Eccessi e recessi dei nostri ricordi: La compagnia delle anime finte di Wanda Marasco

La compagnia delle anime finte
di Wanda Marasco 
Neri Pozza, 2017

pp. 239
€ 16.50 (cartaceo)



The breath of the morning
I keep forgetting
the smell of the warm summer air
I live in a town
where you can't smell a thing
you watch your feet
for cracks in the pavement

(Radiohead - Subterranean Homesick Alien)



Partiamo subito da un dato di fatto che si impone sin dalle prime pagine de La compagnia delle anime finte di Wanda Marasco uscito per i tipi di Neri Pozza. Questo non è affatto un libro facile, di lettura gradevole nel senso di agevole e rassicurante da un lato, bensì un vero e proprio cimento per il lettore medio che si ritrova, il più delle volte, come impantanato tra le pieghe dell'artigliata vicenda della madre di Rosa: nonostante spiri quasi all'inizio del romanzo, lei è viva, vivissima nelle pagine/ricordo della figlia. Eppure proprio per questo il libro si configura come un libro, anzi come una storia che, in maniera un po' misteriosa, non lascia al lettore possibilità di staccarsi dai vari capitoli.
Si è quasi trascinati in un gorgo nero fatto di vita piccola e miserevole, di mezzucci e mezzacci per tirare a campare in una Napoli, squillante come la luce meridiana e abissale come la profondità dell'oceano. Marasco mette così in piedi una grande commedia della società italiana dal Dopoguerra in avanti e non la rende accessibile, con una scrittura ora arcaica ora piena di picchi ma ricca di fascino. Forse, proprio per questo, La compagnia delle anime finte non è un libro, indistintamente, per tutti ma è un libro destinato, personalmente, ad ognuno di noi. 

Una sorta, per usare un linguaggio più corretto per un sito di gaming che per un sito di critica letteraria, siamo di fronte ad un vero e proprio dungeon, ovvero un'area chiusa, ma di grandi dimensioni, piena zeppa di pericoli, trabocchetti e insidie varie: ma se la sapremo superare allora la soddisfazione sarà doppia, se non tripla.

Ma come è possibile ciò? Come può essere un romanzo al tempo stesso di massa e per pochi? È presto detto: Marasco per raccontare le cose prende sempre la via più impervia e difficile, l'inquadratura e il punto di vista più ricercato ma, alla stregua di un David Lynch della penna, questa scelta rende affascinante ogni sua pagina, con plurimi rimandi alla tradizione letteraria italiana, non soltanto Malaparte, e uno slancio inedito verso innovative forme di narrazione. Un romanzo che è frutto di una visione e di un canto corale soprattutto di matrice femminile, con una città, Napoli, colta nella sua intima essenza di "femminino sacro", quindi con tutti i golfi, gli anfratti e i recessi più nascosti che l'animo umano, segnatamente quello femminile, può avere.

Se i maschi infatti stanno un po' sullo sfondo, anzi, si nascondono in piena luce, sono le donne le regine dei vicoli stretti che stanno "giù di basso" e che sono motore e matrice di tutto. L'azione, come del resto la vita, nasce e scaturisce da loro e alla stregua di una fiamma primordiale che fa scoppiare l'esistenza, le donne de La compagnia delle anime finte non sono né buone né cattive ma semplicemente recitano la loro parte, donando al mondo quella insostituibile pars dramatica senza la quale non ci sarebbe né la trama né l'ordito delle cose.

Forse il consiglio migliore per affrontare questo libro, un po' come si fa quando ci si trova a dover viaggiare in un Paese o in una città che non si conosce, è lasciarsi immergere all'interno delle spire delle sue vie: alla fine riusciremo a ritrovar la luce e le stelle ma dovremo mettere in conto una buona dose di fatica. Ma non è proprio questo prezzo, il prezzo da pagare per essere vivi su questa terra? 

Mattia Nesto