Come figlie, anzi
di Giacomo Mameli
Postfazione di Sabrina Perra
Cuec, 2017
pp. 172
€ 16,00
Vengono da tutto il mondo: Romania, Brasile, Filippine, Moldavia... Nel loro passato ci sono costanti drammatiche, per non dire tragiche: povertà, guerre, abusi psicologici e fisici, genitori non sempre di supporto, mariti alcolizzati e violenti. Nel loro presente vige una sorta di magico contrappasso: in Italia trovano uno o più lavori, l’indipendenza, spesso un’accoglienza affettuosa e a volte anche la possibilità di una nuova relazione basata in primo luogo sul rispetto. Per molte di loro la busta paga è legata all’impiego come badanti (brutta parola!) di persone o di coppie anziane, per le quali – al netto di consanguinei poco o nulla presenti (persino ai funerali) – diventano Come figlie, anzi. È questo il titolo emblematico dell’ultimo libro del giornalista e scrittore Giacomo Mameli, che dopo la bella prova di Le ragazze sono partite (edito due anni fa, sempre dalla CUEC) non ha perso interesse per il complesso fenomeno dell’emigrazione femminile. Stavolta però si va ben oltre le quattro province regionali, e si rinuncia alla possibilità della trasfigurazione quasi idilliaca data dalla distanza storica: il secondo dopoguerra è ormai lontano, e alle ingenue giovinette che lasciavano la Sardegna per il resto della Penisola (o per l’Europa) si sono sostituite donne adulte, a volte già madri, giunte in questi anni nel bel paese alla ricerca di una nuova vita.