#LectorInFabula - "Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà" di Luis Sepúlveda

Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà
di Luis Sepúlveda
Guanda, 2015

Traduzione di I. Carmignani

€ 10
pp. 112


Dopo i grandi successi di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico e Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, arriva la quarta fiaba dello scrittore cileno Luis Sepúlveda Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà. Tutti i libri sono brevi di circa cento pagine l’uno, sono scritti in modo chiaro e lineare e hanno come protagonisti gli animali. I testi si ispirano alle favole a sfondo moraleggiante, una tradizione iniziata nell’antica Grecia con Esopo e proseguita nei secoli con Jean de La Fontaine e Charles Perrault, fino ad arrivare ad Richard Bach. Le favole di Sepúlveda parlano di amicizia, di solidarietà, di uguaglianza, di rispetto per il prossimo e per l’ambiente. Riflettono la realtà in uno specchio e offrono immagini che consentano di capirne accenti e sfumature. In questo libro lo scritto è inoltre arricchito da evocativi disegni di Simona Mulazzani.  

In Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà, Sepúlveda narra attraverso gli occhi di un cane, il rispetto per la natura dei Mapuche, una popolazione che vive nel sud del Cile e dell’Argentina, da cui discende lo stesso scrittore. Nell’introduzione rievoca i tempi in cui i suoi nonni gli raccontavano storie e in particolare le vicende descritte dal prozio Ignacio Kallfukurà, il quale era solito parlare ai bambini nella lingua della Gente della Terra.  
Questo libro colma un debito che durava da tanti anni. Ho sempre sostenuto che gran parte della mia vocazione di scrittore nasce dal fatto di aver avuto nonni che raccontavano storie, e nel lontano Sud del Cile, in una regione chiamata Araucanía o Wallmapu, ho avuto un prozio, Ignacio Kallfukurá, mapuche (termine formato dall’unione di due parole – mapu, terra, e che, gente – la cui traduzione corretta è Gente della Terra), che al tramonto raccontava ai bambini mapuche storie nella sua lingua, il mapudungun. Io non capivo cosa dicevano tutti gli altri mapuche nella loro lingua nativa, però capivo le storie che narrava il mio prozio. Erano storie che parlavano di volpi, puma, condor, pappagalli, ma le mie preferite erano quelle che raccontavano le avventure di wigña, il gatto selvatico.Capivo cosa raccontava il mio prozio perché, pur non essendo nato in Araucanía, nella Wallmapu, sono anche io mapuche. Sono anche io Gente della Terra. Ho sempre desiderato raccontare una storia ai bambini mapuche, al tramonto, sulla riva del fiume, mangiando i frutti dell’araucaria e bevendo il succo delle mele appena raccolte negli orti. Ora che mi avvicino all’età del mio prozio Ignacio Kallfukurá, vi racconto la storia di un cane cresciuto insieme ai mapuche. Di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà. Vi invito quindi in Araucanía, nella Wallmapu, il paese della Gente della Terra.
Voce narrante è Aufman, un cane lupo adottato da Wenchulaf, il capo del villaggio della tribù Mapuche. Aufman cresce insieme a suo nipote Aukamañ, dal quale viene separato da uomini cattivi, i Wingka, che distruggono il villaggio Mapuche e uccidono Wenchulaf. Dal quel momento il cane lupo vive tra gabbie e maltrattamenti, ricordando con nostalgia gli odori e la vita nel villaggio. Grazie al suo ottimo fiuto, i Wingka gli affidano il compito di scovare un misterioso fuggitivo, nascosto oltre il fiume. Ma dove lo conduce la caccia? Il suo destino è scritto nel nome, e questo cane ha un nome importante, che significa fedeltà.  
Questo cucciolo ha dimostrato lealtà a monwen, la vita, non ha ceduto al comodo invito di lakonn, la morte, perciò si chiamerà Aufman, che nella nostra lingua significa leale e fedele.  
Ai legami che resistono al tempo e alle avversità, ai sentimenti che sconfiggono l’odio e la paura e alla vita che mai va tradita, Sepúlveda dedica la scena dell’ultimo saluto:  
Dieci volte vinceremo fratello, perché è così che si saluta la Gente della Terra, senza mai dirsi addio. 
Con parole toccanti e concrete e con una maestria non comune, Sepulveda consegna la sua visione del mondo, trascrive ciò che gli sta a cuore, professa la sua fede nella parola e nel racconto come difesa dei valori e dei diritti universali dell’uomo ed affascina lettori piccoli e grandi.

Silvia Papa