Tante piccole Itaca: "C'è di mezzo il mare" di Riccardo Finelli

C'è di mezzo il mare
Viaggio nelle micro-isole italiane
di Riccardo Finelli
Incontri Editrice, 2008

pp. 239
€ 15,00


Il concetto di isola ha del mistico. Poche cose come le isole evocano l'idea di viaggio, emigrazione, ritorno e nostalgia. Dalla petrosa Itaca di Odisseo all'arcipelago delle Faroe di Siri Ranva Hjelm Jacobsen, le isole sono un punto di arrivo e di partenza, hanno una capacità attrattiva da canto delle sirene
In aggiunta, l'isola porta che sé un'idea mitizzata del vivere in armonia con la natura che fa sospirare chi è costretto alla terraferma e chi, alzando lo sguardo dal proprio pc, non può spaziare sull'orizzonte azzurro.
In C'è di mezzo il mare di Riccardo Finelli si prendono in esame le micro-isole italiane: isole lontane dalla terraferma, isole poco collegate, isole con una forte connotazione culturale, isole che non si sono mai sentite nominare, cercando di rispondere alla domanda: come si vive al di là dell'acqua?

"L’opera di Berger è un invito a ri-immaginare; a vedere in modi diversi"

Paesaggi
di John Berger
a cura di Tom Overton
Edizione italiana e traduzione a cura di Maria Nadotti
Il Saggiatore, 2019

pp. 351
€ 39,00 (cartaceo)

Tanto vale dichiararlo subito: Paesaggi, la più completa raccolta di scritti di John Berger (1926-2017) su arte e letteratura, non parla di ciò che il suo titolo farebbe immaginare. O meglio, non ne parla nei termini convenzionali e prevedibili che sarebbe lecito aspettarsi da una simile dicitura. Nessuna trattazione sistematica, nessuna intenzione didattica, nessuna prospettiva accademica: se Tom Overton, curatore dell’edizione inglese, ha denominato Landscapes questa miscellanea è stato al fine di delimitare il terreno e offrire ai lettori uno spaccato della produzione più manifestamente teorica dell’autore, che qui – parallelamente a quella di pittore, critico, poeta, romanziere, sceneggiatore per il cinema e per il teatro – si mostra nella sua versione di saggista. Dunque, se di “topografie” e “geografie” pur sempre si tratta, anche queste non possono che essere sui generis, aperte come campi d’indagine esplorabili all’infinito, sempre un po’ più in rispetto a dove arrivano gli occhi; e del resto, come viene chiarito già nell’Introduzione (profetico il titolo: Abbasso gli steccati), «l’opera di Berger è un invito a ri-immaginare; a vedere in modi diversi» (p. 17). Soprattutto a vedere oltre i limiti, anche e specialmente quelli disciplinari.

"Fa tu adonque alle tue teste li capegli scherzare insieme col finto vento intorno alli giovanili volti, e con diverse revolture graziosamente ornargli": la Scapiliata di Leonardo da Vinci

La fortuna della Scapiliata di Leonardo da Vinci
a cura di Pietro C. Marani e Simone Verde
Nomos Edizioni, 2019

pp. 174
€ 24,90 (cartaceo)



Ah, i capelli! Esistono pochi topos letterari evocativi come quelli riguardanti le folte chiome, capaci di concentrare in sé la quintessenza delle più memorabili suggestioni muliebri. Romanzi e poesie abbondano di esempi in tal senso, ma la storia dell’arte non è da meno: tanto spesso, difatti, la bravura di pittori e scultori si è misurata con la resa di belle e credibili capigliature. Elemento intrigante e insidioso al tempo stesso, lo studio della pettinatura porta con sé quello sul movimento, ed è per questo che il virtuosismo tecnico – analitico come sintetico – risulta tanto più apprezzabile quanto più riesce a restituire non solo l’impressione di un’acconciatura semplice o sofisticata, ma anche lo scuotimento del capo o il passaggio del vento tra le ciocche. Proprio come accade nella Testa di donna, detta La Scapiliata (1492-1501 circa) di Leonardo da Vinci, opera non abbastanza nota del genio del Rinascimento eppure estremamente significativa, attualmente al centro di una mostra curata da Simone Verde e Pietro C. Marani alla Galleria Nazionale di Parma, presso il Complesso Monumentale della Pilotta. Se è vero che i cinquecento anni dalla morte del Maestro sono occasione per celebrazioni e iniziative direttamente proporzionali all’importanza di un simile anniversario, quella parmense sceglie una via peculiare, per così dire sineddotica: sia perché si concentra su un dipinto per parlare della ricerca dell’artista intesa comunque nel suo complesso, sia perché isola concettualmente una parte di quello stesso dipinto per intrecciare i fili del discorso leonardesco con quelli dei suoi predecessori, contemporanei e successori. Mentre il catalogo, già pubblicato da Nomos Edizioni, si rivela il perfetto complemento di un’iniziativa culturale e scientifica rigorosa e affascinante.

#CritiCOMICS - "Il principe e la sarta", una favola dal mondo del cross-dressing


Il principe e la sarta
di Jen Wang
Bao Publishing, 2019

pp. 288
€ 21,00 (cartaceo)



L’amicizia tra l’adolescente principe del Belgio e una sarta parigina, nucleo fondamentale del graphic novel Il Principe e la Sarta, basterebbe a far parlare di favola: del resto, la copertina del romanzo grafico di Jen Wang lascia subito intendere che sia quella la dimensione in cui dobbiamo immedesimarci. Il resto però è assolutamente controintuitivo: il coloratissimo volume dalla copertina rosa non nasconde una riedizione a fumetti di Cenerentola, ma una storia lontana da ogni canone a cui siamo abituati.
Pubblicato in Italia da Bao Publishing, “Il Principe e la Sarta” ci porta nella vita di un cross-dresser: è il principe ereditario Sebastian che, al riparo dai pettegolezzi del palazzo reale, ama travestirsi da donna. Incantato dalle creazioni di Frances, una modesta ma talentosa cucitrice, la assume a tempo pieno per dar vita ad abiti favolosi.
Quando indossa le stravaganti creazioni di Frances, l’insicuro Sebastian, alias Lady Cristallia, si sente forte come un guerriero. E così il principe inizia una doppia vita: di giorno, erede al trono stretto tra un pranzo ufficiale e le tante candidate al matrimonio; di notte, affascinante influencer dai capelli rossi, richiestissima nei salotti più esclusivi di Parigi.

