#ScrittoriInAscolto - Internet e futuro: incontro con Jeremy Rifkin

Allora, quanti di voi hanno letto il mio libro? Potete dire la verità, nemmeno la mia famiglia li legge per intero. 
Jeremy Rifkin è entrato nella sala del Four Season di via Gesù a Milano e ha esordito con un'ironia gentile, la leggerezza tipica delle grandi personalità che sanno mettere a proprio agio gli interlocutori. 
Economista, scrittore, attivista politico e consigliere di numerosi governi e federazioni del mondo, è in Italia per promuovere il suo ultimo libro, La società a costo marginale zero (Mondadori), e per diffondere il suo credo scientifico, frutto di decenni di studi sull'impatto che l'innovazione e le tecnologie hanno sull'economia, l'ambiente, il lavoro, la società e le relazioni umane. Avevamo tante domande da fargli ma prima gli abbiamo chiesto di introdurre il suo lavoro e lui ce lo ha raccontato con cura, chiarezza, trasmettendo tutto il proprio entusiasmo. 
Questo è un momento molto importante della mia visita a Milano, mi trovo a parlare con persone che si occupano di web e Social Media. Voi siete alcuni degli attori di cui parlo nel mio libro.

La società a costo marginale zero è quella in cui già viviamo, un presente che sconfina nel futuro; è il mondo in cui il costo marginale dei singoli beni e servizi si è sempre più approssimato allo zero grazie all'emergere di un nuovo paradigma economico, il Commons Collaborativo.
Il nuovo modello, costruito su quella grande infrastruttura neurale globale che è Internet, ha già iniziato a scardinare il capitalismo e ne provocherà il declino. 
Al cuore del capitalismo c’è una contraddizione, insita nel suo stesso meccanismo propulsivo, che dopo averlo innalzato a quote straordinarie ne sta ora accelerando la fine. 


La stessa "mano invisibile" di Adam Smith dà il benvenuto a una nuova era. 
Come è avvenuto in passato per i momenti di transizione epocali, la convergenza di innovazioni tecnologiche sta muovendo una terza rivoluzione industriale, la quale si svolge quotidianamente sotto i nostri occhi. 

Internet delle Comunicazioni, Internet dell'Energia e Internet dei Trasporti e della Logistica si sono uniti in un SuperInternet delle cose, una grande piattaforma capace di unire tutti i soggetti del mondo in un unico network. 
L'accesso ai beni e ai servizi si è democratizzato e i consumatori si sono trasformati in prosumers, cioè in soggetti che producono e consumano allo stesso tempo. Qualche esempio? La musica, il cinema, l'editoria, l'informazione, l'energia, la stampa 3D, la sharing economy, i software open source.

Jeremy Rifkin ha spiegato nel dettaglio l'applicazione di questo modello nelle diverse realtà geopolitiche, sociali, ambientali del mondo. Nel 2013 la Germania ha generato il 23% della sua elettricità da fonti rinnovabili (percentuale che entro il 2020 dovrebbe salire al 35), nel 2009 una cooperativa elettrica rurale del Dakota del Nord ha messo in funzione il più grande parco eolico del paese.
In tutto il mondo le persone si informano attraverso siti di informazione e news blog, si scambiano tracce audio e video, condividono case e automobili, comunicano grazie ai social network e a servizi in larga parte gratuiti che mettono in collegamento punti remoti del pianeta, 
Sapete anche che a breve verrà presentata a Chicago la Strati della Local Motors, la prima auto realizzata con stampa 3D? 
Ci avviamo a un modello di società ibrida in cui le uniche aziende che riusciranno a sopravvivere saranno quelle che sapranno passare dalla mera produzione all'aggregazione di rete. Ci sono ottimi spazi di sviluppo anche per il mondo del no profit.
Come ha puntualizzato Rifkin, non mancano rischi nel mondo dominato dall'Internet delle cose; si discute molto del pericolo legato alla perdita della privacy e a un monopolio dell'informazione da parte dei giganti Tech, padroni dei big data che tutti i giorni milioni di utenti riversano in rete. 
C'è da chiedersi come Google, Facebook e le altre compagnie useranno il potere acquisito: controlleranno tutto e a che fine? Da qui, la proposta di istituire una "Autorità globale con funzione normativa e di controllo", in parte già attiva a livello Europeo. Eppure, continua Rifkin...
...è sciocco pensare che l'Internet delle cose debba essere governato necessariamente dai giganti. Pensiamo alle cooperative, microcosmi collaborativi diffusi in tutto il mondo, composti da milioni di piccoli attori che possono cambiare le sorti economiche di un paese. In Germania, per esempio, intere regioni vivono dell'energia verde che esse stesse producono.
Ma Rifkin si è soprattutto soffermato sul senso del lavoro umano e sulla sua inevitabile evoluzione; in molti credono che il web e la terza rivoluzione industriale distruggeranno la classe media e il lavoro di massa. Ma nei prossimi 40-50 anni saranno necessarie centinaia di migliaia di persone che costruiscano questa infrastruttura. Sta già succedendo in Asia centrale e nei paesi del Nord Europa. 
E nel resto del mondo? Secondo Rifkin:
Finché i paesi resteranno nell'ambito della Seconda rivoluzione industriale, un cambiamento sarà impossibile. Si parla tanto di riforme del lavoro e di austerity ma nessuna di queste soluzioni ha senso se si continua a muoversi entro paradigmi del XX secolo. I lavoratori dovranno migrare da un mercato capitalistico a uno di capitale sociale. Dal deep work passeremo al deep play, impareremo a usare il cervello in modo nuovo. 
Rifkin illumina tutti gli aspetti di un mondo in cambiamento da prospettive dalle quali non ti sei mai posto. Siamo abituati a sottolineare solo il declino, la perdita di modelli e stili di vita, quando abbiamo davanti a noi i segni di un nuovo inizio. 
Per chi è cresciuto seguendo la logica del "più abbiamo meglio è" non è semplice abbracciare l'idea di una "abbondanza sostenibile".

E quando gli chiedi se la sua è una visione troppo ottimistica, sorride, allarga le braccia e risponde:
Stiamo appena cominciando; io non sono ingenuo, sono solo cautamente speranzoso. 



Claudia Consoli