#CriticaLibera - Una letteratura resistente

Esiste una letteratura ignorata che è espressione della più grande minoranza linguistica dello Stato italiano, ha una storia molto antica, una lunga tradizione poetica, una produzione narrativa piuttosto viva ed è anche immersa in un’accesa diatriba linguistica: parlo della letteratura in sardo. Ad alcuni potrà sembrare eccessivo parlare di lingua, ma in realtà non lo è per la distanza morfologica, grammaticale, lessicale e sintattica dagli altri idiomi europei. Il sardo d’altronde è la lingua neo-latina più conservativa rispetto all’idioma d’origine, a causa di un isolamento progressivo dal continente, iniziato durante la fine dell’impero romano, che l’ha resa immune alle innovazioni linguistiche propagatesi nel resto delle aree romanze. Proprio alla vigilia de Sa die de sa Sardigna, credo sia giusto proporre una sua mini-storia letteraria, che ovviamente non potrà essere esaustiva, ma spero possa stimolare il lettore.

La prima pagina della Carta de Logu
I primi testi in sardo appaiono intorno al XI sec. e, a differenza dell’area continentale, dove il personale burocratico adottava in modo esclusivo il latino, in Sardegna cancellerie giudicali e monasteri impiegavano il sardo per redigere diplomi (cartas bulladas) e registri (condaghes). Com’era tipico di questi scritti, anche i condaghes narrano storie e vite dell’epoca: schiavi in fuga d’amore, truffe nell’amministrazione, badesse dalla forte personalità. Non siamo nella letteratura vera e propria, ma in una fase precedente, quella della volontà di raccontare aneddoti e mantenere memoria di eventi. Di questo lungo periodo, quello giudicale, esistono poche testimonianze tra cui il Libellus Judicum Turritanorum, una cronaca composta da ecclesiastici nel tardo medioevo, e una importante produzione giuridica. Quest’ultima è stata la base per la Carta de Logu (1370-1408), un codice legislativo rimasto in vigore fino all’Ottocento: una curiosità di quest’opera è che l’ultima redazione del testo fu emanata da una donna, la giudicessa Eleonora d’Arborea. Questo perché nell’isola, le donne potevano già avere un ruolo politico, una personalità giuridica ed economica e delle garanzie di diritto.
Con la dominazione spagnola la produzione in sardo perse ufficialità e in più, a causa di una sistematica damnatio memoriae portata avanti dai nuovi dominatori, molti scritti del periodo furono trafugati, dimenticati e alcuni distrutti. D’altro canto la cancellazione riguardò qualsiasi riferimento ai giudici: dalle opere d’arte che li raffiguravano ai loro stemmi negli edifici.

Passata l’onda repressiva, nel Cinquecento ci fu un rilancio della lingua sarda in chiave di cultura alta con Gerolamo Araolla che, pur conoscendo spagnolo e italiano, scrisse e concentrò i suoi sforzi nella costruzione di un sardo aulico e raffinato. L’intento era quello di costruire una letteratura all’altezza delle altre nazioni europee, come Francia, Spagna e Italia. Il suo esperimento cercava di fondere la parlata popolare con cultismi latini e prestiti esteri: il tentativo ebbe un certo successo nell’ambito dell’intellettualità, per la maggior parte legata al clero, tanto che il suo poema agiografico, Sa vida, su martiriu, et morte dessos gloriosos Martires Gavinu, Brothu et Gianuari, ebbe larga diffusione tra i parroci intenti a predicare al popolo.

L’esempio di Araolla venne migliorato nei decenni successivi e si mantenne ancora valido al cambio di dominazione: nel 1720 infatti la Sardegna diventò piemontese. In tutto il primo Settecento l’isola visse una stagione di abbandono da parte delle istituzioni, anche culturali, e questa maggiore libertà stimolò una rinascita della letteratura in sardo, così sentita che se ne iniziò a parlare in termini di patrie lettere e lingua nazionale. D’altronde, fino al 1760, i piemontesi erano indecisi su quale idioma introdurre nell’isola: le élites piemontesi parlavano francese e i sardi, oltre alla loro lingua, lo spagnolo. Si sceglierà l’italiano anche se in Sardegna era utilizzato nel commercio e in Piemonte era usato nella diplomazia e nella letteratura. È anche per questo motivo che non si hanno scrittori isolani importanti in italiano prima del Ottocento.