Il lirismo ieratico di "Gun love", l'ultimo romanzo di Jennifer Clement


Gun love
di Jennifer Clement
traduzione di Silvia Castoldi
Bompiani, 2019

pp. 264
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

All’inizio rimasi zitta. E poi fui molto grata per il fatto che il mio cuore battesse da solo, perché sapevo che non sarei mai stata capace di farlo funzionare se fosse dipeso da me. I battiti indipendenti del mio cuore, che lavorava anche se succedevano cose terribili, mi riempirono di tenerezza per il mio corpo e la mia vita insignificante. (p. 136)

Due sono gli elementi che rendono la prosa di Clement altamente lirica, a tratti sconfinante nella poesia: il suo continuo attingere al repertorio biblico e  country da un lato e il frequente ricorso alle immagini.
Nel primo caso Clement riesce, attraverso l’uso di un repertorio comune e fortemente iconico, a imprimere nella mente del lettore i due sentimenti dominanti di Gun love, ossia la severità di una vita dominata dal dovere e la dolcezza dell’amore materno che con quella severità deve avere a che fare; elementi, questi due, che si intersecano e vivono all’interno di Margot, madre della piccola protagonista Pearl, un personaggio bellissimo e difficilmente dimenticabile, che lotta per mantenere un equilibrio sempre più precario fra i due piatti della bilancia perché è consapevole che una vita di soli doveri è vuota e triste, mentre una di solo amore rischia di rendere deboli e inadatti al mondo spietato che esiste là fuori – e per “là fuori” è da intendersi: senza di lei, senza la figura materna, unico punto di riferimento di una bambina cresciuta senza una famiglia, senza una casa che possa definirsi tale.

Noi allo specchio: tra Narciso e Vergogna

L’insostenibile bisogno di ammirazione
di Gustavo Pietropolli Charmet
Laterza, 2018

pp. 176
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,90 (ebook)





La psicologia di ciascuno di noi sta subendo una trasformazione nel rapporto con sé stessi e con gli altri, tanto che il senso di colpa sta via via scomparendo a favore di una vergogna causata dalle aspettative insoddisfacibili della nostra società. Il rimorso era un attestato di potere – quello di nuocere, di poter influenzare la vita altrui – che ci inseriva dentro una comunità. Ora che un generale senso di impotenza si diffonde, ciò che ci rimane è solo l’inadeguatezza di non esistere per gli altri, sentimento che scontiamo mettendoci in vetrina. La questione non è più se il mutamento è in corso, ma la sua precisa fisionomia: L’insostenibile bisogno di ammirazione prova a farne un ritratto.

#PagineCritiche - Michela la Sanguinaria ci spiega come diventare fascisti



Istruzioni per diventare fascisti
di Michela Murgia
Einaudi, 2018

pp. 100
€ 12 (cartaceo) 

Quelle che seguono sono quindi istruzioni di metodo e in particolare istruzioni di linguaggio, l'infrastruttura culturale più manipolabile che abbiamo. Perché mai uno dovrebbe rovesciare le istituzioni se per ottenerne il controllo gli basta cambiare di segno a una parola e metterla sulla bocca di tutti? Le parole generano comportamenti e chi controlla le parole controlla i comportamenti. È da lì, dai nomi che diamo alle cose e da come le raccontiamo, che il fascismo può affrontare la sfida di tornare contemporaneo. Se riusciamo a convincere un democratico al giorno a usare una parola che gli abbiamo dato noi, quella sfida possiamo vincerla. E vinceremo. 
Michela Murgia nel suo ultimo saggio gioca. Mette in pratica il pericoloso gioco di essere una “moderna fascista”, intenzionata a voler smascherare tutti i “falsi democratici”, partendo col prendersela con la democrazia. In questo gioco le regole sono spietate e la scrittrice prende in giro, sbeffeggia un po' tutti in maniera così seria ‒ ma solo in alcuni passaggi ‒ che a tratti potrebbe quasi sembrare drasticamente credibile e convinta. 
In alcune pagine il gioco si fa pesante, sembra quasi voglia convincere il lettore, con tutte le argomentazioni più contemporanee e d'attualità, che “essere fascista è meglio”. 
La scrittrice si impegna, ma il lettore che non è sprovveduto, saprà riconoscere la geniale sagacia e la sottile astuzia perpetuata da un capitolo all'altro. 
L'autenticità di questo “manuale” sta infatti nel riproporre concetti banali, beceri, imbarazzanti che quotidianamente sentiamo e leggiamo ovunque ‒ dalla televisione, ad alcuni quotidiani, persino al bar nei tavoli vicini‒ , spesso motivati e legittimati pure dall'autrice. Murgia ce li sbatte in faccia, ci costringe a leggerli, ci mette in allerta ‒ a ragion veduta ‒  da ciò che sta accadendo in Italia in questo periodo. E lo fa richiamando vecchi contenuti politici che di questi tempi, come l'Araba Fenice, sono “risorti” (anche se la scrittrice evidenzia che non sono mai “morti”) e con le ali sporche di naftalina e sangue stanno tornando in auge. 

"Come diventai monaca": l'immaginazione dirompente di un geniale scrittore troppo poco conosciuto

Come diventai monaca,
di César Aira
Fazi, 2019

Traduzione di Raul Schenardi

pp. 110
€ 16,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Come diventai monaca è la storia di un inganno, perpetuato dal narratore al lettore e dal narratore in prima persona al protagonista, cioè a se stesso. César Aira scrive un racconto lungo che in un fiato ti immerge nel suo mondo dall’immaginazione vorticosa e magnetica, ti spiazza e ti assorbe in un'ora di forsennata lettura che non vorresti finisse mai.
Così inizi a leggere e sei un bambino di sei anni, uno strano bambino morbosamente sensibile. Hai sempre vissuto a Coronel Pringles, nell'Argentina rurale, e quando i tuoi genitori decidono di andare a vivere a Rosario non puoi fare a meno di fantasticare sulla vita in una grande città: le strade, i palazzi, la gente. Fino al giorno in cui assaggi per la prima volta il gelato. Tuo padre te ne ha parlato fino allo spasimo, di questo gelato, tanto che ormai ti aspetti chissà che: invece, quando lui ti offre un bel cono alla fragola, scopri che il tanto decantato dolce fa veramente schifo. Allora tuo padre insiste, deluso dal tuo disappunto, ti forza a ingurgitare quel gelato alla fragola, fino a provocarti conati di vomito. Esasperato dal tuo ostinato rifiuto, lo assaggi e scopri che è immangiabile, guasto, marcio. Ne segue un alterco violento col gelataio, che finisce con tuo padre che con gli occhi iniettati di sangue sbatte la faccia del negoziante nella vaschetta del gelato alla fragola, fino a che l'uomo non si muove più. Lui finisce in prigione, mentre tu all'ospedale in gravi condizioni: avvelenamento da cianidi alimentari, sei l’ennesima vittima dei pazzi che in tutta l’Argentina stanno seminando il terrore con questi attentati di avvelenamento. Quando guarisci inizia la scuola, ma la inizi in ritardo scoprendo di essere l’unico ormai a non sapere né leggere né scrivere quando tutti gli altri ragazzi a quel punto avevano già imparato a farlo.

