CriticaLibera - Dante a Palermo (4)

Dante a Palermo (4)
(Verosimile al 50%)





10. Nella buca delle lettere, Dante e io trovammo una busta. Fin qui, nulla di strano: cosa avremmo mai potuto trovare nella buca delle lettere, un ornitorinco? C’era un nome riportato nel mittente, scritto a mano: “Servizi segreti”. Pensai all’inizio che si trattasse di uno scherzo fattoci dai ragazzi bengalesi (abbiamo una tenzone epistolare in corso), e invece era una cosa seria. Sì, era una cosa seria, perché nessuno ancora sapeva dell’esistenza del nostro libro; e la sua presentazione, si sarebbe dovuta tenere a giorni. Con una lunga pagina stilata interamente a penna, i Servizi ci invitavano a dimostrare le tesi sostenute nel “Liber de arte grammatica et de inflatio mentis” in maniera immediata, presso i laboratori da loro indicati in codice, altrimenti ci avrebbero inviato un loro aguzzino dell’igiene mentale, accusandoci di propaganda romantica e amore empatico, disprezzatori della guerra e svelatori del senso del mondo. Inoltre, con molta sorpresa da parte nostra, aggiungevano:
Come vi siete permessi di raccontare l’esistenza? Non avete notato come, in letteratura, tutto si allontana da ciò? La letteratura deve essere distrazione dalla vita, non scioglimento di quesiti. Dimostrateci le vostre tesi, o saremo costretti a…
Forse per i “Servizi Segreti” si trattava di un equivoco ermeneutico. Con Dante ci preoccupammo, dunque, di capire in che modo dimostrare tutte le stronzate scritte nel testo ed evitare ulteriori incomprensioni. Il Sommo espose una teoria, secondo la quale avremmo dovuto rendere esoterico, almeno in parte, la dottrina del “Liber de arte grammatica et de inflatio mentis”, secondo il principio seguente: capovolgere un significato è svelarne la vera essenza (boh?)[1]. Il Sommo mi assicurava che non sarebbe stato impossibile: era necessario negare il rapporto tra causa ed effetto in un fenomeno; per esempio, negare l’effetto “cotone bruciato”, a partire dalla causa “fuoco”. Se fossimo stati in grado di non bruciare il cotone, cioè se fossimo stati in grado di evitare una causalità, cioè ancora se avessimo potuto dimostrare il carattere esoterico del “Liber de arte grammatica et de inflatio mentis” capovolgendone il significato, ci saremmo evitati l’aguzzino. Perché? Questo non lo sapevamo, ma fu l’unica idea sensata che la nostra ricerca zetetica avesse partorito in un momento di paura. Dopo una camomilla, però, controbattemmo a noi stessi che la negazione di una causa in potenza non poteva essere uno strumento adatto. Primo, perché il “Liber de arte grammatica et de inflatio mentis” non aveva rapporto con la causalità; secondo, perché alle doti magiche di esso si sarebbe dovuto credere a priori. Mi ricordai, allora, di come il monaco cinese Hui-ssu[2] indicasse, nella sua opera “Significato del Sutra di Loto”, la maniera per comprendere tale sutra. Egli sosteneva che lo studioso deve impegnarsi in due tipi di meditazione: quella con atti di devozione esteriore (la recitazione del testo), quella con meditazione silenziosa[3]. Con la vera lettura del “Liber de arte grammatica et de inflatio mentis”, chiunque avrebbe incontrato Virgilio, l’ispiratore, e avrebbe compreso la natura del testo. Compilammo una lettera, il cui inizio faceva:
Cari “Servizi segreti”,
vi ringraziamo innanzitutto per aver letto il nostro libro, ancor prima che esso sia stato distribuito in commercio. Come sapete, lo stato della letteratura in questo periodo storico è pessimo.
