Badanti, che brutta parola! "Come figlie, anzi", di Giacomo Mameli

Come figlie, anzi
di Giacomo Mameli
Postfazione di Sabrina Perra
Cuec, 2017

pp. 172
€ 16,00



Vengono da tutto il mondo: Romania, Brasile, Filippine, Moldavia... Nel loro passato ci sono costanti drammatiche, per non dire tragiche: povertà, guerre, abusi psicologici e fisici, genitori non sempre di supporto, mariti alcolizzati e violenti. Nel loro presente vige una sorta di magico contrappasso: in Italia trovano uno o più lavori, l’indipendenza, spesso un’accoglienza affettuosa e a volte anche la possibilità di una nuova relazione basata in primo luogo sul rispetto. Per molte di loro la busta paga è legata all’impiego come badanti (brutta parola!) di persone o di coppie anziane, per le quali – al netto di consanguinei poco o nulla presenti (persino ai funerali) – diventano Come figlie, anzi. È questo il titolo emblematico dell’ultimo libro del giornalista e scrittore Giacomo Mameli, che dopo la bella prova di Le ragazze sono partite (edito due anni fa, sempre dalla CUEC) non ha perso interesse per il complesso fenomeno dell’emigrazione femminile. Stavolta però si va ben oltre le quattro province regionali, e si rinuncia alla possibilità della trasfigurazione quasi idilliaca data dalla distanza storica: il secondo dopoguerra è ormai lontano, e alle ingenue giovinette che lasciavano la Sardegna per  il resto della Penisola (o per l’Europa) si sono sostituite donne adulte, a volte già madri, giunte in questi anni nel bel paese alla ricerca di una nuova vita.

#LibriSottoLOmbrellone - i consigli di giugno 2017

Foto di ©DeboraLambruschini

Cari Lettori,

ci siamo! Per molti sono già iniziate le vacanze estive, alcuni stanno faticando con gli ultimi esami della sessione estiva, altri ancora lottano per lavorare a spron battuto nonostante questo caldo davvero straordinario... 
Per tutti voi, il #RileggiamoConVoi di giugno si tinge di #LibriSottoLOmbrellone: vi consigliamo libri più lievi, che potranno essere letti nell'afa estiva, su un mezzo pubblico affollato, alla fine di una stancante giornata di lavoro,... Piacevoli come il mare all'orizzonte e sognanti come il tramonto ligure che vedrete qui sotto... 

Come sempre, buona lettura
La redazione



***

L'amore virtuale è reale? Tra le pieghe di una combattuta storia d'amore ai tempi di internet.

La nostalgia degli altri
di Federica Manzon
Feltrinelli, 2017

pp. 212
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Ogni amore si porta dietro anche una folle rabbia per tutte le possibilità che ci sono precluse: scegliamo un amore e non un altro, una vita e non un'altra, proprio tu, pretendiamo l'esclusività, e diciamo addio all'orizzonte delle vite possibili. Prigionieri incatenati a una fortezza di buone intenzioni. Eppure là in fondo c'è sempre quell'abisso che dà legittimità alle storie e ci fa reclamare di più, ancora una chance, almeno una: avere dei segreti, fare dentro e fuori dalla nostra vita come quel gioco del rocchetto. Entrare e uscire senza fare danni, non chiediamo altro. (p. 124)
Siamo ormai profondamente immersi nel mondo virtuale, al quale accediamo come utenti ogni giorno. Ma sappiamo che cosa si cela dietro a schermate dai colori accattivanti e dietro a comandi semplicissimi? Che cosa "guadagnano" i siti osservando la nostra presenza online? All'Acquario si occupano di creare realtà parallele, esperienze completamente coinvolgenti, che facciano percepire sempre meno la distanza dal mondo concreto. Lizzie fa proprio questo ed è bravissima, «padroneggia le emozioni umane perché le guarda con la distanza asettica di uno scienziato che non ha niente a che spartire con gli esseri nel vetrino» (p. 71).

«Siamo tutti migranti attraverso il tempo»

Exit West
di Mohsin Hamid
Einaudi, 2017

Traduzione di Norman Gobetti

pp. 160
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Dove si svolge questo romanzo? Difficile dirlo, perché la guerra civile che sconvolge la città di Nadia e di Saeed potrebbe riguardare qualsiasi paese in guerra, ai giorni nostri. Un posto in cui esistono coprifuochi e milizie pronte ad abbattere civili innocenti, proiettili vaganti, bombe e armi a ogni angolo. È difficile incontrarsi e viversi con la libertà a cui siamo abituati in Occidente, ma niente è come sembra: anche Nadia e Saeed possono provare a coltivare il loro amore a prima vista con pazienza e cocciutaggine, andando oltre le difficoltà quotidiane più dure, che mettono a repentaglio addirittura la sopravvivenza. 
In questa quotidianità di segregazione nelle proprie case, c'è un modo per non finire succubi e provare a cercare una forma di libertà: attraversare una delle porte che si trovano in giro per la città. Si tratta di porte dal potere magico di trasferire i profughi in un'altra realtà, traghettandoli in luoghi più o meno agiati a seconda delle loro possibilità economiche. Unica condizione? Non tornare indietro al proprio paese natale, o si incorre nella pena di morte. Anche Saeed e Nadia, sebbene a malincuore, si vedono costretti a migrare, per provare a far sopravvivere il loro amore. Tanto la patria era sfumata e indistinguibile, quanto i luoghi attraversati hanno un nome: Mykonos e Londra sono solo due delle realtà che i ragazzi attraversano, tra difficoltà, scarsità di cibo e di denaro, frodi subite, pericoli da ogni parte... 

Lungo il fiume delle nostre vite: Come siamo diventati nordcoreani di Krys Lee


Come siamo diventati nordcoreani
di Krys Lee
Codice Edizioni, maggio 2017

Traduzione Stefania De Franco, Flavio Iannelli e Daria Restani

Pp. 298
€18 





Ma una cosa la ricordo: il fisico da ballerina chino su di me, l'odore di aghi di pino bagnati e la promessa della primavera.

Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo riso sui meme e sui fotomontaggi con protagonista Kim Jŏng-ŭn, l'attuale, così come recita la sua carica ufficiale, Guida suprema della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Eppure il despota nordcoreano (perché è di questo che si tratta, meglio tenerlo sempre bene in mente) è uno dei personaggi politici e militari oggi in circolazione più chiacchierati ma di cui meno si sa. Infatti la Corea del Nord, ancora nel 2017, è uno degli Stati più impermeabili di tutti. Si ride insomma ma non si sa bene di cosa si stia parlando: già perché se si conoscesse meglio la situazione non ci sarebbe spazio per frizzi e lazzi ma solo per dolore, tragedia e sangue, troppo sangue che in questi anni ha macchiato quella martoriata terra. Di questo e di molto altro parla Come siamo diventati nordcoreani di Krys Lee, uscito per Codice Edizioni.