Peppinu Mereu
Dall’Ottocento la letteratura sarda acquisì autocoscienza di sé e visse il suo momento di massimo splendore. Poeti di valore come Paulicu Mossa, Melchioro Murenu, Peppinu Mereu e altri ancora superarono il modello linguistico di Araolla e si riavvicinarono ad uno stile più popolare ed espressivo, ma allo stesso tempo curato ed elegante. Contemporaneamente l’intellettualità che voleva inserirsi in un ambito e un mercato più vasto se ne distanziò, usando l’italiano nella produzione più seria o di prosa e relegando il sardo a bozzetti agresti. Grazia Deledda nacque immersa in questa temperie culturale: alcuni suoi amici e riferimenti, come Sebastiano Satta e Pasquale Dessanay, verseggiavano in sardo. La fine dell’Ottocento fu anche il periodo in cui si diffuse la gara di poesia improvvisata professionistica: rimatori che, a pagamento, si esibivano in un palco e che, grazie a questo, potevano dedicare la vita intera alla creazione di versi. Una prassi ancora in uso, anche se in difficoltà, e che in passato rendeva estremamente popolari alcuni artisti.
Questo periodo segnò anche l’inizio della marginalizzazione della lingua isolana: l’istruzione obbligatoria impose l’uso dell’italiano, con la conseguente minorizzazione del sardo che venne descritto come inadatto alla modernità, rozzo e regressivo. Persino i poeti che lo usavano vennero stigmatizzati e definiti ignoranti, anche se spesso in maniera infondata. Linea che venne inasprita durante il regime fascista: le gare poetiche vennero vietate, le opere censurate e persino il canto popolare venne fortemente osteggiato. Eppure la letteratura sarda si mantenne viva.

Ma fu dopo la guerra che arrivò la minaccia più grande: la massificazione e i nuovi media. Il sardo subì un processo di italianizzazione del lessico e, negli anni Settanta e Ottanta, perse generazioni di parlanti a causa della diffusione del pregiudizio di una lingua inutile e rustica. Un processo non privo di traumi e conseguenze, ma che servì a riavvicinare il mondo della cultura. Michelangelo “Mialinu” Pira, Tonino Ledda e altri intellettuali, spesso antropologi della scuola di Cagliari, si impegnarono nel fondare premi letterari per proteggere la lingua e spingere la produzione artistica verso un’ulteriore evoluzione. Proprio Pira, insieme a Lobina e Pusceddu, iniziarono a scrivere narrativa in sardo. L’esperimento fu subito accolto con grande entusiasmo e la produzione di prosa ebbe un buon riscontro editoriale. La vena creativa dei narratori, inoltre, cercò subito di coprire i temi e i generi più disparati: dal romanzo storico, come Sa sedda de sa passalitorta, a quello antropologico, come Sos sinnos; da quello distopico, come Su zogu, a quello sociale, come Po cantu a Biddanoa. L’aspetto più significativo della maggior parte di questa produzione è che di frequente sfugge dalla gabbia degli stereotipi e dei vizi (arcaismi e folclorismo su tutti), che invece sono diffusi in quella sarda in italiano. La sensazione è quella di una libertà dalle aspettative e dallo sguardo esterno che rende possibile una scrittura più sincera, priva di spiegazioni o giustificazioni: elementi che donano maggior nitore all’autocritica e alla descrizione dei conflitti.

Al lettore curioso la letteratura sarda si mostrerà piena di attenzione alla società, alle dinamiche di potere e all’analisi delle cause storiche della situazione attuale dell’isola. Un panorama originale costituito, come è normale, da alti e bassi, e che mostra una prospettiva del mondo differente. Una letteratura con legami interni ed esterni, coerente e creativa, ma alle volte straniera in patria: un patrimonio tutto da esplorare.

Gabriele Tanda






Alla vigilia della festa dei sardi, ieri il nostro Gabriele ci ha guidati in una veloce esplorazione della letteratura in lingua sarda: poco conosciuta, ma piena di fascino e sorprese. Al lettore curioso la letteratura sarda si mostrerà piena di attenzione alla società, alle dinamiche di potere e all’analisi delle cause storiche della situazione attuale dell’isola. Un panorama originale costituito, come è normale, da alti e bassi, e che mostra una prospettiva del mondo differente. Una letteratura con legami interni ed esterni, coerente e creativa, ma alle volte straniera in patria: un patrimonio tutto da esplorare. Vi aspettiamo sul sito! #Criticaletteraria #bookstagram #bookish #instalibri #instabook #bookaddict #letteraturasarda #sadiedesasardigna #limbasarda #tappetodinule #letteratura
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: