Luigi Barzini - Storia di un uomo e del suo tempo.

Luigi Barzini
di Simona Colarizi
Editore Marsilio NODI

pp. 220

€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)

Raccontare la vita di qualcuno non è mai semplice, figurasi se il personaggio in questione ha lasciato un segno profondo e duraturo nel suo campo.

Luigi Barzini rientra a pieno titolo tra quelle figure che si stagliano sullo sfondo della storia e che meritano sicuramente di essere scoperte da quanti finora ne hanno ignorato l'esistenza e riscoperte da coloro che già lo conoscevano.

Simona Colarizi, infatti, traccia un interessante ritratto di questo giornalista e senatore morto suicida a Milano il 6 settembre del 1947, all'età di 72 anni.
Nel libro Luigi Barzini. Una storia italiana (Marsilio) la storica immagina i 3 giorni che hanno preceduto l'atto estremo dell'uomo e mescola lo stile tipico del romanzo con quelli del saggio e della raccolta epistolare, per descrivere quello che è stato, per usare le sue stesse parole, il
"prototipo del conformista moraviano",
un uomo che ha assistito alla fine dello Stato liberale senza fare alcunché, per poi aderire al Fascismo ed alla Repubblica di Salò, tanto da convincere uno dei suoi figli, Ettore, a consegnarsi nelle mani dei gerarchi.


Il primo a credere nel talento giornalistico di Luigi Barzini Senior (Junior è un altro suo figlio che erediterà le capacità narrative del padre) fu Luigi Albertini, allora direttore de "Il Corriere della sera" (il figlio di Barzini verrà chiamato Luigi proprio in suo onore), colpito da questo venticinquenne di Orvieto che finora aveva solo collaborato con il "Fanfulla", quotidiano romano che richiedeva a Barzini piccoli articoli e disegni.

Albertini accordò al giovane soltanto due giorni per comprare un nuovo guardaroba, dopodiché lo spedì in Inghilterra, dove Barzini iniziò la sua ascesa da inviato.

Seguiranno la Cina, per documentare la rivolta dei Boxer, la Siberia, l'Argentina, il Giappone, ed i servizi scritti in ognuno di questi Paesi riveleranno il multiforme talento di Luigi Barzini, in grado di adoperare uno stile narrativo snello e suggestivo, che consentiva al lettore quasi di vedere i paesaggi descritti, dando vita ad una tecnica assai innovativa per l'epoca.

Presto, tuttavia, insieme all'apprezzamento dei numerosissimi lettori, giunsero anche le invidie degli altri giornalisti, che coniarono il termine dispregiativo "barzinismo".
Un ritratto del giornalista Luigi Barzini Senior

Barzini, comunque, non si arrese e nel 1907, con il principe Borghese, prese parte al raid Pechino-Parigi: il racconto di questo evento venne pubblicata sul "Telegraph" e quest'ultimo, visto il grande successo riscosso, gli commissionò la cronaca dei funerali del re Edoardo VII.
E così, grazie a questo ed altri suoi reportage "Il Corriere della sera" portò la sua tiratura da 75.000 copie a mezzo milione.

Presto, però, Barzini entrò in conflitto col direttore e mentore Albertini: infatti, quest'ultimo non si rassegnò alle sempre crescenti ingerenze fasciste nel suo giornale, giungendo a pagare con l'estromissione dal giornale le sue idee di libertà.
Storico rimane il suo "Commiato":
"La domanda di scioglimento della società proprietaria del Corriere della Sera intimatami dai fratelli Crespi porta al mio distacco da questo giornale (...). Abbiamo dovuto dunque, mio fratello ed io, rassegnarci alle conseguenze dell'intimazione dei signori Crespi, cedere le nostre quote e rinunziare alla gerenza ed alla direzione di questo giornale".
Così nel 1922 Barzini partì alla volta di New York, dove fondò "Il Corriere d'America", ma i forti debiti maturati nella gestione del giornale lo portarono ad abbandonare la fallimentare impresa nove anni dopo, ed a ritornare in un'Italia completamente in balia del Fascismo nella quale, preclusogli, ormai ogni impiego presso "Il Corriere della sera", si trovò costretto a elemosinare un lavoro per mantenere la famiglia, e venne relegato al "Popolo d'Italia", il giornale del regime.

Insieme all'uomo pubblico Simona Colarizi ci racconta anche l'aspetto privato del giornalista
"marito infedele, maschilista, padre assente ma severo,
che amerà per tutta la vita, nonostante tutto, la moglie Mantica, che si adopererà senza sosta per farlo tornare nelle grazie di Albertini.

Difficoltosi si riveleranno anche i rapporti coi figli: Luigi "Gibò" Junior che, come detto, seguirà le orme paterne e continuerà a fare il giornalista per "Il Corriere della Sera" anche nel dopoguerra; Emma, che vivrà in Spagna col marito e scamperà al conflitto mondiale; il più piccolo Ugo, grande studioso; ma sarà per il triste destino di Ettore, il terzo dei figli della coppia, entrato a far parte dei Gap, che Barzini non troverà pace fino alla fine dei suoi giorni.
Una targa dedicata a Luigi Barzini
Sarà proprio Barzini, infatti, che persuaderà il figlio Ettore a consegnarsi nelle mani dei fascisti, convinto che la fama raggiunta in passato con i suoi molteplici reportage all'estero e le sue influenze da senatore riusciranno a salvare il ragazzo.

Purtroppo, però, Ettore sarà arrestato, condotto a Fossoli e da lì deportato nel campo di Mauthausen, nel quale presto spirerà.

La vita di Luigi Barzini rappresenta una storia complessa, una storia italiana di vittorie e compromessi, ma anche di grandi ideali, di viaggi, di rinascite e tormenti.
È la storia di un uomo che ha dedicato tutto sé stesso al viaggio e alla scrittura, ma che non è riuscito a leggere il suo tempo.
L'autrice, comunque, non lo colpevolizza per non essere riuscito ad interpretare tutti i segni di quella che si sarebbe rivelata essere una spietata dittatura, forse perché è fin troppo facile giudicare la Storia "col senno del poi", ma molto più difficile è attraversarla come ha fatto Barzini nei suoi bellissimi reportage.

Se scegliamo (come ha fatto Simona Colarizi) di giudicare un uomo solo dal suo lavoro, dalle sue opere, allora non potremo fare a meno di considerare ed ammirare il talento di Luigi Barzini, del quale ancora oggi è possibile leggere

le suggestive cronache dei suoi numerosi viaggi.

Ilaria Pocaforza