Ciabatti resta la più amata anche con "Matrigna"



Matrigna
di Teresa Ciabatti
Solferino, 2018

pp. 204

€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Avevo letto La più amata per Mondadori di Teresa Ciabatti (qui la recensione di Gloria Ghioni) quando era uscito e ammetto di aver tifato per lei durante il Premio Strega.
Ero stata folgorata dallo stile narrativo, dal linguaggio che mi ha tenuta sospesa come tra incubo e sogno e dalla lucidità con la quale l’autrice aveva saputo costruire un’autofiction: un mettere in piazza la sua famiglia confondendo il lettore tra il reale e l’immaginato. Un estremo atto di coraggio, una disperazione che si leggeva in ogni pagina e dalla quale non si riusciva a staccarsi.
Con tutte queste aspettative ho iniziato la lettura di Matrigna, Solferino Editore. E ho avuto anche il piacere di parlare con l’autrice durante una presentazione a Bookcity.
In Matrigna Noemi, la protagonista, racconta la sua vita, segnata dalla scomparsa del fratellino Andrea, quando lei aveva solo nove anni. Andrea era bello, biondo, perfetto, il figlio prediletto. Lei era la sorella che stava nell’ombra, in disparte, parzialmente visibile anche quando c’erano foto, interviste, appelli, subito dopo la scomparsa del fratello.
Noemi cresce, fugge e si ricostruisce una vita in città, salvo poi ritornare a casa, improvvisamente, per soccorrere la madre che ha avuto un incidente.
Un ritorno nel quale tutto è diverso da come si aspettava, almeno così sembrerebbe. La madre non è depressa, è diventata bionda, sembra ringiovanita, usa Facebook ed esce con un ragazzo che potrebbe essere suo figlio.

Teresa Ciabatti ed Elena Sassi a Bookcity
La scomparsa di Andrea è l’inizio della discesa e nasce da un attimo di distrazione di Noemi che, in una festa di Carnevale, in un momento di disattenzione lascia la mano del fratellino. Prende avvio la ricerca di questo bimbo, quasi come una trasmissione televisiva tra illazioni, supposizioni e sensi di colpa. La descrizione di questo periodo procede a tratti come un racconto di cronaca, come una trasposizione onirica dei ricordi di Noemi. Il tempo passa e in modo diverso. La madre sembra restare ancorata al ricordo dei capelli biondi del suo bimbo, Noemi si allontana alla ricerca di una normalità e di una indipendenza, soprattutto emotiva, che a casa non avrebbe. Ma poi, quando Noemi rincontra la madre, la realtà cambia aspetto un’altra volta, e protagonista diventa la perdita, intesa come il senso di colpa che ne deriva.
Le descrizioni sono un susseguirsi di vuoti, di angosce, di emozioni, un flusso ininterrotto di pensieri e un accavallarsi di ricordi. 
Se nella Più amata lo sguardo era sopra le righe, in Matrigna predomina l’osservazione attenta e realistica delle reazioni umane dei personaggi.
Come l’autrice ha dichiarato, 
«Matrigna è un modo per raccontare il nato nero della maternità che ho vissuto come figlia e come madre, anche se la storia non è una autobiografia. Ma ho scritto con la consapevolezza di cosa vuol dire essere madre, questo aspetto condiziona notevolmente la mia scrittura».
E ha aggiunto: 
«Ho amore verso i miei protagonisti e la mia sfida è quella di raccontare la complessità dell’animo umano. Non c’è solo il lato nero, oscuro, io non voglio incasellare i personaggi».
Per quanto riguarda lo stile, la sintassi è essenziale, i singoli termini pesati e duri. I pensieri, i movimenti, i gesti descritti sono così ben calibrati che anche quando è il linguaggio del corpo suggerito, si rimane scioccati, spiazzati, totalmente immersi nel mondo descritto e narrato.
Un elemento particolare è dato dall’assenza di stagione, di colori, di profumi: tutto rimane in un tempo senza tempo. Su questo aspetto l’autrice ha peraltro dichiarato: 
«Tengo agli aspetti relativi al luogo, ma sin da bambina non alzavo lo sguardo, come se la mia visuale restasse ancorata all’altezza degli occhi».
Noemi non è senza dubbio la più amata, ma resta nella mente del lettore come la più vera, la protagonista che alla fine cresce, si difende e supera i suoi demoni e le sue paure, diventando forse la più coraggiosa!


Elena Sassi