Il Salotto - "Quant'è bella la vita da esseri liberi": intervista a Maurizio Fiorino

Non sono io che ho scelto Nato, è Nato che ha scelto me. Da tempo mi interesso di narrativa che affronta, in forme e linguaggi differenti, ma sempre con grande coraggio, con un'onestà spesso disturbante, le problematiche famigliari, le difficoltà dell'essere genitori, o dell'essere figli. Il romanzo di Maurizio Fiorino (trovate qui la recensione) deriva la sua efficacia dalla capacità di disinnescare attraverso un sistematico alleggerimento, che mai comunque banalizza, una situazione potenzialmente tragica. Come può crescere, in una famiglia del profondo Sud, che aderisce a valori tradizionali pur senza essere affatto tradizionale, un bambino profondamente, irriducibilmente, diverso? Come si definisce l'identità in un percorso di crescita costellato di elementi ostili? Queste sono solo alcune delle domande che la lettura solleva. Nato, osservando la realtà in cui è inserito da una prospettiva esterna, accetta i suoi cari ben prima di essere da loro accettato, ma anche di riuscire ad accettare se stesso. E del resto questi tre processi risultano, nel romanzo, profondamente interrelati, si condizionano reciprocamente. Per andare più a fondo, e soprattutto per conoscere meglio Nato, ho approfittato della disponibilità di Maurizio Fiorino, che ha subìto con grande spirito la mia incursione nel suo privato.  

Ora che sono nato
di Maurizio Fiorino
edizioni e/o

pp. 184
LEGGI LA RECENSIONE
Ora che sono nato è un romanzo di formazione, ma è anche a suo modo una saga famigliare. L'elemento particolare è che, a parte Nato, nessuno cambia davvero: alla fine il protagonista si troverà a dover accettare i suoi parenti esattamente come sono, carichi di incongruenze e di difetti. I tratti buffi, a volte grotteschi, dei comprimari sono però uno degli elementi di forza del romanzo, tanto che alcuni di loro – come Tina Griace – risultano talmente "veri" che finiscono per essere amati dal lettore nonostante facciano una parte pessima. Come mai, secondo te? 
Credo sia dovuto al fatto che il libro è stato scritto come una sorta di pièce teatrale, o meglio il ruolo del protagonista, Nato, è quello dello spettatore. Il pubblico, paradossalmente, conosce molto più Nato di quanto lui conosca sé stesso. Come se il protagonista, a un certo punto della sua vita, invece di continuare a recitare, sia sceso dal palcoscenico, si sia messo comodo e abbia continuato ad assistere allo spettacolo che gli offriva la sua famiglia, quindi il mondo intero, visto che da bambini la nostra famiglia è il mondo intero. Ho cercato di ricreare un po' il paradosso pirandelliano – o pannelliano e alleniano, sono un fan sfegatato di Woody Allen: personaggi, o mostri sacri dipende dai punti di vista, per i quali alcune situazioni devono essere portate al loro limite estremo per meglio essere comprese.

"L'isola delle anime" di Piergiorgio Pulixi, una Sardegna ancestrale di demoni e riti

L'isola delle anime
di Piergiorgio Pulixi
Rizzoli, 2019

pp. 364
€ 19,00

Tutti i poliziotti ne hanno almeno uno: un caso irrisolto che ha tolto loro il sonno, che anche a distanza di anni li tormenta, svegliandoli nel cuore della notte con staffilate di sensi di colpa, raffiche di ricordi e immagini impossibili da dimenticare. E se sei troppo giovane per averne uno, lo erediti da qualche investigatore più anziano di te. Come un passaggio di testimone. 

L'ultimo romanzo di Piergiorgio Pulixi, L'isola delle anime, è incentrato su un caso irrisolto, cold case, una di quelle inchieste che avvelenano il passato e il presente di detective che non hanno mai trovato risposte alle proprie domande. 
Dopo aver raccontato ne Lo stupore della notte una Milano sotto minaccia terroristica, questo romanzo lo riporta nella sua terra, la Sardegna. Un'isola ancestrale e rurale, con un'antica storia di violenza che è stata poco esplorata e che per questo la rende patria poco consueta, e di conseguenza molto interessante, per costruire un noir.

"Paradiso e inferno" di Jón Kalman Stefánsson, un romanzo fatto di parole meravigliose:

Paradiso e Inferno
di Jón Kalman Stefánsson
Iperborea, 2015

Traduzione di Silvia Cosimini

pp. 256 
€ 17 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

Ci sono parole che hanno il potere di cambiare il mondo, capaci di consolarci e asciugare le nostre lacrime. Parole che sono palle di fucile, come altre sono note di violino. Ci sono parole che possono sciogliere il ghiaccio che ci stringe il cuore, e poi si possono anche inviare in aiuto come squadre di soccorso quando i giorni sono avversi e noi forse non siamo né vivi né morti. (p. 63)
Di parole meravigliose, è fatto questo romanzo, Paradiso e Inferno. Una lettura ricchissima, stratificata, lirica e fuori dal tempo, che si apre a molteplici spunti e chiavi interpretative, capace di toccare le corde più intime del lettore. Romanzo di formazione, avventura iniziatica, una storia fatta di tante storie: è viaggio in una terra lontana, l’Islanda selvaggia e struggente, racconto di un’amicizia assoluta, di perdita, di morte e di vita, di solitudine, di incertezze e desiderio.
Una piccola perla, pubblicata per la prima volta in italiano da Iperborea nel 2011, che personalmente ho scoperto un po’ per caso e letto insieme al gruppo di lettura che coordino, certa che avrebbe suscitato un dibattito interessante, che il romanzo fosse piaciuto o meno. Perché lì, nella storia del Ragazzo e del suo amico Bárour, pescatori di merluzzo ma nell'animo poeti, ho trovato momenti di grazia e lirismo assoluti, capaci di trascendere il tempo e lo spazio.

#CriticARTe - Sofonisba Anguissola, la pittrice dell'anima

Sofonisba. I ritratti dell'anima
di Chiara Montani
il Ciliegio edizioni, 2018

pp. 340
€ 18,00 (cartaceo)
€ 4,99 (e-book)

«I vostri ritratti non si limitano a cogliere alla perfezione l'impressione registrata dai vostri occhi. Sono molto di più... Più di quanto sia mai riuscito a realizzare io stesso. Raggiungono la vera essenza dei vostri modelli, le loro emozioni, i loro pensieri. In una parola, la loro anima. Vi dissi un giorno che questa era un'abilità che non avrei potuto insegnarvi. Allora non potevo sapere che fosse già profondamente parte di voi».
Queste sono le parole, ammirate e turbate, che il famoso pittore Bernardino Campi, nel 1559, rivolge a una giovane donna, in procinto di partire per Madrid come dama di corte e insegnante di disegno della regina Isabella. Una giovane donna che da ragazzina era stata sua allieva nella piccola Cremona, ma che in quel momento si preparava a diventare una protagonista del suo tempo, una delle poche donne pittrici che, tra Cinque e Seicento, ebbero la forza e il valore di imporsi nella storia dell'arte: Sofonisba Anguissola. Cremonese di nascita (e non nascondo un moto di orgoglio per questa mia illustre concittadina), Sofonisba fin da ragazzina espresse questo suo straordinario talento, coltivato e stimolato dalla passione paterna per le arti (anche quattro delle sue sorelle furono pittrici, senza però arrivare alle sue vette).

Dove è finito lo Stradivari? Il nuovo giallo di Marco Ghizzoni ci riporta a Cremona

Gli accordi di Stradivari
di Marco Ghizzoni
Tea, 20 giugno 2019

pp. 320
€ 14 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)



Con Gli accordi di Stradivari Marco Ghizzoni ci riporta nella sua Cremona per un nuovo caso da risolvere, che coinvolge un'altra delle istituzioni più famose della città: il museo del violino, dove uno straordinario Stradivari è scomparso. Bisogna dirla tutta, però: il violino, tirato fuori dalla teca per essere suonato a teatro, non è mai stato rimesso a posto, perché il custode del museo ha pensato bene di schiacciare un pisolino anziché correre a sistemare lo strumento! D'altra parte, sono in pochi a riconoscere lo Stradivari e a capirne il valore incommensurabile, o almeno a riconoscere il suo valore artistico, la straordinarietà del suono, croce e delizia di ogni liutaio successivo, che ha provato a replicare il capolavoro, senza mai riuscirvi. Lo sa bene anche il giovane Peter van Basten, che ha deciso di lasciare la sua Olanda per trasferirsi a Cremona e tentare di migliorare la sua abilità da liutaio. Del suo arrivo si sono accorti in tanti: un collega geloso, ma anche il commissario Valentina Raffa, attratta dall'avvenenza di Peter e da un po' di tempo a corto di corteggiatori (anche perché non si accorge dei sentimenti del suo sottoposto, Tranquillo, che resta - nomen omen - fedele e a lei subordinato). 

"Denti bianchi" di Zadie Smith: un romanzo sull'integrazione e la ricerca di identità

Denti bianchi
di Zadie Smith
Oscar Mondadori, 2017

Traduzione di Laura Grimaldi
1^ edizione in lingua originale: 2000

pp. 546
€ 14,50 (cartaceo) 
€ 7,99 (ebook)

Immaginiamo gli immigranti costantemente in movimento, liberi da pastoie, capaci di cambiare rotta in ogni attimo, capaci di impiegare a ogni mutamento il loro leggendario spirito d'iniziativa. Ci è stato raccontato dello spirito d'iniziativa del signor Schmutters, o della scioltezza d'azione del signor Banajii, che veleggiano fino a Ellis Island o Dover o Calais e sbarcano su una terra straniera come persone nuove, libere da qualunque tipo di bagaglio, felici e disposte a lasciare sul molo le loro diversità per cogliere le opportunità di questo nuovo posto, per amalgamarsi con l'unicità di questa verdepiacevolelibertariaterradellalibertà [...] Magid e Millat non ne erano capaci. 
Zadie Smith aveva solo ventitré anni quando ha scritto Denti Bianchi. È straordinario che la sua prima prova sia una delle opere più mature della sua produzione, con una struttura così solida e una visione lucida del contesto contemporaneo.
Denti bianchi è un'epopea sociale scritta alle soglie di un nuovo millennio da un'autrice cresciuta alla fine del Novecento, ma è anche molto altro. È una narrazione più che mai attuale sulla migrazione, la ricerca d'identità e il processo di integrazione.

#CritiCinema - "Juliet, Naked". Ma soprattutto, ovviamente, c'è la musica

La musica è uno dei grandi fili conduttori dei libri di Nick Hornby e una delle sue grandi passioni (dopo il calcio).
Come dimenticare John Cusack, il suo negozio di dischi e la passione per le top five nella versione di Alta fedeltà girata nel 2000 da Stephen Frears?


I fan esultino: Juliet, Naked, diretto da Jesse Peretz e in sala dal 6 giugno (tratto dal romanzo edito Guanda tradotto in italiano con il titolo di Tutta un'altra musica) ci va molto vicino.

I simpatizzanti siano contenti: è una commedia romantica di quelle stile anni Novanta che ci si può non vergognare di essere andati a vedere al cinema.

Annie e Duncan vivono in una tranquilla cittadina inglese, Sandcliff: lei (Rose Byrne) gestisce un piccolo museo cittadino, lui (Chris O' Dowd) è professore all'università. Una relazione stabile e quieta che si scontra con una passione al limite dell'ossessivo di Duncan per una rockstar scomparsa dalle scene da anni.
Quello di Duncan per Tucker Crowe e per il suo album Juliet, Naked, è, in realtà, più una specie di culto, condiviso con uno sparuto gruppetto di frequentatori del suo forum, coi quali passa le nottate a esaminare minuziosamente la (breve) carriera del cantautore e costruire teorie perlopiù improbabili.

Il mondo come "fonte di alterità e bellezza" nella botanica poetica di Francis Hallé

Atlante di botanica poetica
di Francis Hallé
In collaborazione con Éliane Patriarca
L’ippocampo, 2019

Titolo originale: Atlas de botanique poétique
Traduzione di Giovanni Zucca

pp. 123
€ 19,90  (cartaceo)


Perché parliamo di vandalismo quando viene distrutto un capolavoro dell'uomo, mentre chi distrugge i capolavori della natura si nasconde così sovente dietro parole come progresso e sviluppo? (p. 7).
È citando la primatologa britannica Jane Goodall che il biologo francese Francis Hallé introduce il suo Atlante di botanica poetica: un'opera curiosa, che esplora gli incontri più stravaganti fatti dall'autore nel corso delle sue esplorazioni delle foreste pluviali. Le piante descritte vengono suddivise in cinque sezioni sulla base di diverse caratteristiche, volte a suscitare la curiosità del lettore comune: l'eccezionalità, le capacità adattative, la coevoluzione con determinate specie animali, le specificità comportamentali e le singolarità biologiche. Trait d'union del volume è il desiderio di celebrare il patrimonio naturalistico come "fonte di interesse e novità, ma anche di alterità e bellezza" (p. 7), allo scopo di incentivare le azioni volte alla sua tutela.

L'epoca degli dèi e quella dei miti nei racconti di Alessandro Mauro



Basilio
di Alessandro Mauro
Augh!, 2019

pp. 140 
€ 13 (cartaceo)

«Certi ragazzini se ne stanno dietro perché la linea di fondo li fa sentire protetti. Non sai bene dove ti trovi né come ci sei finito, e almeno hai voglia di startene con le spalle al muro, e ti sembra che da dietro nessuno possa attaccarti. Dietro, a parte la porta, ci sono meno pericoli» (p. 59).
Se dovessi ricorrere a un’immagine per descrivere il periodo dell’infanzia e della prima adolescenza userei uno dei quadri di Caspar David Friedrich, nello specifico Landscape with Mountain Lake, Morning. In quest'opera un pastore e il suo bastone sono raffigurati minuscoli nell’angolo in basso a sinistra, a poca distanza da tre animali da pascolo. Dietro di loro un lago e sullo sfondo le montagne enormi, che occupano circa metà quadro, rivelano un cielo dalle tinte cerulee. Come nella maggior parte delle opere dell’artista, la bellezza nasce dalla contrapposizione fra la piccolezza e la caducità degli esseri umani e la vastità eterna di una natura incontaminata e terribile.