La violenza dei balordi: i racconti di Andrea Carraro

Tutti i racconti
di Andrea Carraro
MelvilleEdizioni, 2016

253 pp.
€ 17,50



Come si legge nella postfazione di Fabrizio Ottaviani, tranne alcuni inediti tutti i racconti presenti in questo libro attingono dalle due raccolte La lucertola (Rizzoli, 2001) e Il gioco della verità (Hacca, 2009). Abbiamo dunque a che fare con storie scritte nell'arco di una decina d'anni; e anni importanti oltretutto, che hanno visto per esempio l'introduzione dell'Euro e l'avvio della crisi economica. Se differenze sostanziali sono rinvenibili fra i vari racconti, un elemento è onnipresente in ogni narrazione, quell'elemento che ha reso famoso Carraro grazie al romanzo Il branco (Theoria, 1994; poi Gaffi, 2012) e trasposto nel film di Marco Risi: il male.

Il male di cui parla Carraro non è un'entità o un concetto astratto, né tantomeno un'agostiniana assenza di bene: è qualcosa di più strettamente terreno e quotidiano, così ferale e spesso ingiustificato da far saltare molti metri di giudizio. È un male emanato non soltanto dai balordi delle classi sociali più umili tanto amate dallo scrittore romano − come accade appunto nel Branco, dove a farla da padrona sono operai, ladruncoli, piccoli malviventi: dei balordi, appunto − bensì anche da persone più o meno altolocate, come si vede nel bellissimo racconto Il gioco della verità, che coinvolge uomini e donne della media borghesia romana; o anche nell'Inaugurazione, che prende di mira una intellighenzia politicamente schierata.

Se il pescecane dorme, la vita può ricominciare: il romanzo d'esordio di Milena Agus

Mentre dorme il pescecane
di Milena Agus

Nottetempo, 2005

pp. 171
€12,00


Un vecchio adagio recita di non svegliare il can che dorme, perché potrebbe fare molto peggio che limitarsi ad abbaiarci contro. Ma se quello assopito è un non meno pericoloso pescecane, e noi, come già Pinocchio e Geppetto, ci sentiamo intrappolati nella sua grande pancia, piena di cose rotte e piccoli e grandi relitti, che cosa è meglio fare per uscire da quel buio angosciante e ricominciare a nuotare liberamente in mare aperto, in pieno sole? Secondo il padre della protagonista del romanzo d’esordio di Milena Agus bisogna approfittare proprio del sonno del bestione, perché è proprio quello il momento ideale per sgusciargli via dalle viscere attraverso i denti affilati. Una volta fuori, poi, ci si sentirà come Giona e come Giobbe: sopravvissuti a tanto patimento e ancora più pazienti di prima, consapevoli di avere sopportato a lungo ma con la certezza che la fatica non sia stata vana.

«Manager! Conigli, avrebbero dovuto chiamarsi».

Il coniglio bianco
di Nino Treusch
DeA Planeta Libri, 2017

1^ edizione: 2010

pp. 380
€ 9,90


Vi è mai capitato di leggere un libro e poi di andare a cercare con ansia crescente quella bella dicitura rassicurante, di solito nel colophon, che precisa che i fatti narrati sono frutto di fantasia...? Ecco, visto che ne Il coniglio bianco, thriller di Nino Treusch, il colophon è pulito, ci si aspetta con tranquillità che tutte le angosce generate dal racconto vengano dissipate con una nota in calce al romanzo. Invece, ci sono solo i ringraziamenti dell'autore. 
Ma andiamo con calma e vediamo perché il romanzo ha i caratteri dell'intrigo internazionale solo occultato e travestito da romanzo. Il protagonista, Jan, è un giovane padre di famiglia, brillante e che cerca di migliorare la sua posizione lavorativa come tanti. Per questo lascia l'Italia alla volta di Monaco, anche se questo comporta di entrare come manager in una azienda di telefonia mobile. Fino a quel momento, Jan ha lavorato in banca, ma non si fa certo intimorire dalla sfida. Anzi, parte con le migliori intenzioni, anche quando il capo (che non ha ancora incontrato di persona) inizia a mandarlo in giro per il mondo con compiti delicati e quasi allo sbaraglio, disinteressandosi completamente del pensiero del suo nuovo dipendente.

Istantanee di un'estate: "L'ultimo faro" di Paola Zannoner

L’ultimo faro
di Paola Zannoner
DeA, 2017

pp. 368
€ 14,90



Autrice di culto per i giovanissimi, Paola Zannoner si cimenta ancora una volta con una prova ambiziosa. L’ultimo faro è un romanzo per giovani adulti dalla struttura articolata e denso di contenuti, che riesce ad affrontare con delicatezza temi etici di rilievo
La storia è semplice: quattordici ragazzi di età compresa tra i dodici e i quindici anni partecipano, più o meno volontariamente, a un campo estivo di tre settimane in un faro che si erge in una desolata zona costiera. Si tratta di adolescenti problematici, ognuno carico di un fardello soltanto vagamente intuibile dall’esterno: Ahmed, che ha attraversato il deserto alla ricerca di una vita migliore; Deirdre, che vorrebbe avere tutto sotto controllo e finisce per esercitare un dominio assoluto sul proprio corpo e sul cibo che (non) assume; la timida Fran, ossessionata da tutto, paralizzata dalle proprie paure; Samuele, che non riesce a trattenere i propri scatti di rabbia. E ancora Walter, Natasha, Sergio, Cicca…

Di che cosa parliamo quando parliamo di… rapporti di coppia

Come non odiare tuo marito dopo i figli
di Jancee Dunn
Sonzogno, 2017

Traduzione di Paola Bertante

pp. 254
€ 16,50



Spesso quando leggo un libro mi capita di fare un gioco, ossia quello di immaginare, nel farsi della lettura, un titolo alternativo rispetto a quello scelto dall’autore, non per presunzione ma, al contrario, per riassumere in un inciso di poche parole ciò che il libro ha lasciato dentro di me, cedendo a quel potere di espansione dell’immaginazione da sempre proprio della letteratura. E in questo mio gioco è coinvolto anche il libro di J. Dunn che, prendendo spunto da un romanzo di Raymond Carver, avrei intitolato Di che cosa parliamo quando parliamo di… rapporti di coppia.

