Le oscure presenze di Luca Rachetta

Le oscure presenze 
di Luca Rachetta
Edizione Creativa, Collana Le Pleiadi, 2012


La natura umana ospita e cova nella sua parte più intima tante presenze oscure, che travagliano l’esistenza esponendola all’insicurezza, alle ansie, alle manie, alla paura della vita stessa che induce a fuggire dalla realtà, a sensi di colpa che, sebbene sommersi sotto l’acqua densa dell’oblio, prima o poi riaffiorano inesorabilmente. Presenze oscure inevitabili proprio in quanto connaturate all’uomo, ma di cui è bene attenuare gli effetti più rovinosi, spuntandone la lama più affilata per evitare di farsi infliggere ferite mortali[1].

Andrea Bardi è il giovane protagonista del romanzo Le oscure presenze di Luca Rachetta. Il titolo rinvierebbe a fantomatiche atmosfere cupe e vicine al romanzo gotico: quanto di più errato.
Si tratta invece di una narrazione assai piacevole e costruita, dallo scrittore marchigiano, con l’innesto di sapienti tratti ironici: il protagonista, dopo il diploma liceale ed un’ottima laurea in Lettere, per assecondare il desiderio del padre a capo di un’azienda di bevande zuccherine, è stato indirizzato verso una carriera più sicura nell’azienda del genitore.
Alla perdita del padre segue, per Andrea, un’inaspettata fortuna lavorativa nata grazie ad un’idea geniale confluita  nella produzione di una specifica bevanda, il chinotto, che risulta essere assai gradita alla clientela. La moglie, Donatella Angelini, rivela, nel corso del romanzo, una personalità assai differente rispetto a quella manifestata dal marito e da un po’ di tempo la donna, sentendosi “artista nell’anima e filosofa da salotto”, frequenta settimanalmente un circolo teosofico denominato Santi capeggiato da una seguitissima guida spirituale. La vita dei due coniugi corre su binari che appaiono sempre più insistentemente non solo paralleli, ma anche assai distanti tra loro. Attorno ai due personaggi chiave del romanzo ruotano altre persone. Sarà la madre, in particolare, a dare un risvolto paranormale-ironico al racconto perché è colei che avverte la presenza, nella sua vita onirica notturna, di misteriosi e strani esseri.
     La narrazione è arricchita dagli innumerevoli risvolti psicologici che connotano la vita dei due coniugi ed è arricchita da un abile utilizzo del flusso di coscienza da parte del narratore interno. Tutto il racconto infatti è giocato sul passaggio e sulle possibilità del monologo interiore e sulla forte capacità del narratore interno di muoversi liberamente tra il flusso delle coscienze dei personaggi: i pensieri di Andrea, ad esempio, sono caratterizzati dal dubbio continuo che la propria vita sia solo foriera di disinganni e illusioni e che debba pure pagare un ipotetico prezzo davanti ad un giudice inquisitore; un connubio di misticismo e ironia, un’analisi che a tratti rinvia alla narrativa di Svevo e  che rende la vicenda paradossale e divertente allo stesso tempo.

Tornando a casa Andrea rifletté su come sarebbe stato bello essere un eremita, al riparo dalla necessità di prendere decisioni o di non prenderle, col rischio, nell’uno e nell’altro caso, di andare incontro a delusioni e a rimpianti. Il suo pensiero doveva essersi focalizzato a tal punto sulla figura dell’asceta infervorato da mistici pensieri che, una volta entrato con l’automobile nel cortile della propria villetta, gli parve di scorgere Gesù Cristo che varcava la porta di casa sua, chiudendosi i battenti dietro le spalle. Con una certa apprensione cominciò a temere che si trattasse dell’annuncio di una vocazione ormai in gestazione, grazie alla quale sarebbe uscito con onore dal suo mondo, simile a una reggia labirintica, per entrare nel vestibolo dritto e unidirezionale che porta al rassicurante domicilio della fede.[2]

Donatella invece sembra aver trovato il proprio habitat ideale all’interno del gruppo “mistico” e la sua partecipazione alle sedute che la società teosofica organizza di frequente è costante. La donna considera il marito troppo egoista e legato a valori che lei considera assai distanti dai propri.
Un universo parallelo e sconosciuto da rivelare, un gruppo che aveva deciso di dare una svolta alla propria esistenza isolandosi dalla civiltà dei consumi, da tutto ciò che poteva portare ad una spersonalizzazione dell’individuo, un gruppo di

persone, giovani per lo più, che avevano detto basta alla superficialità della vita sociale e ai falsi idoli che obnubilavano le deboli menti degli uomini contemporanei: consumismo, massificazione, culto dell’apparenza, ossia tutto quello che mortificava lo spirito e rendeva inautentica la vita, svuotando di significato le relazioni umane e negando qualsiasi finalità ultima a quel formicaio di corpi indaffarati, stressati e nevrotici cui si era ormai ridotto il globo terrestre.[3]

 Nel corso della narrazione, Andrea sembra trovare conforto nei ricordi del passato, nella rievocazione del periodo universitario: in particolare, l’amicizia con il professore e relatore della sua tesi, rinvia a quelli che erano stati i sogni della propria giovinezza ai quali è necessario ancora prestar fede perché rappresentavano allora, e lo sono tuttora per Andrea, dei punti di riferimento imprescindibili:

Ricordi,  vi avevo detto… ti avevo detto che era questo il primo insegnamento della letteratura: valorizzare tutto ciò che sia espressione della più alta dimensione spirituale dell’uomo. Rinnova sempre la fiamma dell’entusiasmo e coltiva ancora i sogni che nutrivi da studente! Sì, perché questi non devono per forza passare attraverso una poesia o un romanzo: essi percorrono i mille sentieri della vita di tutti i giorni e diventano tutt’uno con la dignità, l’integrità e la generosa disponibilità verso gli altri dell’uomo vero. Andrea, non mancare mai alla promessa che il tuo entusiasmo e i tuoi sogni fecero alla tua vita negli anni in cui ti conobbi: la promessa di essere un uomo vero.

          Un racconto breve, ben costruito e arricchito da una scrittura forbita e ricca di descrizioni impreziosite da metafore.
La vita con le sue crollabili certezze ci mette spesso di fronte a situazioni che debbono necessariamente fare i conti con il proprio passato e con le proprie esperienze familiari: la risoluzione delle oscure presenze nella vita della madre di Andrea e soprattutto la sorpresa finale del romanzo che non è un epilogo vero e proprio, invitano  il protagonista e il lettore a rivedere  i canoni e le priorità sulle quali si basa fondamentalmente la vita; infine lo scrittore ci offre un finale fiabesco riconducibile ad un’esperienza incantata in cui il surreale chiude questa narrazione con un lieto fine.


Mariangela Lando


[1] L. RACHETTA, Oscure Presenze, Edizione Creativa Collana Le Pleiadi, 2012, pp. 85-86.
[2] Ivi, pp. 15-16.
[3] Ivi, p. 21.