Troppo jet-lag può dare alla testa: Diplomatico per caso di Guido Nicosia


Diplomatico per caso
di Guido Nicosia
Di Renzo Editore

pp. 208
14 




Quanto è bella, sia a livello ideale, come dal punto di vista umano ma anche retributivo la carriera del diplomatico? Ognuno di noi, se scruta a fondo nella lista delle proprie conoscenze (e, perché no, anche del proprio intimo), può citare sicuramente almeno un paio di persone a testa che, nel corso degli anni, hanno espresso il desiderio di intraprendere la carriera diplomatica. Ciò è molto più facile a dirsi che a farsi, in special modo in un Paese come il nostro in cui, per tutta una serie di motivi storici, sociali e antropologici, la carriera del diplomatico è stata sempre poco considerata e comunque a totale appannaggio della nobiltà (grande o piccola) o dei raccomandati oppure ancora dei protetti dei politici. Questo libro, Diplomatico per caso di Guido Nicosia edito da Di Renzo Editore, racconta invece la storia, un po' sui generis, di un diplomatico che ha fatto carriera senza "avere il sangue blu", senza ricevere spinte, almeno palesi, da questo o quel gran barone o ricevere favori da parte di certi politici. Un homo novus, come spesso ebbe modo di dire il suo stesso padre. Quindi, direte voi, un libro positivo, ideale per chi sogna di viaggiare per il mondo portando, fiero, la bandiera del proprio Paese e affinando la difficile arte della diplomazia? No, tutto il contrario: Diplomatico per caso è un libro modesto che infrange i sogni anche del più inguaribile dei romantici.
Partiamo innanzi tutto dallo stile. Lo stile, se dovessimo giudicare senza metterci le lenti del politicamente corretto, si potrebbe definire affrettato, non rifinito, più simile ad una bozza iniziale che alla versione definitiva. Nicosia ha a disposizione un grandissimo materiale narrativo, frutto di quarant'anni tondi tondi di carriera diplomatica tra Filippine, Inghilterra, Libia, Canada, Costa Rica Sudan e molte altre località. Eppure il nostro "diplomatico per caso" non ci dona mai e poi mai un reale scampolo, ad esempio, dell'atmosfera che si poteva respirare a Tripoli nel 1972, presso l'Ambasciata Italiana. Invece di fornirci un documento prezioso, preziosissimo per comprendere meglio i difficili rapporti tra quel complesso Paese e il nostro, con tutto il codazzo del passato coloniale che pesa come un macigno sui nostri capi, Nicosia si perde in, ancora una volta, rapidi abbozzi che forniscono appena un quadro generale, concentrandosi su piccoli e, va detto ad onor del vero, piuttosto squallidi episodi che non danno in nessun modo né una ottocentesca patina di esotismo alle sue pagine né una minima natura di reportage a quanto scrive.

I giudizi espressi nelle pagine de Diplomatico per caso poi, talvolta anche in controtendenza con la vulgata comune, ahinoi non sono mai spiegati ma semplicemente accennati: un bagliore di luce in mezzo al buio di pagine paludate che, per un attimo, ci destano dalla noia ma che poi non avanzano nel ragionamento. Ad esempio, ad un certo punto, mentre Nicosia è impegnato con la missione diplomatica italiana a Manila, fa visita Richard Nixon, il candidato repubblicano appena sconfitta da John Fitzgerald Kennedy alle elezioni americane. Nixon fa visita in qualità di dirigente della Pepsi: "Accidenti - esclamerebbe un lettore attento - dovrà essere molto interessante quest'episodio di un Nixon inedito, un Nixon appena sconfitto ma che, stante la mitologia dell'ex Presidente più odiato della storia statunitense, stava raccogliendo i cocci in vista della futura vittoria degli Anni Settanta!". Invece non rimane niente di quella visita, se non un breve ritratto di un Nixon più interessato alle ballerine locali che alla politica. Ora qui non si vuole sostenere come, in presenza di un episodio reale senza spunti come questo, uno scrittore debba necessariamente infiocchettare o inventare qualcosa che non è accaduto: questo sarebbe scorretto, andrebbe dichiarato in modo palese ad inizio del libro e qui non è il caso. Ma, vista l'aridità di quanto successo, affermare, come si può leggere nel libro, che "Nixon sarà il più grande Presidente Americano" e poi, poco dopo, sostenere che "Kennedy sarà invece il peggiore" è sconveniente, per due ordini di motivi.

Il primo: un giudizio così perentorio e assolutorio, non si vuol dire che non si possa scrivere, ma se lo si fa dev'essere almeno retto da una frase che ne spieghi tutte le ragioni. Lasciato sospeso così, il famoso lampo nel buio, non rende nulla questa frase, anzi fa soltanto pensare se, nel corso della correzione bozze, non sia rimasta per  caso quella frase, in realtà da espungere.

Il secondo: ha senso inserire un giudizio di merito quando, ragionevolmente, si ha a disposizione un materiale praticamente immenso, risultante dai noti quarant'anni di onorato servizio diplomatico? Che bisogno c'è di metterci anche i giudizi personali quando, utilizzando solo il reale, il già capitato, si sarebbe potuto scrivere un gran libro?

Nicosia poi, specie nel capitolo sull'Inghilterra, si dimostra anche una penna di un certo ingegno, soprattutto quando costruisce piccoli siparietti in cui si racconta la vita di tutti i giorni in ambasciata, i piccoli cerimoniali domestici e pubblici a cui si doveva sottostare. Ma poi, forse per le troppe cose da dover/voler scrivere, si perde, in mille rigagnoli di poco conto che non vengono mai esplicati a pieno. In più, abbastanza grave nell'ottica dell'economia globale del libro, pochissime volte viene narrata la reale attività del diplomatico. Cosa ha fatto per quarant'anni Nicosia? Perché è diventato, lungi dal voler essere un'offesa, uno dei segnalati di Andreotti? Su queste come su altre vicende rimane una coltre di nebbia, molto spesso, un velo anzi una mantella di lana pesante che non fa trasparire nulla.

Insomma per tutta questa serie di cose, Diplomatico per caso sarebbe potuto essere un libro molto divertente, molto interessante, molto ben riuscito se solo si fosse presa più cura al testo, al modo di raccontare e alle finalità ultime del volume. Un volume che, una volta finito di leggere, lascia soltanto un leggero mal di testa: per la storia di un diplomatico che ha viaggiato in lungo e in largo per una vita, ci si aspettava almeno di essere trascinati a viva forza dalla propria poltrona per venire catapultati in mezzo alla giungla del Borneo o alle foreste sterminate del Canada, altro che jet-lag!