Barry Strauss e la cronaca del mondo antico

La morte di Cesare. L'assassinio più famoso della storia
di Barry Strauss
Laterza, 2017

Traduzione di David Scaffei
1^ edizione: 2015

pp. 350
€ 13,00 (cartaceo)


La morte di Cesare non si apre con il pugnale che vedete in copertina: si apre con un trionfo, che celebra l'incredibile vittoria di Giulio Cesare nel 45 a.C., dopo la famosa vittoria di Munda, che segna la sconfitta definitiva dei pompeiani. Come in una presa diretta, Barry Strauss presenta i personaggi che accompagnano il comandante vittorioso: Decimo, Bruto, Ottaviano, Antonio. Ognuno di loro è vicino a Cesare: Decimo è un fidato compagno d'armi, Bruto è figlio dell'amante più cara a Cesare, Ottaviano gli è nipote, Antonio è amico e comandante da anni. Ma, nonostante parentela e amicizia, ognuno di questi quattro personaggi ha validi motivi per competere con gli altri e desiderare di sostituirsi a Cesare. 
Le ragioni di questa ambivalenza vengono spiegate approfonditamente da Barry Strauss, che coglie personaggio per personaggio in uno zoom attento ai dettagli. Si parte sempre con l'aspetto fisico, descritto minuziosamente, e il carattere, desunto da fonti più o meno accreditate, di cui l'autore dà sempre conto; si passa quindi a un flashback sulla carriera del personaggio, focalizzando tutto sul rapporto che il personaggio intrattiene con Cesare, ma anche sulle ambizioni personali. Il lettore, in tutta la prima parte del saggio (circa un'ottantina di pagine), si avvicina ai protagonisti della congiura, a cui assiste con dovizia di particolari storici e ipotesi sugli interessi di questo e quel congiurato (si tratta della seconda parte del saggio). 
Intanto, Cesare si è stabilito nella sua lussuosa villa oltre il Tevere: che cosa sta preparando davvero?

#CritiComics - "Orientalia": sensualità e leggenda, tra Istanbul e Venezia

Orientalia. Mille e una notte a Venezia
di Alberto Toso Fei e Marco Tagliapietra
Round Robin editrice, 2017

pp. 120
€ 18,00




Certi amori non finiscono: e quello tra Alberto Toso Fei e la città di Venezia è destinato a durare. Nel suo ultimo libro, Orientalia, lo scrittore "veneziano dal 1351", fiero discendente di "un'antica famiglia di vetrai di Murano", conduce nuovamente il lettore in laguna. E, di nuovo, gli narra un passato mitico, fatto di storia e leggende; a rappresentarle, le linee morbide e fiabesche del veneziano Marco Tagliapietra.

È il 22 marzo 1838, una data simbolica: una pattuglia di austriaci cerca Saddo Drisdi, l'ultimo turco rimasto in città, per cacciarlo. Non immaginano, il kapitan e i suoi fedelissimi, che esattamente dieci anni dopo saranno loro ad essere scacciati, nell'insurrezione da cui nascerà l'orgogliosa Repubblica di San Marco.

#CritiMusica - A passo d'uomo, e senza troppa simpatia

P
Passo d'uomo
di Francesco De Gregori con Antonio Gnoli
Laterza, 2017

pp. 233
10 €


...e quello che non so lo so cantare.

Inizio con una premessa: Francesco De Gregori non è un simpatico.
Più leggevo Passo d'uomo, dialogo col giornalista Antonio Gnoli, ex capo delle pagine culturali e ora collaboratore di Repubblica, appena uscito nell'Economica di Laterza, più pensavo “Oh ma senti questo”.
"Il Principe", l'autore della Donna Cannone, di Nino e la sua Leva calcistica della classe '68. Di Buonanotte fiorellino sì, ma pure di Pablo, di Viva l'Italia, de La storia siamo noi. Di Festival, e Gambadilegno a Parigi, e Santa Lucia. L'autore di un pezzo di coscienza cantautorale del nostro Paese, il “Bob Dylan italiano”.
Io volevo forse, come tutti i fan, trovare le conferme a quel che mi piaceva di lui, nella sua voce. Volevo sentirmi raccontare la nascita delle canzoni, le simpatie politiche, pezzettini di vita privata, e ripercorrere le tappe di quella pubblica.
Volevo una biografia commentata.
E invece c'è dentro questo libro un divagare, talvolta uno sputare franco e secco delle sentenze e delle opinioni personali che uno dice “ma fai il cantante” e ti aspetti che Francesco De Gregori interpreti la sua parte. Così come quando vai a un suo concerto e ti aspetti che faccia Buonanotte fiorellino per cantarla insieme a lui e poi cambia tutti gli arrangiamenti e che era Buonanotte fiorellino lo capisci a metà canzone.

In memoria di Stefano Rodotà

Un ritratto di Stefano Rodotà.
Fonte: L'Espresso
È di ieri la notizia che ci ha lasciati Stefano Rodotà, un giurista, un intellettuale, un grande Uomo del nostro Paese.

Nato a Cosenza il 30 maggio del 1933, fin da giovane coniugò la passione per il diritto con quella per la politica.

Innumerevoli le cariche fino ad oggi ricoperte. Solo per citarne alcune: professore ordinario all'Università La Sapienza di Roma, militante nel partito Radicale, insegnante anche a Oxford, in Francia, in Germania, negli Usa, editorialista de La Repubblica.
Dal 1997 al 2005 è il primo Garante per la protezione dei dati personali, dal 1998 al 2002 presiede il gruppo di coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell'Unione Europea.

Nel 2013 il Movimento 5 Stelle lo propone come Presidente della Repubblica, ma alla fine gli verrà preferito Napolitano.

Cosa c'è sotto questa pelle che tradisce i segni del tempo?

Crepapelle
di Paola Rondini
Intrecci edizioni, 2017

pp. 174
€ 14 (cartaceo)



C'è una verità insopprimibile, anche nel nostro presente ultra-tecnologico: il tempo passa e ci cambia, interiormente ed esteriormente. Sembra una realtà scontata, ma non è proprio così, in un'epoca che cerca di scongiurare in ogni modo l'idea della morte. Greta Lensi lo sa, con i suoi cinquant'anni, i lineamenti regolari e quel corpo che può sembrare ancora quello di una trentenne, se visto da lontano. È l'invecchiamento che non sopporta, o semplicemente lo scontro quotidiano con la nuova se stessa, così difficile da accettare. Per questo e per altre ragioni, che si scoprono via via nel romanzo, Greta si rivolge a un'importante clinica fiorentina di chirurgia estetica, dove opera il dott. Giacomo Selvi, tanto rinomato quanto attraente, tanto responsabile in sala operatoria quanto disinibito nelle relazioni con donne molto più giovani di lui.