Poi continuava:
…all’interno della busta troverete le istruzioni per leggere il “Liber de arte grammatica et de inflatio mentis”. Non fate caso agli schizzi di ketchup.
E terminava:
Ci farebbe tanto piacere offrirvi un caffè un giorno. È inutile dirvi dove potete trovarci. Ci permettiamo, vista la stima reciproca, di svelarci in una vostra prossima lettera alcuni segreti, come:
1) Dove va la fogna?
2) Il sole è veramente caldo?
3) Quando finirà il petrolio?
4) Cosa c’è dopo la morte? E, soprattutto, cosa c’è di bello nella vita?
5) Perché le patatine fritte in casa non sono buone come quelle comprate in friggitoria?
6) La poesia è scaduta?
7) Sono stato veramente bambino?
8) L’acqua minerale è infinita?
9) Perché l’umanità è divisa in belli e brutti?
10) Perché siete “segreti” se tutti vi conoscono? E che “servizio” fate?
Per adesso ci limitiamo a dieci domande, ma ne avremmo tante altre.
Con affetto,
i vostri amici.
Ebbene! La teoria del “significato capovolto” sembrava funzionare. Ecco conclusa una delle più complicate vicende dell’ermeneutica. È così logica l’assurdità!
11. Non so come, ma Dante scoprì l’esistenza della psicologia. Avrei preferito che ciò non accadesse, che Dante avesse potuto vivere senza scoprire questo lato bruto della scienza, eppure… Eppure, il Sommo mi disse che era pronto per entrare in analisi. La verità è che il “Liber de arte grammatica et de inflatio mentis” fu un fallimento. Alla presentazione, tenuta in una taverna della Vucciria, vennero soltanto la nostra editrice, ovvero la responsabile del negozietto di intimo femminile, un ubriaco che sonnecchiò per tutto il tempo (in realtà, l’uomo si trovava lì a bere), un cane (che mi sembrò molto interessato), Gennarino O’ Sentimentale e le signorine dell’associazione culturale “Fiori dell’asfalto raccolti da automobili”. In totale, escludendo gli autori e gli animali, eravamo in cinque. Libri venduti? Uno[4]: fu acquistato da un pescivendolo che aveva terminato i quotidiani per avvolgere i gamberi. Forse avevamo sbagliato con la campagna pubblicitaria, forse avremmo dovuto indossare la cravatta… Tuttavia, è terribile non conseguire risultati dopo aver lavorato per qualcosa che si ama. Una risposta al fallimento (questo è l’incoraggiamento che ricevetti dal cane-spettatore, impietosito dal mio imbarazzo, e che fornisco a chi dovrebbe trovarsi in situazioni simili), potrebbe essere un cambiamento di prospettive, per esempio: impegnarsi maggiormente, analizzare le critiche, focalizzare l’obiettivo e altre scemenze simili. So che applicare un nuovo metodo può aiutare a perfezionarsi, ma, per Dante, non fu così semplice. Purtroppo, questo fatto lo amareggiò; e dopo una nottataccia passata a urlare istericamente a causa del disastro editoriale, egli mi chiese di accompagnarlo nel più breve tempo possibile da uno psicanalista. Ero contrario: non ci si può rivolgere a una scienza che ha rubato alla filosofia il mestiere, no[5]! Non ci si può rivolgere a una scienza che è nata da scopiazzature e che non ha nulla di originale! Molto meglio la consulenza filosofica! Molto meglio la sincerità di Gerd Achenbach! Ma il Sommo aveva deciso: voleva lo psicologo, lo psicologo a tutti i costi. Mi rivolsi al mio fedele collaboratore, cioè a Fulippu Ogghiu Friutu, affinché mi indicasse un professionista in grado di curare[6] Dante. Fulippu, frequentatore di divanetti e di analisti (ma anche di cliniche psichiatriche, camice di forza e psicofarmaci), mi fornì una lista di quattro pagine, indicandomi però una sola preferenza, sottolineando il nome in rosso e incorniciandolo con un rettangolo adornato di fiorellini. Si trattava della dottoressa Sinikka Valborg Lillemor Trallallà del Mar Mediterraneo, una contessa italo-svedese specializzatasi in Inghilterra, ex strutturalista, ex gestaltista, yogini