#CritiCOMICS - L'amicizia galleggia sul fiume: "Celine & Ella" di Miba e Josh Prigge

Celine & Ella
; Dear my gravity
di Miba – Josh Prigge
Bao Publishing, 2019

pp. 138
€ 21,00 (cartaceo)
€ 8,73 (ebook)


Celine & Ella nasce nell’ambito di un progetto grafico e narrativo più ampio, che trae spunto esplicitamente – come rivela la postfazione degli autori – dall’esperienza biografica di Josh Prigge, adottato negli Stati Uniti da bambino e tornato in Corea del Sud soltanto in età adulta. 
Attraverso l’amicizia delle due protagoniste, che hanno dei trascorsi differenti, ma ugualmente difficili, alle spalle, il romanzo affronta trasversalmente tematiche fondamentali, come il sentimento della diversità, l’inclusione sociale, lo spaesamento, la difficoltà di accettare l’handicap, il senso di inadeguatezza. Diciassette anni, ancora tante incertezze circa il futuro, Celine e Ella, che frequentano la stessa scuola da anni, e per anni si sono studiate da lontano, trovano finalmente l’occasione (e il coraggio) di parlarsi. Scatta così un’amicizia immediata, istintiva, basata sulla delicatezza e il rispetto con cui ciascuna delle due ragazze riesce a farsi strada oltre la corazza difensiva dell’altra. Entrambe infatti sono gravate da un’esperienza negativa, a suo modo traumatica, che le blocca, le tiene ancorate alle loro paure, alla resistenze interne: è la gravità a cui fa riferimento il titolo, inizialmente vissuta come un freno, un limite, e poi – rielaborata grazie a una nuova prospettiva e a un tormentato percorso di accettazione – riscoperta come elemento costitutivo di un percorso, punto di riferimento: il dolore che Celine e Ella hanno attraversato, non è stato solo un peso, ma ha conferito loro peso, spessore, sensibilità.

#CriticaNera - Atmosfere hitchcockiane nel tribunale degli uccelli

Il tribunale degli uccelli
di Agnes Ravatn
Marsilio, collana Farfalle, 2019

Traduzione di Maria Valerio D’Avino

pp. 208
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Il contrasto tra l’atmosfera fiabesca del paesaggio e la crudezza della storia rende questo romanzo travolgente. L’autrice è una delle scrittrici più interessanti della letteratura norvegese contemporanea e con questo romanzo, tradotto già in dodici paese, dà prova della sua grande maestria nel raccontare con sapienza e ironia una vicenda cupa, mettendoci in contatto con le paure dei suoi personaggi. 
Il cuore accelerò i battiti a mano a mano che penetravo nel silenzio del bosco. Di tanto in tanto il grido di un uccello, il resto erano latifoglie grigie e nude, intrichi di rami e qualche ginepro verdeazzurro nel sole pallido di aprile. (p. 7)

L'amore alla prova della rivoluzione: il nuovo libro di Ahmet Altan

Amore nei giorni della rivolta
di Ahmet Altan
edizioni e/o, 2019

Traduzione di Barbara La Rosa Salim

pp. 509
€ 19,00 (cartaceo)



Diciamolo subito: leggere Ahmet Altan non è facile; recensire un suo libro lo è ancora meno. Perché parliamo di romanzi storici ambientati in una parte del mondo, la Turchia, che già nel presente fatichiamo a comprendere. Perché Ahmet Altan è in carcere dal 2016 con l’accusa, in sostanza, di fomentare i terroristi diffondendo messaggi subliminali. Perché nei suoi libri parla di potere, governi e rivoluzioni, temi di fronte ai quali non è semplice rimanere obiettivi, viceversa è comodo cadere nella tentazione di schierarsi o trovare collegamenti col presente a tutti i costi.
Messe in chiaro queste premesse, possiamo approcciare Amore nei giorni della rivolta, l’ultimo romanzo dello scrittore turco, con più serenità, come un romanzo sull’amore e sulle sue giravolte nel contesto di una (storica) cruenta rivoluzione.
Pubblicato da e/o, è il secondo capitolo del cosiddetto Quartetto Ottomano e vi ritroviamo gli stessi personaggi e alcuni dei temi già incontrati nel precedente Come la ferita di una spada.

Il romanzo per ragazzi che ha attraversato il tempo diventando un classico: "Abigail" di Magda Szabó

Abigail
di Magda Szabó
Edizioni Anfora, 2017 (seconda edizione riveduta)

Traduzione di Vera Gheno

pp. 424
€ 18,00 


Il 2019 è stato il mio anno ungherese. Non solo ho visitato Budapest per la prima volta, ma ho anche ricevuto il battesimo letterario magiaro grazie a Edizioni Anfora, una piccola casa editrice indipendente milanese che pubblica libri dal centro Europa, con una grande attenzione verso l’Ungheria. E mentre stanno lavorando per far conoscere ai lettori italiani voci pressoché sconosciute ai più (tra cui Dezső Kosztolányi), io ho iniziato con Magda Szabó e il suo Abigail

#CritiCOMICS - Una stella che brucia: il "ritratto sentimentale di Primo Levi" di Pietro Scarnera

Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi
di Pietro Scarnera
Comma 22, 2013

pp. 240 
€ 14,00




Troppo spesso, nell'affrontare il percorso umano e letterario di Primo Levi, si tende a ragionare per semplificazioni, a inquadrarlo all'interno di categorie predefinite: il sopravvissuto ad Auschwitz, l'uomo equilibrato, il suicida. Eppure un'interpretazione di questo genere finisce per sacrificare le molte sfaccettature di un personaggio complesso. 
In Levi ci sono infatti più anime, e la biografia illustrata di Pietro Scarnera ne mette in rilievo almeno tre (il testimone, il chimico, lo scrittore), mostrando come ognuna di esse sia profondamente interrelata alle altre – tanto da rendere imprescindibile quella che Marco Belpoliti, nella Prefazione, definisce una rilettura "in diagonale" dell'opera dell'autore. Primo Levi fu, come la nana bianca protagonista di uno dei racconti di Lilìt, una "stella tranquilla": saggio e pacato nei suoi interventi, in realtà figura inquieta, all'interno della quale bruciava una passionalità mai domata. Di questo resta traccia evidente nei suoi scritti, come si può osservare nel contrasto che si crea tra la violenta invettiva della poesia incipitaria di Se questo è un uomo e l'approccio più investigativo, razionale, all'esperienza concentrazionaria delle pagine che seguono.

"La Legge dell'Equilibrio": a cosa possiamo rinunciare per la pace tra i pianeti?

La Legge dell'Equilibrio
di Dario Boemia
bookabook, 15 maggio 2019

pp. 241
€ 16 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook - disponibile anche per Kindle Unlimited)


La Legge dell'Equilibrio, oltre al divieto di viaggiare e di trasferirsi altrove, vietava qualsiasi comunicazione tra gli abitanti di diversi pianeti. D'altra parte, non interessava a nessuno parlare con persone provenienti dagli altri mondi. E nessuno sembrava soffrire per questa proibizione, anzi, più lontani stavano e meglio era. (p. 143)
Il giovane Guido, fin da piccolissimo, ha un desiderio: viaggiare oltre i limiti del suo pianeta, esplorare il resto della Confederazione e ritrovare su Brahe Anna, la sua coetanea, nata anzi a pochissima distanza da lui, con cui ha condiviso letteralmente i primi respiri in ospedale. Come fare, però, visto che la Legge dell'Equilibrio permette di trascorrere solo un giorno ogni cinque anni su un altro pianeta? Per il resto, le comunicazioni sono vietate, né, d'altra parte, agli abitanti di Hubble interessa scrivere o sentire qualche abitante degli altri pianeti. L'intelligenza brillante di Guido sarebbe certamente sprecata, se il ragazzino proseguisse il lavoro di ciabattino del padre; tuttavia, il suo quoziente intellettivo superiore alla media potrebbe essere un problema, soprattutto quando il protagonista inizia a porre domande scomode sul passato della Confederazione, sui padri fondatori.

