#PagineCritiche - A lezione di storia da Sergio Romano

Guerre, debiti e democrazia
Breve storia da Bismarck a oggi
di Sergio Romano

con una prefazione di Fabrizio Saccomanni

Laterza, 2017


pp. 118
€ 14 cartaceo
€ 8,99 ebook


Che Sergio Romano fosse una grande penna non è una novità. Ciò che stupisce è l'estrema lucidità ed accuratezza con cui, nonostante la veneranda età, regala ai suoi lettori una disamina attenta e godibilissima di oltre un secolo di storia occidentale, attraverso le lenti di economia e politica. Guerre, debiti e democrazia - breve storia da Bismarck a oggi, opus parvum tra i lavori di Romano, è un pamphlet utilissimo non solo per comprendere a pieno l'attuale situazione politica internazionale ma anche per intuirne i possibili sviluppi. Cardine della trattazione è il principio secondo il quale al termine di una guerra è cosa saggia non infierire sugli sconfitti con indennità eccessive e clausole vessatorie, a maggior ragione se la loro posizione nello scacchiere internazionale richiede una nazione economicamente forte e se le stesse dimostrano di aver voltato pagina con un cambio di governo. Il principio appena enunciato fu disatteso al termine della prima guerra mondiale essenzialmente per scarsa lungimiranza, avidità ed incompetenza, finendo per generare veri e propri disastri. Non tutti i partecipanti alla conferenza di pace di Versailles nel 1919, però, furono d'accordo con le decisioni prese. Ad interpretare allora il ruolo di Cassandra fu l'economista John Maynard Keynes, presente in qualità di delegato del ministero del tesoro britannico. Keynes non solo invitò le nazioni vincitrici a chiedere alla Germania una somma non superiore a 2 miliardi di marchi oro (quella poi stabilita fu di 132 miliardi!) ma anche a cancellare i debiti inter-alleati: sarebbe stato molto più facile per la Francia e per gli altri paesi europei rinunciare alle indennità da parte della Germania, se a loro volta non avessero dovuto onorare i debiti contratti, in primis nei confronti degli Stati Uniti. Le proposte dell'economista britannico vennero però ignorate e si perse effettivamente una grande occasione.
Trent'anni più tardi, con un'altra guerra mondiale sul groppone, i tempi furono finalmente maturi per un trattamento diverso degli sconfitti: è piuttosto facile leggere tra le righe del piano Marshall quelle stesse idee che propugnava Keynes a Versailles. Per chi voglia approfondire la questione Romano aggiunge in appendice ampi stralci di documenti originali, in particolare dai trattati di pace al termine dei due conflitti mondiali e dal saggio "Le conseguenze economiche della pace" di Keynes.

Svolgendo il fil rouge dei debiti, l'autore s'inerpica poi sui sentieri più impervi della storia recente e contemporanea, dedicandosi ai problemi ed ai costi del sistema democratico odierno, al ruolo delle banche nella politica internazionale e quindi alla recente crisi greca. Mai come in questa sezione è da apprezzare la cifra stilistica dell'autore: sempre cauto, oggettivo e dettagliato, dotato di un tono pacato e scevro di ogni intenzione polemica, che lo rende quasi un unicum nel panorama odierno, avvelenato da bufale ed animosità gratuite. Ciò però non impedisce al giornalista di assumere delle posizioni piuttosto nette, in particolar modo sulle questioni europee. Abbastanza critico, infatti, si dimostra nel commentare la Brexit, ossia l'uscita dall'Unione Europea di un Paese che non ne ha mai condiviso il sogno federalista e che vi era entrato solo per poter controllare le cose dall'interno; o ancora solleva dubbi a proposito dell'allargamento ai Paesi dell'Est Europa, tra cui la stessa Grecia, che sì è stata la culla della civiltà occidentale, ma per gran parte della sua storia è appartenuta ad un'altra Europa, quella bizantina, ottomana e levantina e dalla sua rinascita ad oggi non è mai stata un modello di virtù economica.

A mio parere - e senza alcuna accezione dispregiativa - si potrebbe definire Sergio Romano un "integralista europeo". Le sue parole sono attraversate da un forte e tangibile sentimento europeista, comprensibilissimo in un uomo che per via dei suoi compiti istituzionali e diplomatici si è visto nascere e crescere l'Unione Europea tra le mani. Quasi questa fosse una sua creatura - e per certi versi lo è - salvaguardare la di lei integrità economica, politica e culturale diventa il fine ultimo e non dichiarato di questo libro e del suo autore. A questo riguardo la ricetta di Romano è tanto semplice quanto antica: guardarsi indietro per non ripetere gli stessi errori.

Adriano Morea