Pillole di Autore - XS d'autore si dedica al cinema


Vi siete mai chiesti come un grande regista si avvicina al cinema? Quali sono state le sue prime inquadrature e le conferme di una passione che si rinnova ogni giorno con la stessa forza ma in diverse riprese? 
Se la risposta è sì, sicuramente non potrete restare indifferenti alle parole di Francesco Rosi e Giuseppe Tornatore in questa breve lettura di Xs d'autore. Vi troverete pagine di un'autobiografia a tratti commovente, a tratti quasi lirica, sempre generosa di dettagli e di emozioni che rendono questo ebook una ripresa a cuore aperto di uno dei più grandi registi italiani.





Tutto cominciò con una fotografia

Tutto cominciò, forse, con una fotografia. Fu mio padre ascattarla. S’ispirò a Jackie Coogan, il protagonista di quelgrande film di Charlie Chaplin che fu Il monello (The Kid).
Fu mio padre a svilupparne il negativo, a stamparla e a colorarlaa mano. Sono trascorsi più di ottant’anni. Qualchetempo fa diventò la copertina di un libro dal titolo C’era una
volta un bambino. Quel bambino col berretto sono io, avrò
avuto quattro o cinque anni. Non sembro proprio JackieCoogan? Da un’altra foto fattami mentre dormivo sul seggiolone,mio padre trasse in seguito il manifesto pubblicitariodi una purga per ragazzini. «Mentre voi dormite, Kinglaxlavora» recitava lo slogan, oppure «Sogni di felicità».Durante i miei primi film, Gianni Di Venanzo e PasqualinoDe Santis, rispettivamente direttore della fotografia e operatoredi macchina, si divertivano a chiamarmi «Kinglax».Può darsi che davvero tutto sia cominciato da lì. Miopadre era un appassionato di cinematografo e di fotografia.Era pure un grande disegnatore e un caricaturista peralcuni giornali napoletani. Allora ce n’erano parecchi. «IlRe di danari», il «Monsignor Perrelli», il «Vaco ’e pressa»,cioè «vado di fretta», il giornale dei tifosi. Mio padre, tifoso,non lo è mai stato. Lo accompagnavo spesso allo stadio,a lui piaceva portarmi dietro. Forse, già allora volevariversare su di me la decisione che lui non aveva saputoprendere, cioè abbandonare tutto per il cinematografo oalmeno per il disegno.Andavamo in un albergo napoletano, molto famosoall’epoca, l’Hotel de Londres, in Piazza Municipio. Lì c’erala squadra del Napoli, a quel tempo piena di giocatori eccezionali,e tra questi il grande Attila Sallustro, un paraguaianofamosissimo che i napoletani adoravano. Eppuremio padre, appena finiva le caricature, se ne tornava acasa, dei giocatori non gliene importava granché. La passioneper il cinema, quella sì che era forte. Aveva una splendidamacchina di proiezione a passo ridotto Pathé Baby. Eanche una macchinetta da presa col motore a molla PathéBaby 8mm con perforazione centrale.Se aveva la perforazione centrale erano 9mm e mezzo.Davvero? Sai che ho sempre pensato fossero 8mm? Comunque,tutto era nello sgabuzzino dove lui continuamentetrafficava. C’era una lampada, con una luce rossa e unablu, che segnalava quando si poteva entrare nella cameraoscura. Io mi mettevo in un angolo. Teneva sempre sul finestroneuna coperta che impediva alla luce esterna di filtrare.Un giorno la tirò via e gli cadde tutto addosso. Rimaseseduto per terra come in un suo disegno, con la testache spuntava fuori dal finestrone che incorniciava la suarassegnazione come in una comica di Buster Keaton. L’infanzia,la ricordo bene. Forse proprio perché era già fatta difotografia e di cinematografo. Naturalmente ero il modellopreferito di mio padre. Il mondo di quei tempi si adattavamolto a queste passioni, consentiva di fare il cinema traquattro mura, di sviluppare e stampare in casa le fotografie.Che ricordi hai di quello sgabuzzino, quando andavi ad assistereallo sviluppo dei negativi?Il profumo delle bacinelle di porcellana bianca in cuipapà versava il liquido per sviluppare. Poi prendeva lemollette per i panni e stendeva le foto ad asciugare. Attaccavail negativo e sviluppava. Solo episodicamente si servivadello stampatore. Ero un bambino, non avevo più dicinque anni, ma tutto ciò mi attraeva. Non sapevo far nulla,ma intanto mio padre mi trasmetteva quella passione.La domenica, poi, mi portava al cinema. Il primo filmche ho visto fu al Torretta, credo si chiamasse L’angelo bianco,
un film muto, russo se non sbaglio, o comunque russoera l’attore protagonista. E poco dopo Il monello di Chaplin.
C’era in sala uno che suonava il pianoforte e daval’accompagnamento musicale. Lo vidi al cinema Maximumdi viale Elena, strada bellissima che corre parallelaa via Caracciolo. C’erano aiuole, palme e, a quel tempo,pochissime automobili. Era la pista prediletta dai pattinatori.Era bello davvero. Quando andammo a vedere Il monello,
il Maximum era pienissimo, restammo in piedi. Tenevoper mano papà.Frequentavo quella sala cinematografica anche il giovedì,quando i bambini pagavano meno. Ci andavo con unazia, sorella di mia madre, molto somigliante a Ginger Rogers.Abitavamo tutti a viale Elena, noi e mia zia, anche leisposata e coi figli. Mi fai tornare a un’epoca così diversa.

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