Hemingway e l'Italia, una storia d'amore


L'Italia di Hemingway
di Richard Owen

traduzione di Daniela De Lorenzo

Donzelli, 2017
224 pp.
25,00 €


Wopland, la terra “spaghettosa”. Così Ernest Hemingway nei suoi, non rari, momenti umorali chiamava l’Italia. “But the Wopland gets in the blood and kind of ruins you for anything else” (“ma la terra spaghettosa ti entra nel sangue e poi ti rovina per qualsiasi altra cosa”). E la nostra Italia era davvero entrata nel corpo e nella mente di Hemingway, che la conobbe durante la Prima guerra mondiale, quando appena diciottenne, si arruolò volontario come autista di ambulanze per la Croce rossa americana. Il bel libro Hemingway e l’Italia di Richard Owen, che per 15 anni fu corrispondente dall’Italia per il Times, ripercorre per la prima volta tutte le tappe dell’amore che legò indissolubilmente lo scrittore, tra i più grandi del Novecento, alle nostre terre. E se poi la vita lo portò a vivere a Key West in Florida, poi a Cuba, alla Finca Vigía, a soggiornare per lunghi periodi a Toronto, a Parigi, in Spagna, negli States, in Africa, e infine a morire suicida a Ketchum nell’Idaho, è del nostro Paese che Ernest Hemingway si innamorò perdutamente.
Ho così tanta nostalgia dell’Italia che quando ne scrivo viene fuori quel non so che di speciale che si riesce a mettere solo nelle lettere d’amore.
Così scriveva all’amico James Gamble nel 1919. E per tutta la vita, Papa (come lo scrittore era soprannominato) tornò in Italia, portandoci gli amici e le mogli. Owen racconta in modo molto circostanziato la storia biografica che legò Hem all’Italia, avvalendosi di tantissimo materiale d’archivio, lettere, testi, annotazioni, interviste a persone che lo conobbero. E ovviamente grazie ai romanzi e ai racconti, da cui, a leggere tra le righe, escono persone, incontri e momenti. Perché per Hemingway vita e letteratura erano un unicum.

La vocazione dell’Assoluto. Gottfried Benn cronista della nuova stagione letteraria

La nuova stagione letteraria
di Gottfried Benn
Adelphi, 2017

a c. di Amelia Valtolina

pp. 50
€ 7,00



All’individualità pare dedicata l’intera opera di Gottfried Benn, come un’ode a quella figura che potrebbe aver nome di “Io”. No, nessuno spazio all’egoismo, a una centralità particellare, a un “Io” piuttosto, che sia da contemplare e carezzare con lo spirito di chi errabondo descriva l’età moderna. La città: che farsene? Così Rönne, voce protagonista del romanzo “Cervelli” (Adelphi), si risolve per “farsi occupare” dall’ambiente. Parecchi anni dopo aver goduto delle simpatie nazionalsocialiste e da queste esser stato tradito per via di quel suo spirito francamente anti-pratico, e dunque “degenerato” per chi faceva della terra l’unico teatro su cui allestire la recita dello “spazio vitale”, l’autore scriverà, tra le riflessioni di “Romanzo del Fenotipo” (Adelphi): «In un’epoca che dava importanza soltanto alla massa, l’ipotesi di un cadavere dotato di individualità era una romanticheria».

La felicità è a portata di trolley

La felicità è a portata di trolley
di Marta Perego,
De Agostini, maggio 2017

pp. 272
€ 16 (cartaceo)



55x40x20: sono le (ristrettissime) misure con cui, viaggiatori moderni, dobbiamo fare i conti: quelle, per intenderci, del bagaglio a mano concesso sui voli RyanAir e che, ad ogni partenza, ci tengono con il fiato sospeso e le dita incrociate sperando di non aver sforato in centimetri e peso della nostra valigia. Marta Perego, giornalistica culturale che da un decennio si divide fra cinema e libri, è una nomade spesso in viaggio per lavoro e per passione, e con quelle rigide misure ha dovuto imparare a fare i conti. Con il tono ironico e intelligente che la contraddistingue, ha scritto un libro a metà strada fra il manuale e il memoir, tra consigli per superare il trauma da bagaglio ridotto e aneddoti, ricordi e riflessioni di una viaggiatrice appassionata che proprio da quelle valigie ha imparato molto. Un testo divertente, dalla grafica accattivante, ricco di consigli e trucchi da esperta viaggiatrice, ma anche il pretesto per fermarsi a riflettere su noi stessi, di fronte ad una valigia aperta, pronta a contenere non soltanto abiti e oggetti ma un pezzo di quello che vorremmo essere in quel viaggio. 
Ho capito che ogni valigia non è altro che un mio ritratto, scattato nel preciso istante in cui mi trovo. In equilibrio sottile tra la me stessa che va e la me stessa che ritorna.

Un padre morto, due gemelle e una casa che è un'arena in cui disconoscersi a vicenda: "L'importanza dei luoghi comuni" di Marcello Fois

L’importanza dei luoghi comuni
di Marcello Fois
Einaudi, 2013

pp. 139
€ 12,50




Il ritratto di famiglia sarebbe presto fatto: un papà, una mamma e due figlie gemelle, Alessandra e Marinella. Peccato che, quando le bambine avevano otto anni, il pater familias se ne sia andato, mettendo in atto una strategia dell’abbandono alla quale le piccole avrebbero reagito in modo diametralmente opposto, finendo col divaricare sempre di più, nella crescita, quell’alterità che tanto le distinguerà nei caratteri a dispetto della specularità dei corpi. Finché un giorno, ormai quarantottenni, le sorelle non si ritroveranno vis à vis nell’appartamento paterno proprio dopo la morte del genitore, e la loro visita a quelle stanze contese, impregnate dall’odore del sigaro abitualmente fumato dal fu Ernesto Cappelli, diventerà occasione per una lotta verbale senza esclusione di ricordi: come se quella dimora  fosse l’«arena» perfetta e tanto attesa nella quale le due donne, tra “silenzi e grida”, potessero finalmente procedere «al reciproco disconoscimento».

Della gioventù d'oggi: il romanzo feroce di Lindsey Lee Johnson

Il posto più pericoloso del mondo
di Lindsey Lee Johnson
Bompiani, 2017

pp. 318
€ 18,00

Titolo originale: The Most Dangerous Place on Earth
Traduzione di Sara Reggiani




Tristan Bloch ha tredici anni. Non è bello, non è ricco, è socialmente inetto. Viene sistematicamente emarginato e deriso e, quando decide incautamente di scrivere una lettera d'amore a una bella compagna di classe, Cally, innesca un meccanismo mortale fatto di pubbliche umiliazioni, cyberbullismo, aperte istigazioni al suicidio. Letto poco dopo Tredici (qui la recensione), questo romanzo sembra partire da presupposti comuni; la differenza sostanziale è che il focus qui è incentrato non sulle ragioni di chi va, ma sulle conseguenze - nascoste, rinnegate - per chi resta, sull'apparente assenza di traumi, e sulle cicatrici che invece segnano nel profondo i superstiti.

