#CritiCOMICS - Il disagio di Nina nell'opera di esordio di Ilaria Palleschi

Nina che disagio
di Ilaria Palleschi
Bao Publishing, 2018

pp. 160
€ 18,00



Occhi rotondi, sopracciglia mobilissime, un caschetto nero e il sogno frustrato di lavorare come illustratrice. Questa è la protagonista del graphic novel d’esordio di Ilaria Palleschi. 
Nina ha ventidue anni e, contrariamente alle aspettative dei suoi genitori, non ha nulla della combattente. Perennemente paralizzata dalla goffaggine e dalle sue paure, osserva con una certa rassegnazione i successi altrui e la vita che le scorre davanti. Pur avendo una spiccata tendenza al pensiero caustico e alla frecciatina brillante, non riesce mai a dire ciò che pensa al momento giusto e rinuncia in partenza a molte opportunità che si trova davanti.
In un romanzo a fumetti dai tratti netti e dalla grande espressività, l’autrice dispiega con maestria il suo gusto per il rovesciamento degli stereotipi attraverso l'ironia (così ad esempio le tre fate madrine della Bella Addormentata diventano  fastidiose come zanzare che possono essere scacciate con un colpo di mano; il panico si concretizza in una deliziosa nuvoletta gialla con occhietti buffi che si prende gioco della protagonista; e la magia che cambia tutto, quasi a preannunciare il pasticcio che seguirà, diventa un curioso assemblaggio di parole casuali dal suono esotico: «"Gazpacho! Ex nihilo nihil, poncho. Mutatis mutandis!" "Mutande che cosa?!"»). 
Attraverso il susseguirsi delle tavole, il disagio di Nina si manifesta in mille modi: incapacità di parlare in pubblico, terrore dei cani, ansia da prestazione alle feste, attacchi di panico e paura del vuoto, tendenza a scomparire mimetizzandosi nei cespugli... tutti questi fattori, temperati dalla sorridente bonarietà con cui l'autrice rappresenta le infinite varietà espressive del malessere sul volto da fumetto della sua protagonista, imprigionano Nina in un'esistenza incompleta, vissuta a metà. Solo un raddoppiamento, allora, può forse compensare questa situazione: dopo un incontro fortuito con una vecchietta stravagante, una mattina Nina si sveglia, e accanto a lei trova una sua copia identica, che la integra e completa in tutte le sue manchevolezze. 

L'altra Nina sembra tutto ciò che l'originale non è: sicura di sé, spregiudicata, disinvolta. 
Forse troppo, perché la situazione non inizi ad andare stretta alla protagonista, che improvvisamente si trova espropriata del proprio diritto di scelta. La nuova arrivata infatti non ha rispetto degli spazi altrui, è vanesia ed egoriferita, completamente superficiale. E, cosa ben più preoccupante, una volta plasmata la vita dell’altra a sua immagine, calzatala come un guanto perfetto, non mostra la minima intenzione di levare le tende.
Il romanzo diventa allora una riflessione, sottolineata anche attraverso un continuo sfondamento della quarta parete da parte di Nina stessa, che si rivolge a noi cercando la nostra complicità e commentando gli eventi, sul tema dell'identità. Perché forse a definirci non è solo ciò che ci rende forti, ma anche e soprattutto la nostra fragilità. Che ci fa belli, ci fa veri:
Io voglio cambiare. Ci sono cose di me che non mi piacciono, ma non sono quelle che dici tu. Non mi interesse avere bei vestiti se poi ho il frigo vuoto. Non voglio calpestare qualcuno per ottenere qualcosa o solo per il gusto di farlo. So che ci sono dei compromessi in questo mondo, ma non devo assecondarli per forza. Oppure omologarmi per essere accettata. 
Per riappropriarsi dei propri spazi, per far diventare quelle che si ritenevano debolezze delle risorse, bisogna però guardarsi dentro e affrontare quello che ci blocca. Superare il disagio. Ricomporre le scissioni in unità. È mascherata, la riflessione condotta da Ilaria Palleschi, ma non per questo meno profonda: attraverso l'accostamento di scene del presente, sogni a occhi aperti e ricordi del passato, arriviamo davvero a conoscere e comprendere la protagonista, che diventa espressione di un percorso di crescita che finisce per riguardarci tutti.


 Carolina Pernigo






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