«La felicità è qualcosa che si cerca, lungo le vie del mondo come nel profondo del nostro cuore. Ed ognuno di noi ha la sua». L'urgenza di vita di Francesco Grandis in «Sulla strada giusta».

Sulla strada giusta
di Francesco Grandis
Milano, Rizzoli, 2017

prima edizione (autopubblicata): 2015
pp. 350

€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

«Quanti di noi si sono sentiti stanchi e stressati dal lavoro, sentendo il tempo passare senza lasciare traccia, e avendo la sensazione di perderlo? Quanti hanno desiderato essere felici?» (p. 314)
Questa è la storia di una rinascita. Un libro che parla alla parte più profonda di noi, che si rivolge alle nostre paure, a quei dubbi che quasi tutti almeno una volta hanno avuto ma che molti hanno sotterrato sotto la sabbia, silenziandone la voce. Quello di Grandis è un libro che, una volta letto, spinge ognuno di noi a farsi delle domande, anzi, la domanda, quella che lui si è sentito rivolgere in un tempio thailandese. È un libro, insomma, che scardina le certezze, mettendo in dubbio quelle «istruzioni generiche» che sono state consegnate all'autore, come a tutti noi, dalla società, la quale ci spinge in un'unica direzione:
«Studia, trova un buon lavoro, creati una posizione, fatti una famiglia, metti via dei soldi e poi vai in pensione».
Ma è davvero questa la «strada giusta» da seguire per la realizzazione personale? Oppure esiste un altro percorso, meno battuto, che però può regalarci una felicità più profonda e duratura?
È il 9 agosto 2009, un giorno come tanti, e Francesco Grandis, in arte Wandering Wil, sta guidando su una strada qualunque, non importa la direzione. Ad un certo punto qualcosa in lui si rompe, lo costringe ad accostare e a scoppiare in lacrime. Le mani aggrappate al volante, la testa chinata, e le lacrime che scorrono a fiumi. Era da tempo, ci racconta Grandis, che il suo lavoro non lo soddisfaceva più, che la vita attorno gli stava stretta, che in lui covava un'inquietudine profonda e sconosciuta. Questo sentimento macina dentro di lui, fino al giorno in cui capisce che non è quella la vita che vuole.