#CriticaNera - Una commedia thriller alla Coen: "Il cacciatore di teste" di Jo Nesbø

Il cacciatore di teste
di Jo Nesbø
Einaudi, 2013

Traduzione italiana di Maria Teresa Cattaneo

pp. 293
€ 18



Roger Brown lavora per Alfa, una società norvegese di selezione del personale. È un cacciatore di teste, cinico e privo di qualsiasi coinvolgimento emotivo; dall'alto (o dal basso?) del suo metro e sessantotto vuole essere il più bravo: non si tratta solo di lavoro, ma di vincere ed in effetti è il migliore nel suo mestiere ed emana un fascino da predatore.  Distaccato, guarda con ironia il mondo dell'alta società norvegese che frequenta con la moglie Diana, proprietaria di una galleria d'arte (pagata da lui per senso di colpa dopo averla convinta ad abortire). Oltre che scrutatore di top manager, Roger è un ladro di quadri, sottratti proprio dalle case dei ricchi che incontra grazie al suo lavoro.
Quando incontra Clas Greve, capisce subito che è l'uomo perfetto per il posto di amministratore delegato di un'azienda di gps e tecnologia satellitare sua cliente. Non solo: casualmente scopre che l'olandese è in possesso di un quadro rarissimo di Rubens; l'occasione che Roger aspettava da tutta la vita per un ultimo colpo definitivo che lo sistemi per sempre.

Un viaggio (troppo breve?) nel DNA borghese: "Eros e virtù" di Alberto Mario Banti

Eros e virtù
Aristocratiche e borghesi da Watteau a Manet
di Alberto Mario Banti

Laterza, 2016

pp. 128 
€ 19


Questo breve saggio di Alberto Mario Banti intitolato Eros e Virtù. Aristocratiche e borghesi da Watteu a Manet e pubblicato da Laterza è tanto interessante nell'argomento, per l'appunto l'amore, il sesso e, in generale, il rapporto con i sentimenti tra Sette e Ottocento, quanto non completamente riuscito. Già perché se Banti è uno studioso riconosciuto e di chiara fama dell'argomento, purtroppo il tema viene trattato (come talvolta accade nella collana I Robinson/Letture) in maniera troppo sbrigativa. E dire che dal punto di vista grafico-editoriale il libro si presenta come uno dei migliori esempi oggi in circolazione: impaginazione elegante, comparto fotografico di assoluto pregio, caratteri molto leggibili e una totale facilità di consultazione. Eppure, nonostante questi evidenti, evidentissimi pregi, il libro è fortemente incompleto.

«L'amore non serve a nulla, Ghita. Lo sai bene».

Guardami negli occhi
di Giovanni Montanaro
Feltrinelli, 2017

pp. 144
€ 15 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Tutte raccontano la mia storia senza saperla; dicono che il mio amore è falso, che lui aveva tante donne, principesse e cortigiane, che io ero solo una che gli piaceva.
È che io devo tacere, non posso dire niente.
Non posso dire la verità, raccontare com'è andata davvero la mia storia, fino a che punto ci siamo amati; sarebbe la mia fine. La mia storia non piace ai cardinali. E così mi toglierebbero l'unica cosa che mi resta, l'anello che ho appeso al collo.
(p. 43)
Un amore unico, anti-convenzionale, difficilissimo da spiegare ancora oggi. Impossibile da far comprendere ai contemporanei: Margherita, detta "Ghita" lo sa benissimo, e anche per questo sceglie deliberatamente di ritirarsi in un convento e mostrarsi il meno possibile. Tuttavia, in nome di una notevole quantità di denaro donato al convento, Ghita pare vezzosa nelle sue richieste: ad esempio, vuole che venga passata una mano di vernice bianca sugli affreschi della sua stanza, o vuole essere libera di profumarsi e di non partecipare agli incontri abituali scanditi dalla preghiera. C'è infatti un altro tipo di tormento che lentamente corrode la donna e rende smunta la sua bellezza: è la consapevolezza di non poter più vivere senza il suo amore. 

E dopo la danza, "un forte rumore di niente": il debutto letterarario di Rosario de Meo

Il valzer sull’orlo del pozzo
di Rosario de Meo

GAEditori, 2017

pp. 187 
€16


L’esordio letterario di Rosario de Meo (classe 1971) non può passare inosservato. Prima di tutto perché il suo primo romanzo, Il valzer sull’orlo del pozzo, è un libro in cui è facile riconoscersi, che dà voce alle incertezze e alle paure di tutti quei giovani adulti in cerca del proprio posto nel mondo; in secondo luogo, perché Il valzer sull’orlo del pozzo è un libro ben scritto, che si legge con grande piacere, che coinvolge ed emoziona.  

Il romanzo narra la storia di Cesare, venuto al mondo in un giorno di pioggia del 1973 in un piccolo paese di nome Inverno. In questo luogo-culla, abitato da gente semplice e al riparo dal trambusto urbano, Cesare trascorre un’infanzia serena, circondato dall’amore della sua famiglia: una madre domestica, un padre operaio, una nonna dal carattere stravagante che inneggia alla vita e veglia con apprensione sul futuro del nipote.  Ad Inverno il tempo scorre lentamente e i continui mutamenti di fine secolo tardano a manifestarsi: è un luogo ideale per assaporare piccole scoperte e semplici gioie quotidiane, un luogo in cui Cesare può ampiamente esprimere la sua sensibilità ed esercitare, giorno dopo giorno, la sua immaginazione.

#CriticaNera - I clan di camorra - Genesi della camorra napoletana

I clan di camorra - Genesi e storia
di Luciano Brancaccio
Donzelli Editore

pp. 146

€ 24 (cartaceo)

I clan di camorra - Genesi e storia è il titolo dell'ultimo libro del sociologo Luciano Brancaccio, ed è proprio mediante un approccio sociologico che in quest'opera si è voluta analizzare la criminalità di tipo camorristico
"(...)per lungo tempo considerata una sorella minore della mafia siciliana, perché meno netta nelle sue forme, meno riconducibile a un unico modello interpretativo(...)".  
Per sua stessa ammissione Brancaccio si discosta dalle ricostruzioni giudiziarie delle vicende di camorra colpevoli, a suo dire, di acquisire i dati con ingenuità.

Ad amare la propria vita imperfetta, con Daniela Mattalia.

La perfezione non è di questo mondo
di Daniela Mattalia
Feltrinelli, 2017

pp. 172
€ 15 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)



Vi capita mai di affezionarvi sconsideratamente ai personaggi di un libro? Alle loro imperfezioni, ai punti di forza, alle reazioni così simili alle vostre o, al contrario, così distanti, ma a cui vorreste ispirarvi? Leggendo La perfezione non è di questo mondo di Daniela Mattalia, uscito di recente per Feltrinelli, ci si accorge di questo: i quattro personaggi principali hanno sapore "di casa", "di noi", si combinano con il nostro vissuto in un amalgama di passato e di possibilità
C'è Adriano, professore di Filosofia teoretica in pensione, che torna spesso alle Molinette, perché là riesce ancora a vedere la moglie, morta pochi mesi prima, che sembra volergli comunicare un messaggio. Contraltare di Adriano è Olga, anziana "zitella", come ama definirsi lei, ancora autonoma ma un po' sola. Per questo Olga chiama ogni settimana un'associazione di volontari che ascoltano i bisogni e, talvolta, anche solo le chiacchiere dei loro interlocutori della terza età. Così Olga conosce telefonicamente Gemma, libraia ventinovenne e single, altrettanto sola con i propri sogni di un amore che non ha mai incontrato. O almeno finché nel parco del Valentino viene assalita da un bracco italiano fuori controllo, Archibald, e incontra il suo padrone, Fausto. Quest'ultimo, disegnatore free lance insicuro delle proprie possibilità, resta colpito da Gemma, ma è pur sempre fidanzato con la bellissima e viziata Susanna. Forse a Fausto servono i consigli di una persona matura, che ha saputo cavarsela nella vita, un po' come Adriano, conosciuto per caso al parco. A questi quattro personaggi principali (cinque con Archibald!), si aggiungono più persone, reali o ormai "fantasma": un taxista loquace e ficcanaso, ma buono e generoso; l'amica-vicina di casa di Olga, Delia, pronta a stare accanto all'amica in momenti difficili; l'immatura ma divertente madre di Gemma, Gloria; e tanti altri, che avrete modo di conoscere con un sorriso, per quanto siano le vicende dei quattro protagonisti a restare sempre a fuoco e in primo piano. 

#CriticaNera - Paul Lynch, "Cielo rosso al mattino"

Cielo rosso al mattino
(Red Sky in Morning, 2013)
di Paul Lynch

Traduzione di Riccardo Michelucci
66th and 2nd, 2017
pagine 234

Euro 17,00 (cartaceo)
Euro 8,99 (e-book)




"Ti troverà. È come se sapesse che odore ha il tuo sangue".

Se per caso qualcuno fosse convinto che il setting di un romanzo noir debba per forza essere un ambiente metropolitano moderno, ad esempio un barrio losangelino o le banlieue di Parigi, allora questo Cielo rosso al mattino, opera d'esordio dell'irlandese Paul Lynch, riuscirà a fargli cambiare idea, fornendogli una prospettiva diversa da cui guardare a questo genere letterario che di continuo si arricchisce di pagine memorabili e di autori di grandissimo talento.

Il romanzo è infatti ambientato nell'Irlanda settentrionale del 1832, all'alba di quella che venne descritta come la "Grande Carestia" che si abbatté sull'isola pochi anni dopo. Coll Coyle, un contadino che si spacca le mani e la schiena sulle terre avare degli Hamilton per sfamare la famiglia, viene cacciato dalla fattoria senza motivo. L'uomo affronta il figlio del padrone, che di fatto regge le sorti della proprietà, ma la discussione sempre più accesa sfocia in tragedia, e per Coyle le cose iniziano a precipitare.
Coyle deve quindi fuggire immediatamente abbandonando casa e famiglia, in modo da evitare la cattura e il sicuro linciaggio da parte dei tagliagole al soldo degli Hamilton, e da qui inizia il peregrinare confuso e frenetico che porterà l'uomo a vagare per le paludi della contea di Donegal dirigendosi a sud, fino ad arrivare a Derry e da qui, braccato come un animale ferito, a imbarcarsi su una nave diretta a Boston, dove avverrà la resa dei conti con gli inseguitori guidati dal sanguinario John Faller, uomo di fiducia degli Hamilton (ma anche qualcosa di più, si scoprirà) graniticamente determinato a raggiungere Coyle per ucciderlo, possibilmente in modo lento e atroce.

#CriticaLibera: Katiuscia Laneri, Elisabetta Loi, Samantha Viva, "Afghan West, voci dai villaggi"

Afghan West
voci dai villaggi

di Katiuscia Laneri, Elisabetta Loi, Samantha Viva

Bonfirraro Editore, 2013

pagine 168
Euro 29,00





C'è un momento preciso in cui il flash di una macchina, una domanda di troppo, persino uno sguardo, superano il limite e in questo mestiere, profondamente empatico nei confronti degli altri, bisognerebbe essere in grado di percepire quel momento prima che arrivi.
Non è un paese per donne, l'Afghanistan; a Herat, tuttavia, alcune donne gestiscono Radio Shahrzad, un'emittente tutta al femminile che difende quei diritti che, nonostante la cacciata dei talebani, le donne non sono riuscite a riprendersi. A Camp Zafàr l'esercito afghano sta addestrando i primi contingenti di donne soldato, che saranno destinate a mansioni logistiche e di supporto.
Non molto, se guardiamo attraverso la prospettiva etnocentrica di occidentali "liberi"; se invece riusciamo a liberarci dalle pastoie dei nostri pregiudizi, possiamo renderci conto di come questi aspetti di minor portata siano in realtà risultati fondamentali nel processo di riacquisizione del pieno status di cittadinanza da parte delle donne afghane.
Certo, va detto che tutte queste attività avvengono sotto il controllo e la supervisione maschile, e anche (o soprattutto) che l'emancipazione femminile nulla ha a che fare con l'universo militare, maschile e massificante per definizione. Ma sono indubbiamente segnali che indicano un inizio, che sono le donne stesse a voler essere protagoniste nello stabilire il proprio ruolo sociale, non più soggetti passivi sporadicamente gratificati da qualche privilegio concesso loro dagli uomini.

L'utopia della parola scritta: Jean-Paul Sartre si chiede "Che cos'è la letteratura?"

Che cos'è la letteratura?
di Jean-Paul Sartre

Il Saggiatore, 2009 (1960)
trad. di Domenico Tarizzo et al.

pp. 588
€ 15,00



Il piccolo Sartre si avvicina ai libri in punta di piedi, li osserva dallo studio del nonno e ne brama il possesso. "Ero abbastanza snob da esigere di possedere libri miei", scriverà ormai quasi sessantenne nell’autobiografia “Le Parole” (Il Saggiatore, traduzione di Luigi de Nardis), un “autoritratto con libri”. La proprietà dell’oggetto è l’identità dentro cui si riflette quella del bambino, lo spazio dove può tranquillamente accrescersi a dispetto delle carezze materne. A sopravvivere è un animo oppositivo: non “come gli adulti”, vuol diventare il fanciullo, bensì contro di essi. I libri che sceglie confliggono infatti con le letture di cui il nonno vorrebbe si vestisse, il vecchio Hugo o lo schietto La Fontaine: il piccolo preferisce i romanzi d’avventura. "Ancor oggi", annota Sartre "leggo più volentieri i volumi della 'Sèrie Noire' che Wittgeinstein".

