Corpi celesti e meteore della poesia "d'oggi"



Quadernario. 
Ventisette poeti d'oggi e un omaggio a Giuseppe Piccoli
a cura di Maurizio Cucchi
LietoColle, 2013

Euro 20,00



Forse perché ormai reietta e confinata ai margini della cosiddetta società civile, per tacere di quella letteraria, vittima della "poca attenzione dei media" come scrive Cucchi in Prefazione, l'opera che il poeta e critico milanese intraprende in questo Quadernario di poesia contemporanea (con l'ausilio redazionale di Mary Barbara Tolusso, Alberto Pellegatta, Fabrizio Bernini e Valeria Poggi) è una mappatura 'stellare' della scrittura in versi in tempi non sospetti. Aggettivo, quest'ultimo, che trova giustificazione nella ripartizione interna del volume, suddiviso in tre sezioni che rimandano ad altrettante configurazioni astronomiche: "Poeti stranieri" (Sigizie); "Poeti italiani" già affermati (Plenilunio); "Esordienti italiani" (Novilunio). Chiude infine un contributo critico di Maria Piccoli sull'opera del poeta Giuseppe Piccoli intitolato Corpo celeste
Poesia come "corpo celeste", dunque; luogo 'altro' e alto, e perciò distante da certe meschinità terrene. Sembra essere questa, in sintesi, l'idea neanche troppo velata che il curatore e la sua equipe vorrebbero veicolare attraverso la mappatura (va da sé, arbitraria e necessariamente parziale) di "ventisette poeti d'oggi"; ventisette prospettive, puramente indicative e per ovvie ragioni in fieri, sulla realtà del nostro tempo, liquida e poco incline a lasciarsi dire, soprattutto se a provarci è la parola poetica.
Il paesaggio complessivo che ne esce fuori quindi non può che presentarsi in termini di eterogeneità e, in taluni casi, di discontinuità. Nello spazio riservato ai testi stranieri, ad esempio, accanto ai nomi di Patrikios e Gamoneda, già noti al 'pubblico della poesia' per una solidità a tratti classica della loro scrittura, coesistono la verve linguistica e mmaginifica di Michael Donaghy e lo sguardo analitico di Peter Robinson. Nella sezione Plenilunio all'anabasi di Cristina Annino ("più si sprofonda verso l'interno, più qualcosa circola") compiuta in un ammutolirsi della vista ("Per chi rovescia / la tazza in terra, lo dico sul serio, / il buio gli lavora con le mani / la pasta degli occhi: è / oramai il respiro dell'acqua / e chi la contiene.") fa da contraltare la fedeltà a un paesaggio naturale dilatato, dai toni bertolucciani, di Gian Mario Villalta ("Immagino un campo appena arato, la terra fresca ancora / e l'ora del tramonto che si avvicina / con una nebbiolina sotto i pioppi, un alito dai fossi, una carezza / che viene lenta e sente di selva, lontananza e marzo"). Convincono anche la 'rilettura' a distanza dell'adolescenza di Luigi Fontanella ("Non sono mai entrato nella vita. / Mai appartenuto a qualcuno. Storie / che giungevano al termine, al punto / verticale della fine. Ma mi commuovo / per un nonnulla, l'adolescenza / è assoluta ed eterna / l'unica cosa che resta.") e le Citazioni illustri liberamente fatte proprie da Anselmo Secòs di Daniele Gorret, raro esempio di felice scrittura poetica dalla forte matrice speculativa (" 'Ci sono Cose Fatti Relazioni / - sente Anselmo Secòs mentre ci pensa - / che non furono o saranno l'evidenza. / Questo non toglie che loro, pure, sono: / sono per intermittenze o per bagliori. / Vengono, essi, così, e così vanno... / Basta sentirli e poi per sempre sono!' ").

Venendo infine alle proposte dei giovani esordienti raccolte in Novilunio, non sfugge come essa rappresenti senza dubbio la parte più controversa del volume; quella dove la porzione di panorama esposto sotto la luce dei riflettori è più frastagliata e dove si fa più alta la posta in gioco delle scommesse di Cucchi e dei suoi collaboratori. Sarà ovviamente il tempo a decretare quali saranno stati gli azzardi o, per restare nel campo semantico dell'antologia, le meteore e quante invece le felici intuizioni, tuttavia, allo stato attuale, si distingue subito chi come Marco Corsi, Sergio Costa, Giorgio Meledandri e Francesco Maria Tipaldi, nonostante comprensibili e perdonabili ingenuità, porta avanti un 'modo' di fare poesia in un solco che sembra già ben evidente.

La scelta di non accompagnare questi testi da note introduttive, fatta eccezione per brevissimi cenni bio-biliografici, dimostra in ultima analisi la fiducia accordata ai versi contenuti in questo volume; versi a cui si chiede di puntare in alto, nonostante tutto ciò che ruota attorno ad essi.



Pietro Russo