Ritorno a Procida: "Tutto sarà perfetto" di Lorenzo Marone


Tutto sarà perfetto
di Lorenzo Marone
Feltrinelli, 2019

pp. 298
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Infilo la giacca e mi affaccio nella stanza di papà: lo trovo che si è assopito seduto sul letto, con il capo appoggiato alla testiera e la bocca spalancata dalla quale esce un rantolo sinistro. Mi scopro a fissarlo un po’ troppo a lungo, intimorito dalla posa innaturale che gli deforma il viso. Non è la morte in sé a terrorizzarmi, ma lo scampolo di vita che siamo costretti a portarci dietro prima dello stop, quel ritaglio inutile che non sappiamo più come riempire. (pp. 23-24)
Prendete Andrea, un quarantenne non ancora entrato nell’età adulta – scapolo, senza figli, con un lavoro saltuario, interessato alle frequentazioni più che alle relazioni stabili – e unitelo a un anziano al termine della propria vita per una malattia incurabile e che in passato non è stato affatto presente nella vita dei figli. Aggiungete una serie di divieti imposti al protagonista dalla sorella per salvaguardare la salute del padre e stendete il tutto su un’isola in cui la famiglia (in)felice ha trascorso gli anni – un’isola abbandonata ma mai dimenticata – e avrete il romanzo in cui, alla fine, tutto sarà perfetto.
Si sa – ce lo insegna King in On writing e ce lo insegnano i testi e i corsi di scrittura creativa – che in narrativa e in letteratura esistono in genere degli step fondamentali che, partendo dall’incipit e correndo lungo la trama, portano quest’ultima al compimento, ossia al finale: il protagonista, per poter risolvere il problema che gli si para davanti, deve affrontare un percorso di cambiamento durante il quale verrà aiutato da alcuni personaggi e ostacolato da altri, e così facendo potrà raggiungere il proprio obiettivo; in questo modo lo ritroveremo, nelle ultime pagine, maturato rispetto alle prime, proprio a causa del percorso compiuto. Questo è, in sintesi, il modo in cui funziona un testo di narrativa: incipit, problema, evoluzione, trasformazione, conclusione.
Se è vero tuttavia che così vanno le cose, è anche vero che alcuni testi sono migliori di altri nel celare le impalcature che reggono questi passaggi; le quali, riprendendo un’immagine che ho usato altrove, se troppo evidenti risultano come un microfono ad asta che compare nel bel mezzo di un film in bianco e nero, oppure (per usarne una nuova) un bicchiere di Starbucks dimenticato sul set durante le riprese.

#CriticARTe - "Il pittore e il collezionista, per l'arte e per l'affetto": una mostra a Villa Mirabello a Varese celebra il legame tra Renato Guttuso e il suo amico collezionista Francesco Pellin

Renato Guttuso a Varese.
Opere della Fondazione Pellin
a cura di Serena Contini
Nomos Edizioni, 2019

pp. 96
€ 18,90 (cartaceo)



Giugno 1974, Isola di Ischia, hotel Regina Isabella, bordo piscina: è una cornice tutto sommato piuttosto glamour quella in cui si conoscono Renato Guttuso e Francesco Pellin, entrambi ospiti dello stesso albergo in compagnia delle rispettive mogli, Mimise e Adriana. Il primo (Bagheria, 2 gennaio 1912 – Roma, 18 gennaio 1987) è uno dei pittori più importanti e impegnati politicamente del secondo dopoguerra, mentre il secondo è un imprenditore con la passione per l’arte. La simpatia è immediata, accresciuta dal fatto che i due sono, per così dire, dirimpettai: il siciliano, che pur risiede a Roma, ha una casa di villeggiatura a Varese che usa anche come studio, mentre l’altro abita a Busto Arsizio. Nasce così, per di più impreziosito dall’occasione del premio cinematografico Angelo Rizzoli, un rapporto di reciproca stima che durerà per anni, destinato a evolversi secondo modalità che sembrano debitrici dalla fantasia di uno sceneggiatore: si, perché non solo Francesco Pellin sarà, fino alla morte del Maestro, uno dei suoi più cari amici e confidenti, ma diventerà intenzionalmente anche il suo più esclusivo e devoto collezionista. Proprio questo legame rivive oggi in una mostra attualmente in corso al piano terra di Villa Mirabello a Varese, visitabile fino all’inizio del nuovo anno, e di cui Nomos Edizioni ha appena dato alle stampe il catalogo.

Una monumentale lettera d'amore all'Italia: "Il rumore del mondo" di Benedetta Cibrario


Il rumore del mondo
di Benedetta Cibrario
Mondadori, 2018

pp. 756

€ 22,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)



Un grande cliché quando si parla di romanzi storici, specie quelli d’ampio respiro, è l’uso di un lessico rubato al mondo delle arti visive, specie della pittura. Diciamo, quasi senza pensarci, che l’autore ha dipinto un grande quadro di questo o quel contesto storico e culturale. Se vogliamo essere ancora più specifici, commentiamo la qualità delle pennellate – rapide, impressionistiche o perfettamente amalgamate – e la palette di colori scelti. Come lettori, lo facciamo perché un libro è sempre un’esperienza sinestetica. Un buon romanzo è una buona storia scritta ad arte; un grande romanzo è questo ma è anche un turbine di colori, suoni, sapori ed esperienze tattili capace di insegnarci qualcosa di più sul genere umano. Il rumore del mondo di Benedetta Cibrario è tutto questo, e anche di più. Questo romanzo è un progetto ambizioso che ha l’imponenza di una cattedrale e l’intima delicatezza di una conversazione tra amici.

Quando nel 1838 Anne Bacon, fresca di nozze, parte dalla sua Londra per raggiungere il marito Prospero a Torino, tutto ha il delizioso sapore del futuro e della possibilità. Bastano poche pagine, però, per scoprire che è accaduto l’irreparabile: durante il viaggio, Anne è stata contagiata dal vaiolo e, sebbene sia sopravvissuta, il suo viso è stato irreparabilmente sfigurato dalle cicatrici. Non è, e non sarà mai più, la ragazza in fiore di cui un nobile torinese si è innamorato tra una visita a un club e l’altra. Quando, al suo arrivo in Italia, Prospero e Anne si incontrano per iniziare finalmente la loro vita da marito e moglie, qualcosa si è già irrimediabilmente avvizzito. Parte da questo dramma in sordina, microscopico nella sua domesticità, un romanzo stupendamente manzoniano nel migliore dei modi possibili; con quel tocco di malinconia che, però, chi come me ha amato Il Gattopardo potrà riconoscere e apprezzare. La vita di Prospero e Anne incarna perfettamente lo sterotipo tolstoiano secondo cui ogni matrimonio è infelice a modo proprio; sullo sfondo di questo topos narrativo prevedibile e ben eseguito, però, si svolge la storia.

