Pillole D'Autore: Vincenzo Cerami consiglia i giovani scrittori



Non è un manuale di scrittura tradizionale, come molti potrebbero pensare. Vincenzo Cerami, autore di romanzi, tra cui Un borghese piccolo piccolo, e ricordato da tutti come sceneggiatore della Vita è bella di Benigni, offre ai lettori - aspiranti scrittori un piacevole viaggio nell'officina della scrittura narrativa, cinematografica, teatrale e radiofonica. Varcare quella soglia è possibile, ma bisogna essere preparati a ciò che si incontrerà: non esiste la facilità, né l'ispirazione è sufficiente, o basta saper scrivere bene. In più, ogni canale richiede un suo particolare stile di scrittura, e Cerami li ha sperimentati tutti e parla quindi per esperienza.
Cerami non si mette in cattedra: al contrario, gli esempi non servono ad autoincensare il lavoro di tanti anni, ma sono tratti da opere di altri colleghi, o creati ad hoc per verificare quanto teorizzato. Ed è interessante questo continuo movimento oscillante, dalle aggiornate teorie novecentesche al testo e poi di nuovo alla teoria, in una costante verifica di quanto affermato.
L'obiettivo di Cerami non è terrorizzare il giovane scrittore, ma aprire gli occhi su tanti luoghi comuni che, purtroppo, circolano ancora perché s'approfittano delle speranze dei ragazzi. Con precisione, Cerami toglie la patina di irrealtà che mitizza la figura dello scrittore e svela l'a-b-c per cimentarsi con uno dei lavori creativi più difficili al mondo.
Il risultato? Una ricapitolazione piacevole per gli addetti ai lavori, che ne apprezzeranno anche l'impianto metodologico; un primo utilissimo vademecum per gli aspiranti scrittori e una scoperta sconcertante per gli scribacchini della domenica. 

(Edizione di riferimento: Vincenzo Cerami, Consigli a un giovane scrittore. Narrativa, cinema, teatro, radio, nuova edizione, Oscar Mondadori 2010).



Dilatare il vero fino a renderlo falso, questo sembra il compito della tecnologia odierna. […] Un linguaggio, se vuole mantenere intatte tutte le potenzialità artistiche, deve salvaguardare le sue capacità evocative. Alla base c’è l’equazione secondo la quale tanto più un linguaggio è povero di mezzi tanto più densa e ricca è la sua forza evocativa.  
La primissima idea di un lavoro creativo […] è appena una luce che si accende, per un attimo, sull’opera d’incanto già compiuta. È una prefigurazione. Da quel momento lo sforzo dello scrittore sarà quello di trovare tutti gli elementi in grado di ricreare quell’immagine perfetta, scolpita nella memoria ma troppo lontana per poterla ricostruire in ogni sua parte. Il suo sarà un lento avvicinarsi a quella intuizione mitica, assoluta (forse anche sbagliata). In quella intuizione sta il novanta per cento di tutta l’attività creativa di un artista. Se si potessero sommare assieme i momenti di creazione pura che uno scrittore (grande quanto si voglia) sperimenta in tutta la sua esistenza, non si arriverebbe neanche a cinque minuti. Tutto il resto è machine, lavoro quotidiano, falegnameria, talvolta perfino routine.È bene che l’apprendista scrittore entri in quest’ordine di idee e lasci dentro lo zainetto della scuola l’edificante idea dell’artista che crea in preda a perenne ispirazione. Se c’è qualcosa di casuale in un’opera è l’illuminazione iniziale.
 Molti giovani che iniziano a scrivere non conoscono ancora il linguaggio che usano, guidano la macchina narrativa senza patente e spesso sono convinti che la letteratura, il cinema vengano da soli, semplicemente scrivendo. Ma non è così. […] Un giovane alle prime armi non sospetta nemmeno di dover ingaggiare una lotta “contro” la propria scrittura. Egli non possiede ancora sufficiente coscienza linguistica; non ha ancora familiarizzato con le convenzioni del linguaggio e resta vittima della scrittura, la quale gli chiede soluzioni narrative e stilistiche che non sa immediatamente trovare.
 […] Non esiste forma narrativa con più rischi di piattezza dell’autobiografia. L’autobiografia è in assoluto il genere letterario più difficile da affrontare.
 È importante imparare a uscire da sé; a far propri lessici che non ci appartengono, a diventare personaggi lontani da noi; a cercare le impalcature più adatte alle nostre idee; a organizzare una drammaturgia; a governare i conflitti e a nascondere “i trucchi del mestiere”, eccetera eccetera. E si è visto come un racconto di tipo biografico o cronologico o picaresco comporti delle difficoltà nella disseminazione delle metonimie. […] Trovo tuttavia necessario che un giovane che voglia imparare l’arte della narrazione (non solo letteraria) debba cimentarsi con storie e scritture apparentemente distanti dal suo mondo, con spirito quasi professionale. Sono convinto che saper fare le cose che non si vogliono fare aiuta a fare bene quelle che si vogliono fare.
 In un romanzo lo scrittore ha la possibilità di “far pensare” il personaggio e di descriverlo nelle reazioni agli stimoli che gli vengono dall’esterno. Anzi, descrizioni e pensieri formano gran parte della sostanza narrativa. Nel cinema un primo piano racconta molte cose: l’espressione degli occhi di un attore può smentire una battuta, rivelare una bugia, un sentimento controverso o un rapimento dello spirito. Nel teatro questo è impossibile. La descrizione di un sentimento, di uno stato d’animo viene demandata esclusivamente alla parola recitata. Un dialogo teatrale deve esplicitare ciò che negli altri linguaggi è l’implicito, il segreto, il non detto. La parola teatrale non può contenere anche i ragionamenti, gli arzigogoli della nostra mente. È necessario quindi stabilire subito, fin dalla prima fase dell’opera, un codice retorico che contempli la possibilità attraverso il parlato di esprimere anche il pensiero.
 Il linguaggio della comicità è più vicino al fumetto: la dimensione a cui rinuncia premeditatamente è la profondità. I personaggi di un’opera comica sono totalmente privi di psicologia e agiscono fuori da ogni impianto sociologico, ideologico e naturalistico. […] La logica che ispira la comicità è pura geometria, gioco sospeso nel nulla che non vuol dire nulla. 


Selezione dei testi e nota introduttiva a cura di G.M. Ghioni