini Editore, 2019

pp. 135
€ 14,90 (cartaceo)


Conosciamo tutti il significato dell’espressione “obsolescenza programmata”, anche se tendiamo a circoscriverne il raggio d’azione alla sfera che comprende tecnologia, elettronica e meccanica. Epperò, nel limitare il concetto solo a ciò che coinvolge inventori, ingegneri e scienziati non ci rendiamo conto di fare un torto nientemeno che alla totalità degli oggetti, degli usi e dei costumi esistiti ed esistenti. Perché ogni “cosa”, sia essa materiale o immateriale è – con rare eccezioni – destinata a entrare e poi a uscire dalle abitudini della comunità che l’ha desiderata, ideata, creata e messa in essere: l’evoluzione, l’aggiornamento e il progresso sono, per farla breve, il fiat lux ma anche il memento mori della vita pratica e associata intesa nel suo complesso. Dunque, per citare un soave motivetto di Charles Trenet, que reste-t-il de nos amours quando questi hanno le sembianze di oggetti o consuetudini che a poco a poco scompaiono? È semplice: vivono nel ricordo (auspicabilmente a lungo, se non per sempre), e di tanto in tanto, incredibile ma vero, ritornano. A volte, poi, sono addirittura protagonisti di libri a tema, come quello scritto a quattro mani da Giorgio Maimone e Luca Pollini, appena dato alle stampe da Morellini Editore e dal titolo inequivocabile di Oggetti smarriti. Piccolo catalogo delle cose perdute.

Quando i grafici parlano di storia: l'impatto dirompente di un' "Infografica della seconda guerra mondiale"

Infografica della Seconda guerra mondiale
a cura di Jean Lopez, Nicolas Aubin, Vincent Bernard; data design di Nicolas Guillerat

Titolo originale: Infographie de la Seconde guerre mondiale
Traduzione di Giovanni Zucca e Rossella Savio; rilettura specialistica di Angelo Pirocchi

L’ippocampo, 2019
pp. 191
€ 25,00 


Sono sei giorni che mio marito non mi rivolge la parola: sta seduto sul divano e sfoglia compulsivamente Infografica della Seconda guerra mondiale, alternando esclamazioni, trilli di varia intensità e lunghe dissertazioni su Panzer, sottomarini e sul potenziale economico degli Stati Uniti nel 1943. Quanto a me, oltre alle serie preoccupazioni per le sorti del mio matrimonio, dopo aver letto il volume nutro un solo rimpianto: di non avere quest'anno storia in una classe quinta per poter portare il libro in aula. Da insegnante, specie da insegnante in un istituto tecnico, sono rimasta immediatamente affascinata dalle infinite potenzialità di questo volume come strumento didattico. La quantità dei dati presentati, la cura nella citazione delle fonti, l'impostazione grafica accattivante e la complessa stratificazione delle informazioni che si possono ricavare da ogni tavola sono elementi preziosi, che rendono il testo leggibile a diversi gradi d’approfondimento, e utile tanto quanto, se non più di un manuale. Questo del resto era il preciso intento degli autori, che nella Prefazione dichiarano che il loro è "un vero e proprio testo di storia da leggere, ma in un modo nuovo": a partire dai cinquantatré argomenti selezionati, suddivisi in quattro sezioni tematiche (Uomini e risorse; Eserciti e armamenti; Battaglie e campagne; Bilanci e conseguenze), vengono realizzate 357 tra mappe e infografiche che derivano il loro interesse dal fatto di offrire "molteplici livelli di comprensione e analisi". 

#CriticaNera - "Case di vetro" per nascondere i nostri mali


Case di vetro
di Louise Penny
Einaudi, 2019

Traduzione di Letizia Sacchini

pp. 560 
€ 15 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)

L’ispettore Armande Gamache è un tipo tranquillo, nonostante per lavoro affronti il male in ogni sua forma. Proprio per questo, per l’esigenza di evadere, il suo rifugio preferito resta Three Pines, un piccolo  villaggo a Sud di Montreal, vicino al confine con il Vermont, tranquillo, isolato, immerso nei boschi. Ed è così che ce lo presenta Louise Penny, dopo averci condotti nell’aula torrida di un tribunale, dove si discute di un misterioso caso.
Lui e Reine-Marie avevano scelto di vivere a Three Pines innanzitutto perché era un bel posto, e anche perché era difficile da scovare. Era un porto sicuro, un cuscinetto di protezione dalle brutture e dalla ferocia a cui Gamache assisteva ogni giorno, quelle del mondo al di là del bosco. (p. 14)
L’uso dell’intreccio, giocato su analessi e prolessi, ci catapulta quindi al di là del bosco già dal primo momento, e rientriamo con il protagonista nell’aula del tribunale, di fronte ad una giovane giudice, Maureen Corriveau, che si trova sul banco dei testimoni proprio il capo della Polizia, ovvero della Sûreté, Armand Gamache. Di cosa è accusato? In realtà di nulla, ma è il testimone chiave di uno strano processo, che ha catapultato Three Pines agli onori della cronaca nell’inverno precedente.

Quando crescere significa smettere di cercare risposte: "La linea madre" di Daniel Saldaña París

La linea madre
di Daniel Saldaña París
Chiarelettere, 2019

Traduzione di Giulia Zavagna

pp. 200
€ 16,60 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Se hai dieci anni e se «Teresa se ne andò un martedì dopo pranzo» in un giorno di fine luglio o inizio agosto del 1994, non ricordi, perché Teresa è tua mamma e improvvisamente lei non c’è più, e rimani solo con un papà burbero e una sorella adolescente che avrebbe dovuto prendersi cura di te ma è invece tutta presa dalle sue amiche e dalla sua musica, se tutto il tuo mondo si ripiega su se stesso, cosa puoi fare? Non ti resta che dedicarti alle tue passioni, la lettura, gli origami, i sogni a occhi aperti, e trovare metodi artigianali per scappare al Rubabambini che, sei certo, verrà a trovarti di notte adesso che lei non c’è. È andata in campeggio, ti dicono, ma quando scopri che invece si è unita alla rivolta zapatista appena scoppiata in Chiapas, decidi di raggiungerla, anche se non sai di preciso quanto lontano è questo Chiapas, tu che consideri Acapulco il luogo più lontano da casa, Colonia Educación a Città del Messico (in macchina ci vogliono, oggi, circa quattordici ore, ndr). Poi passano vent’anni e quando sei un adulto nevrotico che non riesce ad alzarsi dalla parte sinistra del letto che occupi come un parassita tutto il giorno, senti l’urgenza di raccontare quell’estate che ti ha cambiato la vita per sempre, per trovare una risposta o forse, semplicemente, perché una ragione dietro quello che è successo si può ricercare solo nell’essenza stessa della memoria.

#CriticaNera - "Il Manoscritto" di Franck Thilliez: sfida all'intuito del lettore

Il Manoscritto 
di Franck Thilliez
Fazi Editore, 2019

Traduzione di Federica Angelini

pp. 480
€ 18 (cartaceo)
€ 12,90 (ebook)



Un incidente in auto dopo un inseguimento, un ladro che muore e nella sua auto un corpo mutilato. L’uomo è solo un ladro? Perché gli indizi lo collegano a una villa sul mare e alla scomparsa, anni prima, di una giovane donna? L’inizio di questo thriller è sorprendente e lascia già senza fiato. Ma per gli amanti del genere potrebbe essere identico a tanti altri, se non fosse che qui parliamo di un giallo nel giallo, che a sua volta racconta un giallo. 
Franck Thilliez, da molti riconosciuto come un maestro del noir francese, ci regala un gioco di doppi e di tracce (molti disseminate dentro il testo), di memoria e di amnesie, di rebus e incognite, fino alla sorpresa finale, che lascerà il lettore in sospeso, costringendo quasi alla rilettura; la sua protagonista, Léane Morgan, madre di Sarah e scrittrice di gialli, sembra quasi il suo alter ego, così come lo è di Caleb Traskman. 
«Prima, solo una parola: xifoforo». Inizia così il libro di mio padre Caleb Traskman. Ho scovato il manoscritto in uno scatolone in fondo alla sua soffitta, dove aveva la fastidiosa tendenza ad accumulare di tutto. (p. 9)

