Un borghese piccolo piccolo: l'esordio narrativo di Vincenzo Cerami


Un borghese piccolo piccolo
di Vincenzo Cerami
Einaudi tascabili, 1995 (1976)

pp. 130


"Farai strada, quant'è vero Iddio... Comincerai proprio da dove sono arrivato io, dopo trent'anni di servizio... e tu hai soltanto vent'anni... Un giovane in gamba per davvero pensa al suo avvenire, a nient'altro che a quello e lascia che gli altri si impicchino" (3).
La filosofia di Giovanni Vitali o, come lo qualifica il narratore, di Vitali Giovanni, impiegato del Ministero, è molto semplice: assicurarsi con tutti i mezzi possibili che il giovane figlio Mario, ragioniere, possa avere uno dei duemila posti garantiti da regolare concorso statale. 
La locandina del film di Monicelli
Mario, da parte sua, è un figlio che non si ribella e un personaggio che nel libro ha poco diritto alla parola: nell'incipit assiste nervosamente al padre che uccide con goffa brutalità un pesce appena pescato e ribadisce in tono paternalistico che Mario deve assolutamente passare il concorso. Non per sue capacità personali, ma per il semplice fatto che Giovanni lavora al Ministero da trent'anni e pretende il giusto riconoscimento di tanta fatica. Fatica o, meglio, routine: ore spese tra le pratiche del Ministero, a parlare il burocratese dell'impiegato medio.
Poco importa se per conquistare una raccomandazione, Giovanni deve entrare nella Massoneria, giurare fedeltà alla Luce e prestarsi a un doppio turno lavorativo: il secondo, nella loggia, a spolverare e a compiere altri compiti di bassa responsabilità. Il narratore intride le scene di ironia tagliente: le prove rituali d'iniziazione sono ormai edulcorate e "aggiornate" ai tempi moderni, la seriosità dei massoni-colleghi d'ufficio è descritta buffamente, e tutto è tratteggiato a rimarcare l'assurdo vuoto di ideali e invece l'opportunismo della loggia. D'altra parte, con l'ingresso Giovanni crede anche di entrare a far parte di una nuova comunità: nelle pacche sulle spalle, il sostegno dei colleghi-confratelli e il passaggio dal Lei al Tu, Giovanni crede di aver trovato degli amici. E l'amico infatti aiuta Giovanni: il problema del concorso si materializza una sera nella loggia. 

Libro risolto? Affatto. Il "pizzino" bollente segna in realtà l'inizio del declino: la sorte s'inverte improvvisamente e si ribella contro Giovanni che, colpito in ciò che ha di più caro, resta in uno stato di shock. Omicidi e giustizia fai-da-te precedono un triste e disilluso ritorno alla quotidianità. 
La lettura, di per sé lieve e piacevole, porta però tematiche durissime: omaggio moderno alla "teoria dell'ostrica" verghiana, pare che chi cerca di affrancarsi dalla propria condizione sociale subisca sconfitte inevitabili. Al passo coi tempi, nell'Italia del boom economico, l'utile e la posizione lavorativa sono due Leitmotiv che non si possono disgiungere. Migliorarsi ad ogni costo, pare suggerire Cerami, porta ad estreme conseguenze. E non resta che guardare attoniti e abulici il passare del tempo. Tempo contato con oggettività matematica, con spietata disillusione e noia in sottofondo:
Per ingannare il tempo in attesa che la caffettiera fischiasse, con un mozzicone di matita ritrovata nel fondo di un cassetto, sopra un brandello della busta del pane si mise a calcolare: fece qualche moltiplicazione, qualche sottrazione, divise i pensionati per tanti bambini; tolse qualche anno per prudenza, qualche altro per contemplare gli imprevisti e un buon dieci per cento d'errore.
Togli e metti, per navigare sicuro verificò il problema con la prova del nove. Decise che più o meno gli restavano quindici anni da vivere, che non poteva escludere i cento anni e che comunque dieci erano quasi matematici. 

Gloria M. Ghioni

Il trailer del film di Monicelli, tratto dal libro di Cerami: