Introversione? Sì, grazie. Un libro di Jennifer Granneman ci spiega perché

La vita segreta degli introversi.
Il bello di chi sa tacere in un mondo fatto di chiacchiere
di Jennifer Granneman
Feltrinelli, 2018

Traduzione di Paolo Poli

pp. 232
€ 16,00

Dura la vita delle persone introverse, al giorno d’oggi. Forse lo è sempre stata, se è vero che l’essere umano è un animale politico e sociale, ma non c’è dubbio che l’avvento dei social network abbia contribuito a peggiorare le asprezze esistenziali di chi, per sua natura, è meno proiettato verso gli altri e verso l’esterno. In tempi in cui conta essere sempre connessi e in cui tutto ciò che non è esibito e condiviso (anche e soprattutto on line) semplicemente non esiste, la fatica nel tenere il ritmo incalzante dei contatti può essere esasperante; come se gli impegni della virtualità, poi, fossero meno reali di quelli della vita off. Ciò che è peggio, le persone non estroverse sono spesso soggette al fraintendimento delle loro pacifiche e riservate intenzioni, e dunque considerate a torto variamente maleducate, arroganti, snob, supponenti, asociali, noiose e (sotto sotto) depresse. Se appartenete alla categoria e vi siete rassegnati allo stigma di questi stereotipi, o se magari siete tra coloro che ne hanno alimentato il pregiudizio nei confronti di parenti e conoscenti evidentemente diversi da voi (ma non per questo peggiori o inferiori), fareste bene a leggere La vita segreta degli introversi di Jennifer Granneman, appena pubblicato in Italia da Feltrinelli: nel primo caso, vi riconcilierà con la vostra introversione liberandovi dal senso di inferiorità indotto dai diktat di una certa idea dominante della vita associata; nel secondo caso, ridimensionerà la vostra pretesa di superiorità rispetto a chi vi appare portatore di un patologico mistero, e invece chiede solamente il vostro rispetto.



Se Jennifer Granneman ha scritto un libro illuminante sulla fenomenologia dell’introversione è perché lei stessa è un’introversa “di razza”: oggi, dopo anni e anni di disagio e frustrazione – ma anche di ricerca, analisi, sondaggio e confronto diretto con centinaia di individui come lei – è finalmente e orgogliosamente a proprio agio con la sua natura più vera. Che non è certo una natura ostile alla relazione tout court, ma solo un po’ più incline allo stress da contatto. Nel 2013, mossa dal desiderio di capire meglio se stessa e i suoi simili, ha fondato il sito IntrovertDear.com, punto di ritrovo on line per una comunità evidentemente più sensibile rispetto alla media e che al suo interno può trovare articoli, test e possibilità di condividere le proprie esperienze. Un’iniziativa, questa, a cui il volume appena tradotto in Italia deve molto, dal momento che l’autrice ha spesso consultato gli utenti nel corso della stesura dei capitoli, arrivando a una conclusione apparentemente ovvia eppure troppo spesso ignorata: vale a dire che esistono tante forme di introversione quante sono le persone introverse, e che i tratti dominanti e ricorrenti non sono altro che la scorza più comune di una categoria di individui percepiti come un po’ più “ruvidi” rispetto agli altri.

