Srebrenica I giorni della vergogna di Luca Leone: memorie del passato presente

Srebrenica I giorni della vergogna
di Luca Leone
Infinito Edizioni, maggio 2014

pp 175




Provate a dire alle donne, alle madri, alle sorelle e alle figlie di Srebrenica che la guerra è finita, che i colpevoli sono stati assicurati alla giustizia, che il dolore provato e subito dovrà essere, d’ora in avanti, coniugato al passato. Provate a dire ai ragazzi e ai giovani uomini che nell’afoso luglio del 1995 erano poco più che bambini che gli assassini dei loro genitori, dei loro fratelli e dei loro amici hanno subito regolare processo e d’ora in poi pagheranno per i crimini commessi. Andate a dire agli essere umani che erano a Srebenica dal 1993 al 1995, “il più grande lager del mondo”, che i giorni della vergogna sono terminati per sempre: nessuno di loro vi crederà, vi diranno che le ferite non sono state curate, che i colpevoli non sono stati trovati (volutamente non sono stati trovati) e che il dolore, almeno a Srebenica, la città d’argento, non è mai finito.

Il libro, edito da Infinito Edizioni nella collana Orienti, Srebrenica I giorni della Vergogna di Luca Leone è quello che un tedesco, più abituato a fare i conti con “gli abissi dell’animo”, potrebbe definire eine Symphonie des Grauens, una sinfonia dell’orrore. Leone racconta, nelle 175 pagine dense di notizie storiche, puntuali biografie e interviste realizzate sul posto, la storia di Srebenica, di quell’“assedio senza sparare un colpo” che la truppaglia di Ratko Mladić, lì mandata dal Presidentissimo serbo Slobodan Milošević, attuò di fronte al contingente olandese dell’Onu, comandato dal generale Thom Karrenmas, che non mosse un solo arto, non esplose un solo colpo né fece alcunché per evitare quello che era evidente a tutti: un massacro scientifico, un’epurazione di massa organizzata, un genocidio di un intero popolo preparato da anni nel cuore dell’Europa.

Nella prima parte del volume si descrive la situazione geo-politica della Bosnia-Erzegovina e dei Balcani in generale all'indomani dell’esplosione (anzi, come giustamente ricorda lo stesso Leone, implosione) della Jugoslavia e quindi la rapida escalation di violenze in Bosnia, Stato a maggioranza islamica stretto tra Nazioni invece cristiano-ortodosse. Vengono analizzati con dovizia gli accordi e i trattati che le grandi potenze e organismi internazionali hanno stipulato in merito all’affair Republika Srpska. Si fanno nomi e cognomi dei responsabili che hanno portato al genocidio del luglio 1995, perpetrato dalle milizie bosniache a danno della popolazione bosniaca. Nella seconda parte, in una sorta di refrain della tragedia, si rivivono questi giorni “rossi di sangue, neri di morte” attraverso le parole, gli occhi e i ricordi delle persone che si trovano a Srebrenica: c’è la madre che ha perso l’intera famiglia nei boschi intorno la città “volati lontani come uccelli migratori, ma mai più tornati”, l’attivista tedesca di una Onlus che ha visto “la tragedia di un popolo dipanarsi davanti ai propri occhi”, il giornalista coraggioso che anno dopo anno tenta di ricostruire come un rosario la reale concatenazione degli eventi ed anche il ricercatore forense che “scava la terra, di-seppellisce cadaveri per trovare la verità”.
È un libro duro questo, diretto e senza troppi fronzoli, come sono solo le cose che non possono e non devono essere dimenticate, semplicemente perché non sono ancora passate del tutto

Se fosse soltanto per ricordare un antico orrore sepolto nella dimenticanza, il libro di Luca Leone sarebbe soltanto utile, invece è vitale, proprio oggi, ora che l’Unione Europea appare sempre più debole nei confronti dei grandi organismi nazionali e delle sfide, non soltanto economiche, che il presente continuamente lancia. Srebrenica I giorni della vergogna è un libro basilare per la sopravvivenza dell’Europa, così come i padri fondatori la pensavano, dato che non c’è Europa senza diritto e senza giustizia e a Srebrenica non vi sono state né la prima né la seconda delle cose. Per capirlo basta leggere una delle tante interviste realizzate nella città dell’orrore. La gente di Bosnia appare rassegnata ad un destino da comprimario, ad essere costantemente “stranieri in Patria” e a non poter vedere un giorno, neppure pensare di vedere, un barlume di verità su quei tristi giorni. Ecco che il libro di Leone ci porta dunque dentro il dolore delle persone, dolore che non è mai davvero finito, ma è sempre presente, come un leitmotiv che risuona nell’aria e nella terra di Srebenica, poco distante da quel fiume Drina reso immortale da Ivo Andrić: quel ritornello della tragedia che non passa mai.