Quando la realtà supera l'immaginazione: "EST" di Gianluigi Ricuperati


EST
di Gianluigi Ricuperati
Tunué, 2018

pp. 197 
€ 16


Nel 2009 abbiamo costruito l’Istituto, da zero. E tre anni dopo non c’era più. L’avevamo distrutto. E nel periodo in mezzo, abbiamo girato quasi mille ore di film. C’erano macchine da presa ovunque, telecamere nascoste, etc. Ver non è un film, capisci? È anche un film. Ma è soprattutto un mondo. Un piccolo mondo. E un mondo deve obbedire a leggi precise. Non importa chi sei. (p. 41)

Come si può leggere in un articolo del The Guardian sul progetto DAU, «in un progetto artistico che è stato paragonato al Truman Show, al Grande fratello e al film di Charlie Kaufman Synecdoche, New York, un artista russo ha pagato 400 persone per vivere tre anni in un istituto di ricerca fittizio ma funzionante dell’era staliniana. […] Ilya Khrzhanovsky ha creato un istituto di fisica teorica nella zona orientale dell’Ucraina modellato sulle strutture fantasma esistite nell’Unione sovietica dagli anni Trenta agli anni Cinquanta.

E poiché, come si legge sulla recensione apparsa su Flanerí, «che spreco sarebbe non utilizzare il vero quando la realtà è così esagerata di suo», perché inventare di sana pianta il progetto VER quando ciò che esiste, il progetto DAU, è così artisticamente esaltante da meritare esso stesso l’interesse di un’opera artistica quale EST aspira a essere?
Così la prima parte del romanzo di Ricuperati ci proietta a 99 di Piccadilly Circus, Londra, negli studi di produzione in cui Igor Olensky (alter ego di Ilya Khrzhanovsky) sta portando avanti il tutto. Questa prima parte rende perfettamente la febbre che coglie il protagonista quando scopre a cosa sta lavorando: VER è infatti non soltanto un film e neanche un documentario, bensì è vita: un microcosmo che, per continuare a esistere, deve sottostare a leggi ferree. Il fascino del progetto DAU, riletto attraverso l’elemento letterario VER, permea le pagine e giunge al lettore in modo così prorompente da costringerlo quasi a volerne sapere di più, a informarsi al di fuori delle mura letterarie, al punto che quando si arriva a scoprirne i retroscena i personaggi di EST perdono colore. Questo è uno dei due punti deboli del romanzo: nonostante la bravura di Ricuperati, la ricchezza del suo linguaggio e le immagini evocative che ha saputo produrre, tutto questo non basta a mio avviso a eguagliare (tanto meno a superare) la realtà. Ciò che si scopre sul progetto DAU è interessante almeno quanto ciò che leggiamo sul progetto VER. E i personaggi che gli gravitano intorno hanno la pecca di non essere approfonditi, di restare incollati sulla scenografia senza realmente emergere e parlare al lettore. Viene detto molto su VER, viene mostrato tanto su Igor e gli altri, eppure quando si arriva alla fine della prima parte – quella più propriamente incentrata sul progetto – si rimane a bocca asciutta. E avendo il corrispettivo reale a portata di mano, perché non approfittarne?
Il secondo punto debole è l’eclettismo, o meglio lo sforzo che emerge di voler sfondare la quarta parete, mescolare i generi, inventare – in altre parole di sperimentare. È tutto troppo e tutto insieme: la storia personale del Ricuperati-personaggio è apprezzabile e umana, eppure sembra distaccata dagli eventi che accadono intorno al progetto VER, come se quelle cose fossero programmate per accadere a prescindere da queste; la volontà di sfruttare diversi linguaggi può esaltare all’inizio, ma poi ci si chiede dove si voglia andare a parare; e, soprattutto nella seconda parte, quando il romanzo mette da parte il progetto VER per concentrarsi sulle vicende amorose del protagonista, il libro sembra perdere identità.
Qual è la storia che Ricuperati ha voluto narrare? Di cosa voleva parlarci? Perché ciò che compare nella bandella della prima di copertina non è poi il centro nodale di tutto il libro?
Ciò che Ricuperati ha scritto è degno di interesse e merita di essere letto, quantomeno per poterne parlare. Ma perché, ci si chiede, non ci si è concentrati al 100% su un tema anziché divagare altrove? Perché mancare il bersaglio quando chi ha lanciato la freccia aveva tutte le capacità per poter far centro?

David Valentini