"Il treno dei bambini": sui binari della miseria del nostro Dopoguerra. Destinazione: il riscatto.

Il treno dei bambini
di Viola Ardone
Einaudi, 2019

pp. 240
€ 17,50 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

Ci sono pagine di storia del nostro Paese che vengono ricordate improvvisamente grazie alla potenza della narrazione. Ne Il treno dei bambini Viola Ardone ci porta nel 1946, quando il suo piccolo protagonista di sette anni viene mandato dalla madre al Nord, per partecipare al progetto di solidarietà organizzato dal Partito Comunista per strappare i bimbi alla povertà delle loro case, almeno per un po'. Amerigo Speranza, infatti, non ha che sua madre, a Napoli, e la speranza che porta nel cognome: porta scarpe bucate e la sua unica ricchezza è una scatola in cui tiene oggetti residuali che oggi butteremmo via senza neanche un rammarico, ma che per lui sono un tesoro. Anche comprare una pizza o una focaccia è difficile, per mamma Antonietta: ecco perché Amerigo se la cava come può, vendendo pezze al mercato o cercando lavoretti per portare qualche soldo a casa. Quindi il piccolo non si sottrae al viaggio, sebbene un po' impaurito e soprattutto imbottito di pregiudizi sul Nord e sui comunisti mangia-bambini. La realtà che si trova davanti, dopo il lungo viaggio, è ben diversa: la sua madre affidataria, Derna, è una donna sola, sindacalista, che non pensava di occuparsi di un bambino, ma che presto si affezionerà ad Amerigo.

Personaggi in cerca di casa: "Le mezze verità" di Elizabeth Jane Howard

Le mezze verità
di Elizabeth Jane Howard
Fazi Editore, 2019

Traduzione di Emanuela Francescon

pp. 330
€ 18,50 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)


Alice, figlia bruttina e trattata alla stregua di una serva, sta per convolare a tristi e mediocre nozze sotto lo sguardo compiaciuto del padre, il colonnello Browne-Lacey. Lei sta solo cercando di iniziare una nuova vita lontano da lì.
May, terza moglie del Colonello, guarda con apprensione l'enorme e gelido maniero dove vivono e pensa che non sia necessario tutto quello spazio per solo loro due.
Oliver, figlio di May, non ha intenzione di mettere a frutto né la sua laurea né la sua viva intelligenza, finalizzato com'è allo sposare una donna ricca che lo possa mantenere.
Elizabeth, sua sorella, che si ritiene sciocca e di poco valore, si sposta a Londra e, dal semplice lavoro come cuoca nelle case, incappa in un grande e avversato amore.
Elizabeth Jane Howard in questo romanzo Le mezze verità pubblicato per la prima volta nel 1969, con il garbo e l'acuta osservazione della psicologia umana che le è propria mette su carta una storia che risulta essere una delle commedie di costume più cupe che si possano immaginare.

