Il 2017 da lettrice di Federica



Il 2017 di Federica è stato
variegato

Il 2017 è stato un anno spartiacque per la mia vita, con tanti appuntamenti importanti e decisioni definitive: matrimonio, acquisto della prima casa, benvenuto di una cucciola a quattro zampe nella nostra neonata famiglia. 
Di conseguenza a questi mille impegni, non sono riuscita a scegliere una linea di lettura precisa (come invece ho sempre provato a fare gli anni precedenti, caratterizzati dalla passione per la letteratura angloamericana o i fumetti mitteleuropei, solo per citare alcune annate), lasciandomi trascinare più dal caso che non da scelte ponderate. 
Il 2018 è iniziato con la mia sete di scoperta del mondo con i due libri di Ella Frances Sanders, Lost in translation e Tagliare le nuvole col naso (entrambi Marcos y Marcos), piccoli volumi illustrati che raccontano, rispettivamente, cinquanta parole intraducibili ma dall’affascinante peso semantico, e altrettanti modi di dire incomprensibili se avulsi dalla cultura originale; un compendio di cultura e scoperta in una veste grafica curata e delicata, un vero piacere per gli occhi. 
Mentre mi tuffavo negli ultimi preparativi delle nozze, ho alternato la lettura di due romanzi agli antipodi per peso artistico, sebbene entrambi caratterizzati da un’immaturità stilistica: Roberto Saviano presenta il primo dei suoi libri post esperienza di sceneggiature della serie TV Gomorra e la sua Paranza dei bambini (Feltrinelli), racconto trucido delle baby gang di Scampia, realizza molto anche se non riesce ad approfondire compiutamente la caratterizzazione di ogni spaccato di vita. 
Per la rubrica #paginedigrazia ho letto Stella D’Oriente (Ilisso), romanzo che non rappresenta l’esordio di Grazia Deledda (che era, invece, stato il racconto Sangue sardo pubblicato nel 1888 sull’Ultima moda), ma da un punto di vista letterario è la prima vera opera completa e organicamente concepita da parte dell’autrice premio Nobel. 

La mia vita da donna sposata (sebbene fatichi ancora a identificarmi tale) è iniziata con i primi due tesori della collana di graphic novel dedicata ai titoli cinesi della Bao Publishing (trovate qui il pezzo), Reverie e I racconti dei vicoletti, accumunati da un’atmosfera sognante e surreale che spinge chiedersi se stia leggendo un testo fantastico o reale, in quell’atmosfera pacata e mite tipica dei fumetti orientali. 
Quando la nostalgia per il Giappone, visitato in lungo (ma non troppo in largo) durante il viaggio di nozze si è fatta troppo forte, la ferita è stata lenita dall’ultimo libro di Hiro Harikawa, Cronache di un gatto viaggiatore (Garzanti), un romanzo tenero che racconta del viaggio di un gatto insieme al suo padrone attraverso il Paese del Sol Levante, caratterizzato da una levità espressiva ravvisabile sia nei dialoghi semplici, ma incontaminati, sia nella naturalezza con cui molti colpi di scena vengono inseriti tra le vicende. 
L’ultima lettura compiuta di questo mio variegato 2017 mi ha permesso di scoprire una figura affascinante della storia culturale femminista degli anni Settanta. Eve Babitz, con il suo Slow Days, Fast Company (Bompiani), mi ha immerso non solo nell’atmosfera allucinata della Los Angeles da copertina, ma mi ha anche offerto uno spaccato inedito del significato della parola amore.


Federica Privitera