Francesco, dopo una laurea in ingegneria elettronica, lavora in un'azienda giovane che si occupa di robotica industriale, e l'entusiasmo che caratterizza i primi tempi fa posto, pian piano, prima ad una noia latente e poi ad un'insofferenza palese. I viaggi di lavoro dentro il cassone di un camion perché l'azienda risparmiasse, le richieste dei committenti, i quali vogliono macchine in grado di lavorare ad una velocità sempre maggiore – a scapito della qualità –, i ritmi forsennati di lavoro, la sensazione costante di non avere tempo per nulla se non per lavorare. Lavora, metti via i soldi, fatti una famiglia, vai in pensione.
«Da settimane mi svegliavo ormai senza un sorriso. Il primo pensiero una volta aperti gli occhi era richiuderli, girarmi dall'altro lato e tornare a dormire. C'era un mondo ad aspettarmi, fuori dal tiepido rifugio delle coperte, ma io non volevo vederlo. Non mi interessava più. Vivevo in una gabbia che iniziava il lunedì mattina e finiva il venerdì sera». (p. 47)
Francesco è disgustato dall'ambiente in cui sognava di lavorare appena laureatosi, e sente di non averci niente a che fare. Ma soprattutto, capisce di trovarsi dietro le sbarre di una gabbia:
«Quando ho immaginato di fare quella vita per altri cinque, dieci, vent'anni, ho avuto paura. Con le mie rate della macchina, il mutuo da pagare, due figli da portare a scuola, televisore al plasma in salotto a guardare il Grande Fratello 40: ho avuto paura. […] Mi guardo indietro e vedo la mia vita, come l'ho sprecata, cosa potevo fare e non ho fatto. Potevo essere qualcuno. Potevo anche essere nessuno ma felice. E invece sono semplicemente nessuno. Tempo scaduto». (pp. 58-59)
Grandis sente dentro di sé un'urgenza viva e scalpitante, avverte – senza dubbio alcuno – che sta sprecando la sua vita. Decide così di rifiutare quest'esistenza di sacrifici fini a sé stessi e di licenziarsi in tronco, prendendosi un periodo di tempo per riflettere. Grazie ad un amico scopre l'esistenza dei biglietti round the world e così salta a bordo del primo aereo disponibile per iniziare il suo giro del mondo, per sei mesi. Impara pian piano a fare i conti con la sua timidezza, a superare le paure, a conoscere l'apertura e la disponibilità dei popoli sudamericani, e impara a relazionarsi con persone diversissime tra loro. Francesco si sente finalmente vivo, come non lo è mai stato. Tuttavia, non mancano le crisi di coscienza, in cui il panico del futuro lo assale, facendolo precipitare negli abissi della paura: una volta tornato a casa, cosa farà? La svolta avviene durante la permanenza in Thailandia: durante un ritiro spirituale in un tempio buddista, un viaggiatore rivolge a Francesco una domanda, anzi, la domanda per eccellenza: qual è il senso della vita? La risposta che ne deriva cambierà profondamente tutta la vita di Grandis, risolvendo anche la crisi spirituale che stava attraversando. In una febbricitante lettera scritta di getto, arriva alla consapevolezza che il senso della vita è strettamente legato alla ricerca della felicità.
A partire da questa risoluzione, intuisce anche che la propria realizzazione è nel viaggio e perciò abbraccia il nomad working, viene assunto come programmatore freelancer per un progetto che può svolgere interamente on-line con il semplice utilizzo di un pc e una connessione stabile e da lì comincia un viaggio lunghissimo, fatto di diverse tappe, molti rientri a casa e altrettante partenze: Budapest, Terra del Fuoco, India… tutto converge verso quella crescita interiore e quella conoscenza di sé che ogni viaggio porta con sé. Tuttavia un'altra crisi lo attende, stavolta in Scandinavia: Francesco, improvvisamente, avverte che non vuole più fare il programmatore. Quel lavoro che gli aveva permesso di viaggiare in piena libertà ora non lo soddisfa più. E in virtù di quella ricerca della felicità che si è ripromesso di attuare, Grandis non può ignorare quella voce interiore, così limpida e chiara. E nel frattempo arriva anche, in maniera del tutto inaspettata, un figlio.
Inizia così un nuovo capitolo della sua vita, quello in cui inizia una carriera da scrittore. Durante una camminata in solitaria, tra il Veneto e l'Austria, Francesco aveva capito che la vera felicità va condivisa, e che la sua ricerca non poteva essere un anonimo viaggio individuale. La scrittura può diffondere le sue esperienze, le sue riflessioni, può far conoscere a tutti il suo viaggio verso la felicità. Nel 2013 comincia così il progetto del blog Wandering Wil (www.wanderingwil.com), in cui racconta dei suoi viaggi. Col passare del tempo, tuttavia, Grandis parla sempre meno di mete da sogno e sempre più di temi come felicità, realizzazione personale e via dicendo. Il sito vede aumentare esponenzialmente le visite, i suoi follower salgono di numero e molte persone lo contattano per chiedergli informazioni sulla sua scelta di cambiare vita o consigli precisi. L'esperienza di Francesco diventa un libro, Sulla strada giusta, prima autopubblicato su Amazon nel marzo 2015 e poi, dopo più di diecimila copie vendute in circa sedici mesi, rivisto ed edito da Rizzoli. Grandis rifiuta l'etichetta di life coach o guru, e si ritiene semplicemente un uomo la cui vita ha attraversato tappe comuni:
