Un vago senso di "Annientamento": incontro con Jeff Vandermeer nell'AreaX




Jeff Vandermeer, ovvero il mio primo fantasy verde fosforescente e tutto ciò che ho perso se il fantasy è così: poi però ho letto da qualche parte che quello di Jeff si chiama New Weird e che i primi esempi si ritrovano in Carroll e Lovecraft, per arrivare a Stephen King, e ho capito perché adoro questo romanzo. La presentazione in Casa Einaudi e il collegamento via Skype con la Florida hanno reso, per un pomeriggio, vagamente localizzabile l’AreaX, in cui si muovono i personaggi di questo romanzo. In Annientamento, primo volume della trilogia già pubblicata negli States da Farrar, Strauss & Giroux, il tutto ruota attorno ad una spedizione al femminile (per favore, non chiedetevi anche voi perché un uomo scelga di immedesimarsi in una donna o sarete giustamente bacchettati dai tweet di Michela Murgia sulle divagazioni sessiste) formata da una biologa, una psicologa, un’antropologa, una topografa, alle prese con una zona, denominata AreaX, da perlustrare in cerca di risposte. In mezzo, un faro e un tunnel, come punti di riferimento. Per cui adesso ho l’arduo compito di raccontarvi cosa ho visto nel mio personale tunnel, facendovi sopravvivere al groviglio vegetale e discorsivo di noi giornalisti, che quando si tratta di Annientamento ne sappiamo davvero parecchio.


In principio fu il colore - e quello che la trilogia ci regalerà in tema di illustrazione. La prima cosa che colpisce è la scelta di abbandonare le fotografie in bianco e nero - per carità bellissime ed eleganti, ma anche basta - delle copertine Einaudi per dedicarsi ad un irresistibile tocco illustrativo, che è già uno spettacolo per gli occhi, nel primo volume di questa trilogia, che trova collocazione, con la sapiente traduzione di Cristiana Mennella, nei Supercoralli (in attesa degli altri due volumi, tra maggio e settembre, Autorità Accettazione). Insomma verde acido, blu ciano e rosso magenta, con il sapiente tocco di Lorenzo Ceccotti, meritano già il posto d’onore sugli scaffali di qualsiasi lettore, in barba all’eleganza insipida dell’edizione inglese, a quella psichedelic-ciclopica dell’edizione polacca e a quella da bestiario entomologico dell’edizione tedesca. Se poi qualche libraio fantasioso decide di spostarli dall’area fantasy a quella per la letteratura d’infanzia - episodio realmente accaduto in terra lombarda e narratoci da una collega all’incontro - non credo sia affar nostro. In ogni caso, se io dovessi partire domani per l’AreaX chiederei la foto tessera a Ceccotti. 






Le prove circostanziali dell’esistenza: la scienza, la religione e i gatti. A questo punto del pomeriggio, dopo aver divagato su paragoni letterari, dolce e salato, vino e caffè, spedizioni al femminile che vincono anche al tavolo dei giornalisti e aver sentito l’opinione del team della Casa Editrice, è arrivato lui: Jeff Vandermeer in persona, in schermo ed ossa, via Skype, con la sua carica di simpatia assoluta e la sua disponibilità, si è consegnato alle nostre bizzarre domande per quasi due ore. Non mi stupirei se il vero protagonista della spedizione non fosse la biologa, considerando che il vero protagonista dell’intervista a Jeff Vandermeer è stato il suo gatto. Lui paziente dettava le risposte allo scrittore, a volte impallando anche il collegamento, altre volte salvando la discussione da temi troppo “canini”. Io c’ho messo del mio chiedendo se l’AreaX non fosse in realtà frutto di un retaggio autobiografico, visto che i genitori dell'autore facevano parte dei Corpi di Pace. Dopo l’immenso amore manifestatomi dalla bravissima interprete in seguito alla mia domanda, Jeff ha precisato che l’Area di crisi in questione erano le Figi, per cui c’era poco da preoccuparsi. Però in compenso abbiamo appreso, salvandomi in calcio d’angolo, che uno dei protagonisti essenziali del romanzo, ovvero la Natura, deriva proprio da quelle sue prime esperienze e che in effetti nel libro c’è molto di se stesso e della sua vita. Interessante anche il rapporto con la Scienza, chiesto da una brava collega, che ha dato modo allo scrittore di spiegarci quanto poco scientifica sia la sua eroina, e quanta atmosfera scientifica abbia respirato nella sua vita il giovane Jeff, con un padre che si occupava della materia. Sulla spiritualità assente nel romanzo, e sul perché, confesso che ho avuto un crollo fisico.


Se questo è un tunnel e come diavolo faremo a venirne fuori. La cosa che abbiamo appurato per certa è che un tunnel non è per tutti un tunnel. Ovvero, già quello che nel romanzo è un punto focale del linguaggio e dell’interpretazione, e che viene descritto in maniera precisa, per qualcuno dovrebbe essere orizzontale. Dopo un breve sondaggio per alzata di mano e dopo aver compreso che questa prospettiva orizzontale apparteneva solo ad uno dei colleghi presenti all’incontro (ho poi controllato, non se l’è sentita di scrivere tunnel nemmeno nella recensione), anche Vandermeer si è tranquillizzato, e ha voluto con uno schizzo - fonte poi di battute via twitter con la sottoscritta - farci capire cosa intendesse per “tunnel”. Non abbiamo notizie su una telefonata successiva all’incontro tra autore e traduttrice in cui Jeff avrebbe potuto chiedere: “A Cristì ma tu quando si parla di tunnel, come l’hai tradotto?”. Di sicuro su una cosa Jeff ha ragione: “Passiamo troppo tempo a scrivere sui social ci perdiamo il momento”, per questa ragione e non solo per questa, se qualcuno volesse partire per l’AreaX si scordi di poter portare con sé il cellulare, lo smartphone o anche solo la macchina fotografica. La tecnologia Hard della Natura non può certo competere con quella Smart dei nostri mezzucci inutili e approssimativi. Le cose belle si vivono, non si postano su facebook.



Ispirazioni e debiti: tra i fumetti  e la serie al sapore di Annientamento. Partiamo col dire che i diritti cinematografici sono stati acquisiti dal produttore Scott Rudin (The Social Network, Grand Budapest Hotel, Non è un paese per vecchi) e attualmente Alex Garland (Non lasciarmi, Sunshine) sta scrivendo la sceneggiatura per una serie di film basati sulla trilogia. All’incontro il povero Jeff ha sentito di tutto in tema di attribuzioni o ispirazioni: dal Paese dei Balocchi all’Iperoggetto di Morton. Ma ha precisato che le attribuzioni e gli accostamenti che gli stanno appioppando in ogni parte del globo sono successive all’uscita del romanzo e magari, possono anche avere una certa assonanza col tema, ma come del resto succede per ogni opera che valga la pena leggere. Qualcuno gli ha anche chiesto se non gli piacesse l’idea di affidare il romanzo ad un fumettista come Charles Burns; lui ha annuito con stima. A questo punto, come direbbe la biologa “Non resta molto altro da raccontarvi, anche se non l’ho raccontata proprio giusta. Ma tanto ho smesso di provarci”. Non smetto invece di attendere con ansia gli altri due volumi della serie e di cercare ogni possibile parallelismo cosmico tra le nostre vite e la mia personale AreaX quotidiana. Buon viaggio.