Diciotto interviste, un carrarmato e un serbatoio: un libro di Serena Marchi racconta la politica italiana attraverso le lenti rosa del "pink tank"

Pink Tank.
Donne al potere. Potere alle donne

di Serena Marchi
Fandango Libri, 2019

pp. 208
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Recita un vecchio adagio: “donne e motori, gioie e dolori”. Ebbene: smascherando il doppiofondo maschilista nascosto in un proverbio che in fin dei conti equipara individui di sesso femminile a veicoli a ruote da pilotare, si potrebbe aggiungere che i patimenti non sono minori quando le figlie di Eva pretendono di occupare i sedili di guida alla pari dei discendenti di Adamo. Apriti cielo, apriti terra e apriti mare: fine di ogni edenico idillio, hic incipit vita politica. O perlomeno, così stanno le cose in Italia da molti (troppi) anni a oggi. Se ne chiacchiera più meno oziosamente da tempo, ma, dati e statistiche alla mano, se ne è oggettivamente convinta Serena Marchi, giornalista e scrittrice che per parlare di un argomento ad alta percentuale di scontro frontale ha messo al centro del suo ultimo libro un’idea interlocutoria plurale, tanto semplice quanto esplicita: intervistare diciotto esponenti delle pubbliche istituzioni nostrane per farsi raccontare dalla loro viva voce lo stato di salute della rappresentanza “rosa” nei luoghi in cui si decidono le sorti del Paese. Il risultato – per l’appunto e come da titolo del volume, appena pubblicato da Fandango – è un Pink Tank: un “carro armato” da condurre in quella che a tutti gli effetti ha ancora l’aspetto di una guerra per l’esistenza, ma anche un “contenitore” di risposte in prima persona e di ancor più utili domande.

"Il castello di Ipanema": il ritorno (con autogol) di Martha Batalha

Il castello di Ipanema
di Martha Batalha
Feltrinelli, 2019

Traduzione di Roberto Francavilla

pp. 272
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


A tre anni dalla pubblicazione dal suo primo libro, la storia dolce e amara di Euridíce Gusmão, Martha Batalha torna in Italia con Il castello di Ipanema, pubblicato da Feltrinelli. Anche questo secondo romanzo è ambientato nella zona di Rio de Janeiro, ma agli inizi del Novecento: quella che sarebbe diventata la spiaggia più famosa del Brasile, la paradisiaca Ipanema, è ancora una distesa di sabbia sconosciuta e disabitata. Ed è il luogo perfetto per la nuova casa di Johan Jansson, console svedese, e sua moglie Brigitta. La coppia non è delle più usuali, e non solo per i capelli biondi o l'esagerata altezza di Johan: Brigitta convive dalla nascita con delle voci che le dicono cosa fare. Il loro nido d'amore, con «facciata in stile moresco» e «retro gotico», una torre di quattro piani e un'ala Tudor, li rispecchia pienamente.
Attorno a questo primo, fiabesco insediamento sorgerà un quartiere popoloso, destinato a sopravvivere alla misteriosa fine dei due coniugi svedesi e alla diaspora dei loro figli.

Il sole in testa, il buio nel cuore: viaggio nella favela più grande del mondo con Geovani Martins

Il sole in testa
di Geovani Martins
Mondadori, ottobre 2019

pp. 132
€ 16 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)



La storia di Geovani Martins è un po' una fiaba, ma del mondo editoriale.
Inizia più o meno così: "C'era una volta un giovane nato a Rio de Janeiro e cresciuto con la madre a Vidigal, un quartiere molto povero nella zona sud della città..."
Se nasci e cresci nelle favelas c'è qualcosa che in ogni modo cercherà di instradare il tuo destino: il ragazzo smette presto di studiare e inizia a guadagnarsi da vivere come può.
Uomo-sandwich, venditore di bibite, lavora in strada e vive la strada per quello che è a Rio: un campo di battaglia. È proprio questa realtà a generare in lui una naturale curiosità, una propensione alla visione e all'ascolto attento di ciò che lo circonda.
Impara a leggere grazie alla nonna, ma impara a raccontare grazie alle favelas, al contatto il loro scenario umano complesso e cangiante, con il dolore, la corruzione, la povertà e la morte.
Inizia quindi a scriverlo questo mondo e un giorno il suo talento viene scoperto per caso al Flup, il Festival letterario delle favelas di Rio.