1947. Sarte è francamente di moda tra i giovani parigini (e non solo tra quelli, un londinese, Colin Wilson, troverà la fortuna nei maglioni accollati e attraverso l’opera “The Outsider”, Lo straniero, citazione del più celebre Étranger di cui Camus aveva tracciato l’indifferente profilo nel 1942). Era il 1945, inoltre, quando la conferenza “L’Esistenzialismo è un umanismo” aveva infiammato col soffio dell’impegno politico l’animo di quanti credevano d’aver raggiunto la più autentica conoscenza del mondo per mezzo della nausea di cui avevano letto nell’omonimo romanzo sartriano. Qualche mese prima era stata inaugurata la rivista “Les Temps Modernes”, di cui Sartre scriverà, tra le righe di presentazione: «è nostra intenzione concorrere a produrre certi mutamenti nella Società che ci circonda».

"Nudi come siamo stati", il secondo esordio di Ivano Porpora

Nudi come siamo stati
di Ivano Porpora
Marsilio, 2017

pp. 335
€ 18,00


Nudi come siamo stati è il secondo romanzo di Ivano Porpora. Esce a cinque anni di distanza dal suo libro d'esordio, La conservazione metodica del dolore, pubblicato da Einaudi Stile Libero nel 2012. Un intervallo piuttosto lungo, in cui Porpora non pubblica niente – almeno, niente nel campo della narrativa lunga.

La concisione dei numeri è il modo migliore per rendere chiaro un primo dato di fatto: in un'epoca che ha sancito la necessità dell'iper-produzione narrativa come unica via possibile per sopravvivere ai frenetici risucchi del turn over in libreria, uscire con un secondo romanzo cinque anni dopo aver esordito significa, poco più poco meno, esordire di nuovo. In editoria come in molti altri settori, ormai, il tuo valore è il valore dell'ultima cosa che hai fatto: e quasi nessuno ha la memoria così lunga da riuscire a ricordarsi il valore di un esordio che risale a così tanto tempo fa.

A questo si aggiunge un secondo dato: come Porpora sottolinea almeno due volte nel libro (nella dedica e nell'Avvertenza dell'autore), la scrittura di Nudi come siamo stati ha occupato gli ultimi nove anni della sua vita. Un parto piuttosto lungo, il cui concepimento si colloca addirittura quattro anni prima dell'uscita de La conservazione. In altre parole: se la matematica non è un'opinione, in un certo senso Nudi come siamo stati si può considerare il vero esordio di Ivano Porpora.

Anzi, forse in più di un senso.

Ayelet Gundar-Goshen, "Una notte soltanto, Markovitch"


Una notte soltanto, Markovitch
(Layah echal, Markovitch, 2012)
di Ayelet Gundar-Goshen

Traduzione di Raffaella Scardi e Ofra Bannet
Casa Editrice Giuntina, 2015

pp. 326
€ 16,50 cartaceo
€ 8,99 e-book


Yaakov Markovitch è un ometto grigio, insignificante, né bello né brutto, quasi trasparente nella sua mancanza di personalità; il suo amico Zeef Feinberg è invece l'esatto opposto: esuberante, incontenibile, carismatico e, naturalmente, "sciupafemmine" come nessun altro.
Le vicende di questi due "gemelli diversi" si intersecano continuamente  e si collegano a quelle degli altri personaggi che popolano Una notte soltanto, Markovitch, il sorprendente romanzo d'esordio di Ayelet Gundar-Goshen. 

Essere figlio: punto di osservazione privilegiato e raccordo tra chi non c'è più

Tra loro. Ricordando i miei genitori
di Richard Ford
Feltrinelli, 2017

Traduzione di Vincenzo Mantovani

pp. 136
€ 15 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Scrivere di loro, non voltare le spalle, non è solo un mezzo per esaudire il mio desiderio immaginandoli vicini, ma è anche puntare verso quell'attualità, che - ancora una volta - è il punto dove inizia la mia comprensione dell'importanza. (p. 128)

Richard Ford è tra i nomi più importanti delle letteratura americana contemporanea: dunque, cosa ha mosso uno scrittore che per anni ha celato la propria vita, o l'ha rimasticata nelle sue varie opere, a scrivere i memoriali dei suoi genitori e a pubblicarli? Erra chi pensa che Ford risponda a un bisogno nostalgico: i due memoriali, scritti a trent'anni di distanza, sono stati «una fonte di immensa euforia» (p. 131). Se il memoriale per la madre è stato scritto appena a ridosso della morte materna (nel 1981), ci sono voluti più di cinquantacinque per elaborare la morte del padre (del 1960) e scrivere della sua vita, in occasione della presente pubblicazione. L'ordine in cui leggiamo i due memoriali è però inverso, ovvero risponde a una scelta autoriale: prima la vita del padre, proiettata nella prima metà del Novecento; poi quella della madre, che si spinge fino ad anni più recenti. Dunque un ordine cronologico degli eventi, ma non di composizione. 

Madame de Staël, il giudizio su Rousseau e riflessioni sul suicidio


Lettere sugli scritti e il carattere
di Jean-Jacques Rousseau - 
Riflessioni sul suicidio
di Madame de Staël 

a cura e con introduzione di Livio Ghersi
Editrice Bibliosofica, 2016

pp 167
Euro 12,00




Un’opera volta a inquadrare nel contesto filosofico e politico dell'epoca, oltre che letterario, la figura di Madame De Staël, è uno degli obiettivi del libro pubblicato da Bibliosophica Editrice, con la prefazione di Livio Ghersi e la traduzione dal francese di Andrea Inzerillo. Il libro, uscito in occasione del 150esimo anniversario della sua morte, nel 2016, si compone di due diverse parti, oltre alla ricca introduzione – quasi un terzo capitolo - che mira a far luce su questa complessa figura di donna. Nella parte relativa alle “Lettere sugli scritti e il carattere di Jean-Jacques Rousseau” si evince come la De Staël avesse già intuito la portata della personalità di Rousseau, in un momento in cui il filosofo non godeva ancora di fama e soprattutto era fortemente osteggiato da tutto l’ambiente illuminista, in particolare da Voltaire. Ma l'altro obiettivo è quello di restituire in italiano le “Riflessioni sul suicidio”, finora mai tradotte; in questa parte del libro le considerazioni dell’intellettuale assumono accenti imprevisti, nella considerazione suprema di una morale più spirituale a cui la razionalità deve comunque piegarsi.

Swing Time


Swing Time
di Zadie Smith
Mondadori, maggio 2017

Traduzione di Silvia Pareschi

pp. 420
€ 22 (cartaceo)


Come diceva il buon vecchio Holden:

Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.