«sono solo un tizio che un giorno si è rotto le palle dell'andazzo generale, e ha fatto qualcosa per se stesso. Condivido le esperienze senza spacciarle per soluzioni o verità. Le metto su un piatto, in mostra. Se qualcuno ci trova qualcosa di buono è libero di prenderlo, di adattarlo alla sua persona e alla propria situazione. Altrimenti non importa, amici come prima». (pp. 327-328)
Bisogna fare attenzione, però, a non tradurre erroneamente il messaggio di Grandis come un'esortazione ad abbandonare di punto in bianco la propria vita e partire in maniera superficiale per la prima destinazione low cost. La lezione di Francesco Grandis è molto più profonda: è l'opera di una persona che ha attraversato una crisi profonda, che non si ritrovava nei valori che il mondo moderno gli ha trasmesso e che ha trovato la sua strada. È questo il suo insegnamento: cercare la propria personale felicità. Che è diversa per ognuno di noi. L'assunto da cui parte l'autore è: se siamo tutti diversi, come possiamo seguire tutti la stessa strada per la felicità? Com'è possibile che quelle istruzioni generiche vadano bene ad ogni singolo appartenente alla razza umana se ognuno di noi ha desideri, aspirazioni, sogni diversi dagli altri?
«Ognuno di noi è diverso dal suo prossimo: come possiamo seguire tutti lo stesso sentiero? Non può funzionare, non ci porterà mai dove vorremmo andare. In molti se ne accorgono prima della fine: saltano la staccionata e si mettono alla ricerca. Io sono uno di questi. Il grande rischio è quello di arrivare in punto di morte pieni di rimpianti per le cose che si sarebbero potute fare, ma non si sono fatte. Ecco perché è importante seguire la propria strada, e mettersi alla ricerca il prima possibile». (p. 329)
E a chi pensa che la scelta di Grandis non possa fare al proprio caso, per diverse motivazioni, Grandis suggerisce di portare nella vita di tutti i giorni almeno un poco dello spirito di avventura che lui cerca nei suoi viaggi. La felicità va a braccetto con la libertà e in virtù di ciò l'autore ci esorta ad affrontare la vita liberandosi dei paletti mentali, prima di tutto, e di procedere avventurandosi verso l'ignoto, anche nella vita di tutti i giorni:
«Era quello che avevo fatto quando mi ero licenziato e avevo iniziato a viaggiare. In quel particolare periodo era la cosa che mi serviva e la migliore che potessi fare, ma ci sono tante altre piccole azioni a disposizione. Io per esempio cerco strade nuove per andare nei posti abituali, ordino dal manu del ristorante i piatti che non conoscono, mi iscrivo a corsi che stuzzicano il mio interesse o faccio amicizia con gente mai vista. Soprattutto mi faccio guidare dalla curiosità o dalle cose che ho sempre voluto fare ma non ho mai trovato il tempo o l'occasione per portarle avanti. Il limite in questo caso è solo la fantasia». (p. 125)
Grandis capisce, cioè che dobbiamo vivere la nostra vita profondamente, esplorandola in tutte le sue possibilità, cercando la propria personale felicità:
«Mi saltò subito alla mente un concetto espresso da Tenzin Gyatso, l'attuale Dalai Lama: per essere felici nella vita dobbiamo scoprire le cose che ci fanno stare bene a lungo termine e coltivarle, e scoprire le cose che ci fanno stare male a lungo termine e allontanarle. Scoperta e azione. Aggiungeva poi che il “lungo termine” è fondamentale, altrimenti potremmo includere cose come l'acol o la droga tra quelle che ci fanno stare bene. […] Noi dovremmo puntare solo alle cose che ci fanno stare bene tanto oggi quanto domani, tra un anno o cinquanta. Discorso analogo per le cose negative. […] Parlo di felicità come di uno stato di benessere duraturo, resistente alle intemperie della vita. A volte la chiamo anche “serenità”, quando voglio distinguerla da quei rari momenti di gioia intensa che svaniscono presto e che proprio nella serenità trovano terreno fertile». (p. 118-119)
La felicità nasce dalla libertà e dalla consapevolezza di essere esattamente dove si vuole essere, dalla certezza di percorrere la strada giusta: «La gioia arriva dall'essere su una via fatta su misura». (p. 329) «Ci sono solo poche cose davvero importanti da ricordare: tenere gli occhi, le orecchie e il cuore sempre aperti. Mantenere il silenzio nella mente, per riuscire ad ascoltare le parole della propria voce interiore. E smetterla di credere di sapere tutto.»

Quella di Grandis è un'urgenza contagiosa, una voce piena di vita e di entusiasmo, un libro che scuote l'animo di chi, dopo una giornata uguale alle altre, si è imbattuto nelle sue parole. Le pagine di Grandis, gli articoli del suo blog, le interviste che rilascia, non incitano ad abbandonare tutto e a mettersi in viaggio come degli sprovveduti. Il suo messaggio è un altro: Grandis ha calcolato il suo percorso tappa dopo tappa, ha tenuto i conti quando ha abbandonato il lavoro, ha calcolato per quanto tempo gli sarebbero bastati i suoi risparmi. Ma non ha mai tradito né forzato né stesso. Questo libro è la sua testimonianza, per lanciare un messaggio forte e chiaro:
«E la verità è che la felicità esiste, e non è una cosa che si compra durante i saldi. È qualcosa che si cerca, lungo le vie del mondo come nel profondo del nostro cuore. Si cerca con nuovi occhi e nuove esperienze. È lì fuori, da qualche parte, e ognuno di noi ha la sua». (p. 335)
Valentina Zinnà