Prendere la vita come se fosse "unu mundu a fundu in susu": "Sottosopra" di Milena Agus

Sottosopra
di Milena Agus
Nottetempo, 2012

pp. 168
€ 14,50

Ah, la vita di quartiere! Ah, il ménage condominiale! Iniziate pure a credere nei miracoli: leggendo Sottosopra di Milena Agus potrebbe capitarvi di sospirare frasi come queste anche se detestate il vostro rione o i vostri dirimpettai. E se per caso abitate in una villetta unifamiliare a debita distanza dal più trafficato centro città, potreste provare un disturbante struggimento nel constatare che alla vostra tanto desiderata quiete manca forse qualcosa o qualcuno: un profumo, una musica, un invito, un incontro. Oppure no, niente di tutto questo. Probabilmente vi verrà semplicemente voglia di abitare proprio nell’antico palazzo della Marina di Cagliari amorevolmente descritto dall’autrice, per familiarizzare con gli inquilini, aggirarvi nei vicoli pervasi dall’odore di sapone, urina e invitante frittura, e sentirvi anche voi, a pieno titolo, uno dei tanti culus sfustus, cioè “culi fradici”, come sono comunemente apostrofati i residenti del luogo.

Tra questi, per quella peculiare forma di “adozione” tipica delle esperienze da fuori sede, c’è anche l’io narrante, una studentessa universitaria che da un paesino della provincia si è trasferita temporaneamente nel capoluogo, in un appartamento di famiglia. Mentre studia letteratura senza troppa convinzione (e nel contempo progetta di diventare «una macchina da guerra del sesso» per scongiurare i pericoli che hanno segnato drammaticamente la storia dei suoi genitori) i pianerottoli e le scale del vecchio stabile diventano occasione per un paio di conoscenze che cambieranno la sua (filosofia di) vita: il vicino del piano di sopra e la vicina del piano di sotto. Sono Mr Johnson – un anziano violinista americano con un matrimonio in crisi, che di tanto in tanto suona ancora su qualche grande nave da crociera – e Anna – che lavora come domestica e tuttofare nonostante abbia passato la sessantina e soffra per le bizze di un cuore troppo grande e troppo debole.

L’incontro tra il musicista e la signora, quando lei comincerà a lavorare per lui, sarà il tocco di diapason che darà il la a una fuga incalzante di vicende tragicomiche, molto preoccupanti e infinitamente delicate come sempre accade nei libri di Milena Agus. Nessuna cosa e persona sarà più al suo posto, come se la categoria del “sottosopra” diventasse contemporaneamente il comune denominatore e la cartina di tornasole di una quotidianità che non sarà più la stessa per nessuno: a partire, ovviamente, dalla giovane protagonista, che qualcuno chiamerà affettuosamente “Pasticcio” e la cui vera identità (come già accadeva in Ali di babbo per il personaggio di Madame) verrà svelata solo alla fine. Lo stesso varrà per tutti gli altri comprimari: Nonna Urgu, ovvero Mrs Johnson; Mr Johnson Junior e suo figlio Giovannino; la figlia di Anna, Natascia, e il suo fidanzato. Alcuni amori nasceranno, altri finiranno, i figli andranno e verranno, e il sesso e il giudizio non avranno nulla a che fare con l’età, ma solo con l’amore, l’appartenenza e l’abbandono.

Ancora una volta, come è tipico delle storie raccontate dall’autrice sarda, la vita e gli esseri umani si sfidano a colpi di genio e di creatività, alla ricerca di un equilibrio che non ha mai niente a che fare con un’inesistente (ma da qualcuno assai desiderata) “normalità”. E sarà proprio la protagonista – lei, ex bambina amante di favole e filastrocche che mettevano il mondo a rovescio, e poi giovane donna smaniosa di rientrare in una categoria esistenziale “vincente” – a trarre il maggiore beneficio da un disordine fecondissimo:
«la mia nuova famiglia strampalata, che non si capiva chi fossero i padri, le madri, di chi fossero i figli, quali le mogli. Unu misciamoroddu. Un pasticcio. Su mundu a fundu in susu. Il mondo sottosopra».
Lo stile di Milena Agus è come al solito soave e feroce, capace di nominare con grazia anche i più deprimenti squallori della condizione umana. E la musica, quella musica che tante volte, già da Mal di pietre, salva i suoi personaggi dal mal di vivere, ritorna nella sua prosa, in cui non mancano di affiorare irresistibili espressioni in dialetto sardo e in francese; anche in appartamenti che sembrano bugigattoli, e che magari si fanno chiamare “Buckingham Palace”. Ma del resto non è forse vero che la lingua esprime la realtà che la circonda? E allora, se questa realtà è “sottosopra”, la mescidanza espressiva è il minimo che ci si possa aspettare:
«Le cose normali sono quelle naturali!».
«In natura c’è di tutto».
«Quelle dove il sotto è sotto e il sopra è sopra!».
«Ma non vuol dire niente. Comunque, le cose, quelle che non sono normali, dipende tutto da come le prendiamo».

E allora prendiamole anche noi così: senza farne, mai e poi mai, un dramma.

Cecilia Mariani