Perché la vicenda era stata tanto spaventosa? - Tu lo comprenderai facilmente: "Giro di vite" di Henry James

Giro di vite
di Henry James
Einaudi, 2014

Traduzione di Fausta Cialente
1^ edizione in lingua originale: 1898

pp. 180
€ 9 (cartaceo)
€ 0,99 (ebook)


Se state cercando una storia di fantasmi, Giro di vite è un romanzo breve perfetto, paradigmatico del genere gotico: riunitisi attorno al fuoco la sera della Vigilia di Natale, alcuni amici si raccontano storie di paura. Quando viene il suo turno, Douglas promette di suscitare l'inquietudine di tutti leggendo il manoscritto giuntogli da una donna morta vent'anni prima. E così ci immergiamo nel racconto in prima persona di lei, un racconto mosso dalle emozioni e dall'equilibrio spesso labile tra ciò che è razionale e ciò che è puro turbamento. 
Di professione istitutrice, la donna aveva accettato l'incarico di occuparsi di due bambini, Flora di otto anni e Miles di nove, nella grande (e tetra) casa sperduta di Bly, nell'Essex. La condizione era stata molto chiara fin da subito: lo zio, responsabile dei bambini, non sarebbe stato disturbato per nessuna ragione; all'istitutrice sarebbero quindi stati affidate piene responsabilità. 

Il Salotto - «Siamo tutte speciali, uniche e complete anche senza il vissero felici e contenti»: il sorriso consapevole di Chiara Moscardelli



Volevo essere una vedova
di Chiara Moscardelli
Einaudi Stile libero, 2019

pp. 216
€ 17,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Il nuovo libro di Chiara Moscardelli è vita vera raccontata con un riso, talvolta amaro. La gatta morta del suo primo libro è cresciuta, non perché sian passati anni, ma in quanto Chiara ha acquisito una consapevolezza e una maturità personale che trapela in ogni pagina. 
Se prima la protagonista voleva trovare un uomo per sentirsi completa, ora riesce a trovare se stessa e un equilibrio personale, anche se con tanta fatica emotiva e con il supporto di uno psicoanalista.
Chiara affronta e racconta le sue difficoltà senza nascondersi, con l’ironia che la contraddistingue e con uno sguardo scanzonato sulle vicende che si trova a vivere in diversi contesti di vita.
L’ex gatta morta ha costruito il suo angolo di mondo ricco di amici, in una casa nuova e con la passione per la scrittura che le porta molte soddisfazioni.
“Volevo essere una vedova” è, a tutti gli effetti, un romanzo di formazione, di crescita sentimentale, emotiva e anche lavorativa.
Ma quale è stato il percorso di Chiara che le ha consentito di “crescere”? Abbiamo posto questa e altre domande direttamente alla scrittrice.

Con addosso la divisa, non siamo né uomo né donna: siamo solo soldati. L'esordio narrativo di Debora Omassi, "Libera uscita".

Libera uscita
di Debora Omassi
Rizzoli, 14 maggio 2019

pp. 315
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


La caserma ci distrugge per poi rimontarci da capo. La vita fuori conta sì e no, dobbiamo vivere il dentro, abituarci all'acqua dolce di questo maledetto acquario, dimenticare noi stessi, e pure cosa sia la carne vera. (p. 175)
Barbara Gasser è una ventiquattrenne seducente, lavora come fotomodella, di tanto in tanto pubblica un racconto e vive a Milano con il fidanzato storico, Claudio, con cui sta da otto anni. Ha una vita come tante altre, o potremmo pensare anche più fortunata di altre, se pensiamo alla sua avvenenza e alle certezze sentimentali, se non fosse per un tormento che porta in sé e di cui non parla con nessuno: vorrebbe essere un uomo. E non si tratta di un modo di dire, ma di una vera e propria pulsione che avverte in sé fin da quando era piccola. Forse per questo, forse per cercare sé stessa prendendo una pausa da tutto, Barbara decide di arruolarsi nell'esercito. È una scelta estrema, di certo non così consapevole, ma quando la ragazza passa il concorso, anche la sua famiglia la loda: sembrava un'impresa impossibile, e invece ecco il risultato. Ora a Barbara non resta che salutare Claudio, riempire la sua borsa ed entrare in caserma. 

Crescere con parole "libere e folli": l'Ophelia di Charlotte Gingras

Ophelia
di Charlotte Gingras

Illustrazioni di Daniel Sylvestre

Giralangolo, 2019
pp. 260
€ 15,00

Titolo originale: Ophélie
Traduzione di Camilla Diez


Ophelia non è come i suoi compagni di classe, “trenta alunni di seconda liceo che si trascinavano a testa bassa come un gregge di pecore dirette al mattatoio” (p. 7). Ophelia si nasconde sotto spessi strati di abiti scuri, che le hanno attirato il soprannome di stracciona, e soprattutto dietro a una impenetrabile maschera di arroganza e aggressività. Conduce una vita da “gatto randagio”, sola con una madre fragile e poco presente, e passa le notti a vagabondare per le strade marchiando i muri con il suo simbolo, un piccolo cuore spezzato. Quindici anni, grande sensibilità e spirito pungente, la ragazzina non riesce a dimenticare un’esperienza traumatica del suo passato, che la condanna a un isolamento autoimposto: “la ragazza vestita di strati rimarrà sola per tutta la vita, con la sua paura e il suo disgusto” (p. 165).  Solo l’incontro momentaneo con Jeanne, una scrittrice in visita alla sua scuola, apre una breccia nella sua corazza: nelle parole della donna, la giovane si riconosce e a sua volta si sente compresa. Forse per questa affinità immediata, prima di andarsene, Jeanne le dona un quaderno blu notte, uno spazio bianco da riempire con tutto quello che le si agita dentro. Il romanzo di fatto coincide con il quaderno stesso, costituendo una sorta di opera ibrida, in cui alle parole che la protagonista rivolge alla donna lontana, nella forma di lettere che non intende spedire, si alternano schizzi, disegni, ritagli di giornale raccolti per un compito di scrapbooking, fotografie scattate al mondo circostante.

"Cioccolata a colazione": vita segreta di una teenager americana degli anni Cinquanta

Cioccolata a colazione
di Pamela Moore
Mondadori, 2014

Traduzione di Francesca Mastruzzo
1^ edizione originale: 1956

pp. 265
€ 13,00 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)



La vita di una teenager è sempre complicata. Ribellione, rifiuto delle regole, ricerca di una propria identità e sfida al mondo dei genitori sono costanti di questi anni turbolenti. Nulla di tutto questo però è un'invenzione dei tempi moderni. Courtney Farrel è una ragazzina degli anni Cinquanta in America, figlia di un'attrice di Hollywood e di un pezzo grosso dell'editoria. Tra l'estroso stile di vita della madre e la solida affidabilità del padre, Courtney cerca la strada per la propria crescita. Tra feste e amanti discutibili, relazioni segrete e pulsioni omoerotiche, Cioccolata a colazione mostra uno spaccato della vita delle ragazze americane non più ingabbiate nel loro futuro ruolo di madre e moglie, ma ancora un passo indietro rispetto al movimento femminista. E con tutto il pathos e la drammaticità di cui solo una voce di adolescente si può ammantare, mostra quanta autodistruzione possa nascondersi negli scintillanti party e in quella che può a tutto diritto ammantarsi del titolo di Gioventù perduta.