e scrittrice di gialli molto celebri. Chiedemmo un appuntamento e ci andammo. La donna, che ci accolse coperta unicamente da dei veli secondo me parecchio trasparenti, secondo Dante alla moda, abitava in un bellissimo attico del centro. Fatti immediatamente i complimenti per l’abitazione, come buona educazione comanda, ella ci permise di visitarlo. Il solo terrazzo era di almeno un centinaio di metri quadri, con una piscina al centro, tanti cactus dalle forme più strane e vari filippini maggiordomi che correvano di qua e di là. Non c’era la cucina, o forse non la vidi io. C’era, invece, una sorta di bar… sì, un bar all’interno di un appartamento (mai visto!). Il “bathroom”, come lei lo chiamava, aveva il cesso che scompariva a muro, specchi alti tre metri e una doccia talmente enorme che era possibile passeggiare all’interno, con l’acqua che scorreva dall’alto, dal basso, dai lati e chissà da quali altri direzioni (una sfida alla fisica umana). Rimasi sbalordito quando entrai nella stanza detta “la libreria”: a due piani, con scaletta elettrica. «Vi piace? Pensate che tutti questi picciuli me li sono fatti con i pazzi!», disse la contessa, fissando la bava che fuoriusciva della mia bocca (stavo pregustando ogni tomo leggendo i titoli. Ma, soprattutto, ammiravo l’assenza di polvere tra gli scaffali). «Non è ironico?», concluse la donna tirando sulle spalle quel velo trasparente e scoprendo altre parti del corpo. Non sapevamo che rispondere. Per non offenderla avremmo dovuto dire di sì? Poi, arrivammo allo studio, arredato come un ristorante indù. La psicologa sexy si sedette a cavallo di una strana scultura, a forma di banana; inspirò profondamente e domandò: «Dunque, miei giovani amanti, perché volete divorziare?». Non c’era dubbio: era proprio una bravissima psicologa.
12. Dopo circa quattro ore di yoga forzato, tantra, terapia di danza tribale, circle time e di “liberazione dell’urlo inconscio represso” (mi pare si chiami così), tornai a casa. Dante era un gorilla, pieno di sé, con tanta voglia di fare. Io avevo l’emicrania e settecentocinquanta euro in meno nei risparmi. I termini di pagamento erano chiarissimi: avrei dovuto versare tutto nelle tasche della psicologa sexy in contanti e fino all’ultimo centesimo, aiutato da comode rate settimanali, con un tasso di interesse del 4%. Le sedute successive, che si prevedevano senza termine -anzi tendenti all’infinito-, sarebbero costate cinquecento euro “a botta”[7], riducendo il tempo se necessario, ma aumentando di cinquanta euro in maniera progressiva. Mostrai un grafico a Dante, affinché potesse comprendere l’andamento delle nostre finanze se avessimo continuato a frequentare la psicologa sexy: nell’asse dell’ascissa c’era il tempo e la salute del Sommo, nell’asse dell’ordinata il denaro e la salute mia. Dal punto zero partiva una linea, che saliva e scendeva, saliva e scendeva, cercando disperatamente la soddisfazione di entrambi, ma che terminava con un tracollo catastrofico, simboleggiato da una piccola ambulanza e un omino sorridente con un cartello in mano: “Fine!”. Dante capì, allontanò il malessere con tanta buona volontà, e la linea del grafico tornò stabile, anche se un po’ stressata. Il Sommo declinò la sua voglia di fare mangiando panelle, lupini e bevendo Zibibbo. Non avendo più nulla da fare durante il giorno, decidemmo di occuparci di politica. Non sapendo da dove iniziare, iniziammo a leggere tutti i manuali di filosofia politica in commercio. Per caso, mentre in libreria vagavamo come zombie, incontrammo un piccolo libro intitolato “Indignatevi!”, di Stéphane Hessel. Leggemmo il pamphlet in piedi, in pochi minuti. Alla fine della lettura, quando incontrammo i nostri occhi, capimmo di avere la stessa voglia: indignarsi, indignarsi per la miseria in cui ci trovavamo.
RESISTERE È CREARE,
CREARE È RESISTERE.
Questo meraviglioso mantra, ricamato da un novantenne, fu ripetuto da Dante in continuazione per la strada, mentre ritornavamo a casa. Si rivolgeva ai passanti, invitandoli a resistere e a creare, a creare e a resistere[8]. Nessuno, per fortuna, ci alzò le mani. A cena, Fulippu Ogghiu Friutu ci informò di una manifestazione: «Si terrà la prossima settimana, a Roma. Ci saranno gli “Indignati”. Ci sarò anche io. Sapete cosa sono gli “Indignati”?». Pensavamo di saperlo. Egli ci spiegò: «Il nome corretto sarebbe “Movimiento 15-M”, cioè movimento del 15 maggio 2011. Ricordi», mi disse, «quando andai in Spagna per le elezioni amministrative? Ecco… fu proprio in quell’occasione che il movimento nacque. E io ero presente!, con il pamphlet di Hessel nel taschino della giacca e il mio cuore tra la folla in protesta. È stato straordinario: la protesta ti aiuta a capire che la coscienza di tutto l’essere è una… Non so è chiaro quello che ho detto. Che importa? Lo capirete. Andremo alla manifestazione!». Fulippu rivolse lo sguardo al rubinetto gocciolante e ai piatti sporchi della sera precedente. Poi aggiunse: «È questa la Storia, miei cari: è ciò che accade, che ti passa dentro, che vivi e che puoi raccontare. Io posso affermarlo: sono nella Storia. Anzi,», e qui scoppiò a ridere, «lo sono stato… e adesso non sono più. Per riesserci, devo creare… per raccontare, devo resistere…». Fulippu saltellò intorno al tavolo apparecchiato canticchiando “Ciuri ciuri, ciuriti tuttu l’annu…”[9], per tutta la notte. L’indomani acquistammo i biglietti dell’autobus per Roma.

Dario Orphée


[1] Su Dante e l’esoterismo consiglio di leggere un bel libro: “L’esoterismo di Dante”, di René Guénon, Adelphi.
[2] Discepolo di Hui-wen, appartenete alla scuola T’ien-t’ai.
[3] Daisaku Ikeda, “Buddhismo in Cina”, Bompiani.
[4] Feci pure la ricevuta fiscale.
[5] Cfr. Alcmeone e il “De Anima” di Aristotele, del 322 a. C. La psicanalisi nasce a cavallo tra ottocento e novecento. Si consolida con Freud, ma è mediante la ricerca sperimentale dei medici J.M. Charcot e J. Breuer che essa prende avvio. Secondo la mia analisi, non supportata da alcuna bibliografia, tale ricerca altro non è che un approfondimento del metodo maieutico praticato dai greci. Riconosco la serietà della psicologia, ma la critico quando essa pensa a se stessa senza la filosofia. La psicologia scientifica, invece, nasce con Wilhelm Wundt, nel 1879, quando fondò il primo laboratorio a Lipsia.
[6] Gli psicologi amano questa parola: curare.
[7] Di volta in volta.
[8] Ma la risposta ricevuta dalla gente non fu soddisfacente: “resistere a cosa?, creare cosa?”, dicevano tutti, come se non appartenessero a questo mondo, come se non avessero mai avuto un’anima.
[9] Bellissima canzone popolare siciliana. Traduzione: “Fiori fiori, fiorite tutto l’anno…”, ecc.