Passare il Rubicone in un ipermercato: 26 gennaio 1994 di Antonio Gibelli

26 gennaio 1994
di Antonio Gibelli
Editori Laterza, 2018

pp. 258
€ 18



"L'Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà". Questo l'incipit di uno, bisogna dirlo, dei discorsi più famosi, ricordati e significativi della storia repubblicana italiana. Si tratta, ovviamente, di quello pronunciato da Silvio Berlusconi il 25 gennaio 1994 e poi trasmesso nei principali network televisivi il giorno successivo. Proprio di questo, proprio di quel 26 gennaio 1994, Antonio Gibelli analizza i retroscena e i preparativi, in un volume targato Laterza Editori che non abbiamo timore nel definire fondamentale per chi, come noi, è interessato a capire non soltanto la politica italiana ma anche la storia del costume.
Già perché Gibelli, e chi meglio di lui, dopo il suo eccezionale lavoro sulle lettere dei fanti impegnati durante la Prima Guerra Mondiale, ricostruisce con dovizia di particolari l'atmosfera che si respirava in quei concitati giorni italiani. Un'atmosfera nel Paese e nella Politica che ben si poteva definire sospesa, dato che "Mani Pulite", la maxi-inchiesta ideata da chi, tra gli altri, Antonio Di Pietro, stava letteralmente demolendo i grandi partiti di massa che avevano contraddistinto il secondo Dopoguerra. A seguito delle inchieste della Procura di Milano prima il PSI poi la DC, dovettero fare i conti, anche in sede elettorale, con improvvisi quanto definitivi crolli. Sulla scena, a proposito di partiti di massa "storici" (ecco perché non citiamo volutamente la Lega Nord, in questo caso partito altro), rimaneva soltanto l'ex PCI, da pochi anni diventato PDS, ovvero Partito dei Democratici di Sinistra, guidato da Achille Occheto.

Praticamente dal 25 aprile 1945 si era quindi, almeno in teoria, alla vigilia di una netta svolta a Sinistra dell'Italia, con un Governo che, secondo tutte le stime, i sondaggi e il sentore della gente, non poteva che essere diretto dallo stesso Occhetto. Proprio in questo momento, ma con ragionamenti e indagini statistiche che risalivano molto indietro nel tempo (sin dai primi anni Novanta), un imprenditore lombardo, molto conosciuto e di successo, decideva, con una mossa ardita e inconsueta nella storia repubblicana italiana, di fondare un partito e, nel giro di pochi mesi, presentarsi alle elezioni.

Quell'uomo è, naturalmente, Silvio Berlusconi, che nel volume di Gibelli è presentato non a tinte o fosche o agiografiche, ma per quello che era, ovvero un industriale che, grosso modo, aveva sempre fatto affari con la politica seguendo come obiettivo i propri interessi e che, di fronte alla possibile vittoria delle Sinistre nel Paese, si era sentito in dovere di raggruppare i Moderati orfani di DC e PSI in un unico, quanto innovativo partito.

Certo Gibelli non è avido nel darci il quadro completo della questione anche finanziaria del gruppo Fininvest, ovvero facente capo alle aziende di Berlusconi. Berlusconi negli anni Novanta era sì l'uomo, grosso modo, più ricco d'Italia e uno degli imprenditori di maggiore prestigio a livello continentale se non internazionale, ma presentava anche gravissimi debiti: il più ricco con il maggior numero di debiti, insomma.

Ed ecco allora che, per tutta questa serie di motivi, e anche altri, Berlusconi e i suoi fedelissimi decidono di "scendere in campo". Non si usa a caso questa espressione, dato che Antonio Gibelli è molto abile nel presentare anche il fattore linguistico come un punto cardine del discorso berlusconiano. Cardine quanto almeno la teoria secondo la quale "un uomo di successo può portare al successo il proprio Paese" e di quello di colui il quale è "un uomo nato e cresciuto nella frontiera del lavoro e prestato alla politica".

Ciò, che oggi sarebbe tacciato di populismo, è un vero e proprio marchio di fabbrica anche di quel famoso discorso registrato del 26 gennaio 1994, dove, ufficialmente, Berlusconi presenta la sua candidatura per l'imminente tornata elettorale. Certo, qualche tempo prima nell'ipermercato a Casalecchio di Reno aveva espresso la sua simpatia a Gianfranco Fini per la corsa al Campidoglio, però è tramite la televisione, il media "favorito" da Berlusconi, che il lombardo entra in politica.

E quest'ingresso, questo "prestito" tra luci e ombre, tra momenti di grande consenso (come il 1994) e momenti di grave crisi, continua ancora oggi. Ecco perché, un motivo fra i tanti, il libro Laterza è da leggere: perché parla di ciò che abbiamo vissuto, volenti o nolenti, o di quello che dovremo conoscere, per forza, cosicché da vivere gli anni futuri con maggiore consapevolezza. 

Mattia Nesto