#LectorInFabula - Un capolavoro in crisi di identità: La Gioconda di Davide Calì e Marianna Balducci in un libricino che racconta tutto ciò che è stato detto e ancora si dice di lei...

Dicono di me. La Gioconda
Testi di Davide Calì
Illustrazioni di Marianna Balducci
Hop Edizioni, 2019


pp. 40
€ 15,00 (cartaceo)



Ci sono molti modi per avvicinare i bambini e le bambine all’arte, anche quando i loro anni si contano sulle dita di una mano: un vero e proprio campionario di sistemi teorici e pedagogici variamente efficaci, creativi e applicabili (ora immersivi e performativi, ora positivamente “passivi” e chi più ne ha più ne metta). Di tutto un po’, insomma, purché dipinti, sculture e installazioni diventino familiari e desiderabili come un gioco piacevole da fare o una dimensione entusiasmante da frequentare. Poi, per quando i pargoli crescono e imparano a leggere e a scrivere, ci sono anche i libri: quelli più classici, eccellenti per supportare una memoria visiva in via di formazione ma talvolta privi di un quid che li renda gradevoli alla pari di una piattaforma multimediale interattiva o di un pomeriggio passato al museo tra disegni e colori, e quelli più innovativi, nati da un’idea originale che riesce a coniugare con furbizia l’esigenza didattica con quella più dichiaratamente spassosa. Per esempio: perché non presentare la Monna Lisa a un pubblico ultraminorenne come se si trattasse di una grande dama in crisi d’identità? E perché non dare una forma visiva a questo dilemma, illustrando così le peripezie di una delle opere più famose e dibattute al mondo con tavole a colori capaci di mettere insieme apprendimento e divertimento? Proprio questo è quello che hanno fatto Davide Calì e Marianna Balducci in Dicono di me. La Gioconda, appena pubblicato da Hop! Edizioni.

Qual è il posto nel nostro cuore dove lacrime e risate diventano sorelle in un’unica espressione di vita? Un libro di Alain Vigneau sul clown che c'è in ciascuno di noi

Clown Esencial.
L’arte di ridere di se stessi
di Alain Vigneau
Edizioni Spazio Interiore, 2019

Prefazione di Claudio Naranjo
Traduzione di Roberta Faggian

pp. 160
€ 15,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)

Lo rivela il nome stesso: la Clown Phobia altro non è che la paura dei clown, una patologia relativamente nuova e non poco debitrice di un certo romanzo di un affermato scrittore americano autore di bestseller (vale a dire It di Stephen King) e dunque del pervertimento malvagio di una figura altrimenti legata al gioco buffo, al divertimento ingenuo e all’arte circense. Ma niente panico: di Clown Phobia si può guarire, come di quasi ogni altra malattia. Anzi, se ne soffrite e non credete più nella variante positiva di questa maschera, pensate che invece proprio la figura del pagliaccio, lungi dal volervi arrecare danno, potrebbe addirittura venirvi in aiuto per curare ben altre ferite dell’anima, soprattutto quelle che vi sono state inflitte vostro malgrado nella più tenera infanzia e che ancora non si sono rimarginate nella vita adulta. Di più: un approccio “clownesco” alla vita potrebbe rivelarsi la chiave per affrontare con una nuova consapevolezza le vostre giornate, liberarvi da disturbi e dipendenze, essere più amorevoli e indulgenti con voi stessi e con gli altri. Parola di Alain Vigneau, autore di Clown Esencial, appena tradotto in Italia da Edizioni Spazio Interiore: un libro che guida alla scoperta del clown che c’è in noi e che conferma come l’umorismo sia una delle risorse più efficaci di cui l’essere umano possa mai disporre.

La vita a Venezia: "L'ultimo carnevale" di Paolo Malaguti

L'ultimo carnevale
di Paolo Malaguti
Solferino, 2019

pp. 328
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Se si dovesse trovare una metafora, si spera sia felice sia il più perfettamente aderente con il tono e la natura del romanzo, per questo L'ultimo carnevale di Paolo Malaguti si potrebbe utilizzare quella della marea. Già, perché il libro di Malaguti, esattamente come la marea che coinvolge la laguna veneziana, ha momenti di "acqua alta" e "acqua bassa", ovvero momenti molto ma molto felici, in cui la narrazione si fa elastica e suadente e la lingua (e il dialetto) sonante e luminoso, e altri meno, con situazioni un po' troppo schematiche e tirate per i capelli e una serie di personaggi non così memorabili. E dire che il tema è ricco di fascino: una Venezia futuribile e futuristica, colta nel momento in cui ormai, orfana dei suoi abitanti, è stata trasportata in un enorme luna park tematico, per soddisfare le brame dei turisti di tutto il mondo. Venice Park, così si chiama, è, per così dire, l'ultima e "naturale" evoluzione dei tornelli di ingresso installati proprio la scorsa estate. Ma nel romanzo di Malaguti c'è di più, molto di più.

"La vita automatica" di Christian Oster: un noir psicologico sulla paranoia

La vita automatica
di Christian Oster
Edizioni Clichy, 2019

Traduzione di Tommaso Gurrieri

pp. 168 
€15 (cartaceo)

Lo scrittore francese Christian Oster ci conduce, attraverso questo romanzo, dentro un labirinto di azioni incontrollate e automatiche. Comincia tutto con un incendio, causato involontariamente dal protagonista Jean, attore di serie B, in cerca di nuovi stimoli. Invece di disperarsi, Jean decide di partire, mentre tutta la sua vita e i suoi ricordi bruciano dentro casa, raccoglie le poche cose essenziali che riesce a salvare e si allontana a piedi, alla volta della stazione. Dalla campagna si trasferirà a Parigi, senza chiedersi troppo come sopravviverà. Comincia in questo modo un viaggio dentro se stessi e le proprie convinzioni, in una sorta di flusso di coscienza, che non separa più le azioni reali da quelle insensate, e che è messo in evidenza anche dallo stile e dall’uso continuo della scrittura, che non separa i dialoghi dal narrato.
Avevo bisogno di una qualunque finzione, in fin dei conti, anche se non c’era niente di vero. Ascoltai con attenzione ciò che Pierre aveva da dirmi sulla sua vita, anche lui invecchiava, la sua piccola rivista specializzata segnava il passo, sarebbe volentieri venuto a passare un fine settimana in campagna con sua moglie, che aveva intenzione di tradire. Con chi? chiesi per arricchire la conversazione. E allora perché non la lasci se le cose stanno così, aggiunsi, sennò cosa sarà la vostra vita? (p. 32)