Ecco, personalmente è dai tempi di White Teeth (Denti Bianchi, nell’edizione italiana edita da Mondadori) che vorrei diventare la migliore amica di Zadie Smith, poterla chiamare, scriverle, ogni volta che sento il bisogno di una conversazione brillante, intelligente, arguta. Ora, scherzi a parte, il fatto è che raramente ho trovato un altro autore capace di incantarmi allo stesso modo, non solo grazie ai suoi libri ma anche nel corso di interviste, incontri, dibattiti. Ho sviluppato nel tempo una profonda ammirazione per la scrittrice inglese, intellettuale vivace, abile narratrice di storie, sempre attenta a sfuggire ad etichette e stereotipi. Il fil rouge di temi e spunti che lega i suoi principali scritti – identità, razza, famiglia, multiculturalismo – si traduce a questo punto della sua carriera letteraria nello sguardo lucido e attento con cui indaga la società contemporanea, le dinamiche mutevoli del mondo, riuscendo comunque ogni volta a rinnovarsi, pur restando fedele alle materie a lei più care e congeniali. Un testo dopo l’altro, Smith riesce nel miracolo di non ripetersi ma, al contrario, dimostra il proprio talento osservando ogni volta la storia da angolature differenti, ritornando poi all’essenzialità della narrazione: la famiglia, i legami, l’identità.
Swing Time, l’ultimo romanzo da poco pubblicato anche in Italia nell’ottima traduzione di Silvia Pareschi, è la conferma della scrittura matura di un’autrice capace di passare agilmente da una forma letteraria all’altra. Ed è, probabilmente, il suo romanzo più politico ed intimo insieme.

Avere sei anni e non dimostrarli: "Ave Mary" di Michela Murgia

Ave Mary.
E la Chiesa inventò la donna
di Michela Murgia
Einaudi, 2011

pp. 166

Euro 16,00

Ave Mary ha appena compiuto sei anni. Se fosse una bambina, adesso frequenterebbe la prima elementare. O forse, in virtù del suo acume, avrebbe già messo grembiule e fiocco rosso con dodici mesi di anticipo, guadagnandosi la fama di scolara più impertinente della classe. Del resto non c’è voluto molto, fin dalla sua nascita poco più che un lustro fa, perché fosse giudicata da più parti un’infanta insopportabile e malmostosa. Ave Mary non ama giocare al gioco del silenzio, ma neanche risponde sempre «si, grazie». Come se non bastasse non sa stare ferma, seduta composta e con le braccia conserte, perché preferisce muoversi liberamente. E quando l’autorità costituita prova ad acciuffarla per predicarle in faccia le regole della mansuetudine e dell’obbedienza, lei guarda e ascolta attenta il suo censore per poterlo contraddire al meglio. Non per mero sfizio dialettico, ma solo perché è troppo facile coglierlo in fallo. Nemmeno le piace chi la vezzeggia e la trova adorabile nella sua ribellione: non aspira alla lusinga di chi ha nostalgia della propria rivoluzione mancata, uomo o donna o altro che sia. Ave Mary è femmina, e non odia i maschi per partito preso: se del loro innamoramento non le importa granché, è perché sa che il loro rispetto è infinitamente più importante.

Conosci il tuo nemico: Populismo di Manuel Anselmi


Populismo. Teorie e problemi
di Manuel Anselmi
Mondadori Università

Pp. 90
€ 9


Praticamente ogni giorno sui quotidiani, al telegiornale oppure sugli articoli online viene usata la parola populismo. Anzi secondo più di un autorevole esperto questa precisa stagione storica sarà ricordata come l'era del populismo. Ed allora, visti anche i numerosi partiti e forze politiche che, più o meno dichiaratamente, si rifanno a questo antico concetto, quale libro migliore di questo Populismo. Teorie e problemi di Manuel Anselmi, ricercatore di Sociologia dei fenomeni politici presso l'Università degli Studi di Perugia e docente del corso di Democrazia e Sviluppo in America Latina presso l'Università LUISS. Quindi questo agile e sintetico volume, pensato per lo studio a livello universitario, è il testo giusto per tentare di districarsi intorno al mare magnum di definizioni e appellativi dati a questo o quel partito, movimento o forza politica come populista.

"Tutto sarebbe cambiato in questo mondo, tranne la sostanza": "Guardati dalla mia fame" di Milena Agus e Luciana Castellina

Guardati dalla mia fame
di Milena Agus e Luciana Castellina
Nottetempo, 2014

pp. 207

Euro 15,00

Guardati dalla mia fame, il titolo del libro scritto a quattro mani da Milena Agus e Luciana Castellina, ha la solennità dell’ammonimento che allude alla minaccia di un “altrimenti…” sottinteso e mal nascosto. In questa storia, a guardare le cose dal punto di vista dell’affamato e del denutrito, c’è chi non si è protetto abbastanza dal tormento dei suoi simili per il pane quotidiano, e ha meritato di pagarne le conseguenze con la vita. Ma c’è anche chi, a rovesciare la prospettiva, non immaginava che la pancia altrui fosse così insopportabilmente vuota, e non capisce come l’equivalenza tra privilegio di nascita e plateale ingenuità possa essere pretesto valido per il reato di omicidio. Dove sta la ragione? E dove il torto?

Un complicato (f)atto d'amore

Un complicato atto d'amore
di Miriam Toews
trad. Monica Pareschi
Marcos y Marcos, 2017

pp. 288
18 €


«Ci sono tante di quelle idee perfette in questo paese, ma l'amore, come lo sballo dell'acido in confronto a un trip di erba scadente, dura più del dolore. Sì, è così. L'amore è tutto. È davvero la cosa più grande. E sono convinta che noi usiamo tutto quello che è in nostro potere, tutto quello che è alla nostra portata, per tener vivo l'amore che abbiamo provato.»
L'amore è sempre un'azione, è sempre questione di fare delle scelte.
Un'infinita serie di scelte che chi ci ama subisce, e compie. Uno scambio, una connessione continua, un modo doloroso e dolcissimo di sentirsi vivi.
Ed ha imparato presto a capirlo Nomi, la protagonista di Un complicato atto d'amore di Miriam Toews (pubblicato recentemente da Marcos y Marcos nella traduzione di Monica Pareschi), «una piccola isola di dolore» sedicenne in una piccola comunità mennonita di East Village, in Canada.
I mennoniti sono una sorta di setta ultrareligiosa che basa la propria esistenza su rigidi principi di ristrettezza: assillati dall'ansia del peccato, mortificano il presente in vista di un trionfante aldilà.
Ma è dal presente che Nomi ha un disperato bisogno di risposte.

Su dove siano ora sua sorella Tash, e sua madre Trudie. Sul perché abbiano abbandonato lei e suo padre Ray, di punto in bianco.