#PagineCritiche - Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza

Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza
di Dolores Negrello
Padova, Centro Studi Luccini, 2006

pp. 136



 Silvio Lanaro sottolinea in Raccontare la Storia[1] la necessità che la storia, in quanto racconto e testimonianza viva, debba essere riscritta incessantemente; il volume, Donne venete dalla grande emigrazione alla resistenza curato da Dolores Negrello, aggiunge un importante tassello alla nostra storia, ridando luce e verità storica ad un periodo, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, che vide il coinvolgimento delle donne venete nel fenomeno dell’emigrazione e successivamente, durante il periodo della Resistenza, le donne vengono raccontate nel volume, come assolute protagoniste nella lotta in prima linea antifascista.
   Il libro ha una strutturazione tripartita: nella prima sezione, la curatrice ricostruisce il ruolo che le donne seppero svolgere contribuendo in modo sostanziale all’emancipazione femminile, iniziando dall’inserimento nel mondo del lavoro, in un periodo storico, quello dei primi decenni del Novecento, contrassegnato ancora da una forte analfabetizzazione; qui vengono delineate le coordinate storico, geografiche e culturali dell’emigrazione lavorativa femminile nelle regioni del Nord; le zone e gli appellativi con cui venivano denominate le donne erano quelli maggiormente adatti a specifiche coltivazioni: quella del tabacco in Valbrenta, le tabacchine lavoratrici nella provincia di Padova, il lavoro nelle risaie lombarde e piemontesi delle mondine, le filande in Veneto, le ricamatrici, le lavandaie e la grande manodopera contadina femminile, braccianti dedite al lavoro duro, faticoso e irto di difficoltà quanto gli uomini.
     Se l’Ottocento è il secolo della maggior crescita demografica nel Veneto, negli ultimi decenni dell’Ottocento si registrò un’ampia emigrazione verso Paesi europei quali Francia, Svizzera, Germania e Belgio, o fuori dall’Europa, come l’America latina (Argentina e Brasile) ma anche Stati Uniti e Canada. Non mancano documenti che confermano testualmente dati riguardanti il lavoro mal retribuito alle donne, le ingiustizie ai danni del mondo femminile, subite da parte dei datori di lavoro, in una società ancora fortemente caratterizzata dal mondo patronale. Donne non relegate al ruolo di mogli e madri, ma proiettate verso il mondo del lavoro per necessità; il lavoro è certamente foriero di emancipazione, ma in parecchi casi presentati nel volume, diventa testimonianza di sfruttamento vero e proprio. Donne che però iniziarono ad organizzarsi in gruppi autonomi aderendo agli scioperi, donne che hanno aperto una significativa finestra per la realizzazione dei primi diritti sociali, non accettando condizioni lavorative disumane e ingiuste.

         Il secondo capitolo è un prezioso documento verità sulla partecipazione e l’impegno  delle donne venete durante il periodo della Resistenza: donne  coraggiose e disposte a sacrificare tutto pur di essere lealmente a fianco dei combattenti; il loro prezioso contributo fu determinante nella difesa dei prigionieri, nel concreto aiuto a famiglie ebree e per l’organizzazione dei gruppi di partigiani, donne che combatterono durante la Resistenza veneta arrivando alla deportazione, compagne sempre in prima linea in tutte le città venete: da Vicenza, a Venezia, a Verona e a Belluno.
         Figure non solo quindi di contorno in una cosiddetta Resistenza “minore”, ma donne d’azione esemplari anche nell’attività politica: Clara Doralice, Elisa Orientale e Maddalena Ramponi, “staffette”, raccontano come le donne avessero il delicato ruolo di organizzare gruppi autonomi in cui erano loro stesse ad argomentare politicamente e a scrivere i bollettini, i messaggi e gli ordini da recapitare ai partigiani; erano sempre le donne ad offrire sostegno e fedeltà assoluta nel caso di cattura da parte del nemico; avevano il preciso compito di procurare soldi, medicine e indumenti ai partigiani. Un grande spirito le incoraggiava in queste imprese. Le pagine in cui vengono descritte le torture subite sono estremamente crude, ma rappresentano un valore documentario importante da cui non si può prescindere e su cui occorre riflettere per fare in modo che la nostra storia ci appartenga con maggiore consapevolezza.
      Diverse sono le medaglie al valor militare conferite anche alle donne. E purtroppo dispiace constatare che in queste situazioni di azione valorosa, solo poche di loro ebbero la qualifica gerarchica perché:

l’organizzazione delle squadre femminili […] non può certo dare l’affidamento che dà l’organizzazione maschile […] in quanto la donna in se stessa è più debole dell’uomo sia fisicamente che moralmente.[2]

    Il terzo capitolo  presenta un itinerario attentamente documentato sulla presenza femminile nelle Istituzioni Repubblicane: dall’approvazione del decreto con cui finalmente le donne parteciparono per la prima volta al voto, alla presenza delle donne nell’Assemblea Costituente, alla loro crescita personale e di prestigio  all’interno dei Partiti, nella società e nel sindacato: figure istituzionali come Laura Bianchini, Tina Anselmi, Leonilde Iotti,  Angelina Merlin e Teresa Mattei, tra queste.
    Di particolare rilievo è anche l’Appendice finale perché vengono elencati con precisione i nomi delle partigiane patriote tratte dagli elenchi del Ministero della Commissione Post-Bellica del Triveneto.
     “Donne in movimento”, compagne che seppero unire le lotte operaie con quelle dell’emancipazione femminile, donne corrette e responsabili, con una forte coscienza politica. Emancipate dal solo ruolo contadino e operaio, attivissime nella Resistenza, hanno saputo testimoniare e portare avanti, grazie alla loro inesauribile esperienza di vita e di unitarietà d’intenti, una decisa volontà di cambiamento.


M. Lando






[1] Silvio Lanaro era docente di Storia contemporanea all’Università di Padova; S. LANARO, Raccontare la storia, generi, narrazioni, discorsi, Venezia, Marsilio, 2004.
[2] D. NEGRELLO, Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza, Padova, Centro Studi Lucchini, 2005, p. 40.