Le situazioni di disagio o di vero e proprio allarme per una persona introversa sono tanto numerose quanto i casi della vita quotidiana: dal lavoro a una festa, dalla routine domestica alle occasioni speciali, ogni sollecitazione eccessiva alla relazione con il prossimo (peggio ancora se sconosciuto) può rivelarsi accogliente come un nido di spine, di fronte al quale l’individuo, che raggiunge presto il colmo della saturazione – l’autrice la definisce efficacemente “sbornia introversa” – tira fuori i propri aculei in un meccanismo automatico di respingimento difensivo. E con quanto conseguente malinteso: cafonaggine, asocialità, apatia, misantropia, timidezza, pusillanimità, abulia. Niente di più lontano dalla realtà: il vostro cugino, dirimpettaio, coinquilino o vicino di scrivania non vi evita perché vi odia o vi disprezza in segreto, non è un hikikomori non diagnosticato e non è nemmeno un perdente. Al contrario, preferisce avere con voi una conversazione che sia profonda e coinvolgente, priva di inutili chiacchiere; predilige le uscite significative che comportino un’esperienza da condividere, e non la mera ricerca del chiasso e della confusione; in ufficio è poco loquace perché il suo obiettivo sul posto di lavoro è, per l’appunto, lavorare. Ce n’è già a sufficienza per capire che si tratta di una persona di cui avere stima e considerazione: perché è capace di dare valore allo scambio e importanza all’impegno, è refrattaria allo spreco di tempo e di energie, è ostile alla vacuità di tutto ciò che si fa per obbligo, circostanza e nella dimensione del “sovrappensiero”. Consapevole che la difficoltà nel vivere serenamente la propria introversione dipenda da una certa diffusa supponenza (spesso mista a ottusità) da parte di chi introverso non è, nei tredici capitoli di cui si compone il volume l’autrice si impegna soprattutto a sfatare i falsi miti e i preconcetti, e lo fa con chiarezza e con esempi sempre ad hoc: con sorpresa, si scopre che le persone introverse possono tranquillamente dedicarsi alle arti e allo spettacolo, possono frequentare i concerti e gli stadi oltre che i teatri in cui si esegue musica da camera, sanno essere eccellenti oratori, leader e motivatori, per non parlare della loro inestimabile preziosità in qualità di amici e amanti, capaci di una partecipazione intensa, profonda e soprattutto sincera. 

Scritto con uno stile piano e diretto, La vita segreta degli introversi è dunque un libro che la categoria in esame leggerà con sincero sollievo: non per una qualche forma di autocompiacimento o di pietosa indulgenza rispetto a un modo di stare al mondo assimilato a un handicap, ma per la capacità dell’autrice di descrivere con precisione e senza sentimentalismi fenomeni che la riguardano da sempre e in cui le persone a lei simili si ritroveranno con un’ammissione liberatoria, serena, priva di sensi di colpa. Proprio perché non si tratta di un elogio o di una apologia in incognito dell’introversione, bensì di un testo che aiuta a comprenderne e accettarne le ragioni e le dinamiche, il lavoro di Jennifer Granneman è oltremodo consigliato anche a tutte le persone estroverse  che fino a oggi hanno male interpretato il comportamento di familiari, amici, colleghi e addirittura partner; esplicitamente per loro, difatti, l’autrice ha messo a punto una serie di utili specchietti distribuiti nei vari capitoli e contenenti consigli circa approcci, reazioni e atteggiamenti da mettere in atto o viceversa. L’introversione non è un difetto, e tantomeno una malattia: essa, al contrario, può rivelarsi addirittura un vantaggio, un’attitudine da assecondare o da stimolare nella consapevolezza che l’equilibrio di chiunque vada misurato principalmente sulla base della pace interiore che ciascuno di noi sperimenta in solitudine, a prescindere dalle conferme del prossimo. Jennifer Granneman ne è più che convinta:

«invece che combattere la tua natura introversa, inizia ad assecondarla (…) “Sii quel che sei” significa concedere a te stessa il permesso di essere semplicemente un tipo riservato. Il permesso di essere te stessa, con la tua introversione e tutto il resto» (p. 219).

Cecilia Mariani





Un vecchio adagio recita che la parola è d'argento, ma il silenzio è d'oro (anche e non solo di fronte alla classica tazza di tè delle 17.00). Lo sanno bene tutte le persone introverse, tanto spesso giudicate (ma quanto a torto!) asociali, antipatiche e noiose. Jennifer Granneman, introversa e finalmente felice di ciò, ha scritto un libro illuminante a questo proposito, in uscita per Feltrinelli @feltrinelli_editore, che la nostra redattrice Cecilia Mariani ha letto con grande interesse e... conforto. La sua recensione molto presto sul nostro sito! ☕📚 #libro #book #instalibro #instabook #leggere #reading #igreads #bookstagram #bookworm #booklover #bookaddict #bookaholic #libridaleggere #librichepassione #libricheamo #criticaletteraria #recensione #review #recensire #recensireèmegliochecurare #lavitasegretadegliintroversi #jennifergranneman #feltrinelli
A post shared by CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) on