Il conformista di Alberto Moravia: invito alla lettura

Vivere col cinismo conformista di Marcello Clerici

Il conformista
di Alberto Moravia
Mondadori, 1976

1^ edizione: 1951



La mia intenzione era di interpretare il fascismo in chiave intellettuale. Ma forse, a causa d'una mia immaturità di scrittore, quel romanzo diventò un collo di bottiglia in cui fu difficile far entrare tutto quello che ci volevo fare entrare. Mi accorgevo ancora una volta che il romanzo su dati storici e realistici era impossibile scriverlo. (A. Moravia, in E. Siciliano, Moravia, p. 89)
Queste le parole con cui Alberto Moravia commenta a posteriori il suo romanzo Il conformista, quasi gemello della più fortunata La romana, poco apprezzato dalla critica (anche dalla critica più affezionata), che l'ha congedato con parole aspre, tacciandolo di inverosimiglianza e di una trama fintamente rocambolesca, fino a intravvedere nel progetto moraviano il rischo di un romanzo a tesi. 
A partire dal drammatico delitto Rosselli, Moravia medita su come parlare del fascismo "scendendo nella coscienza di un borghese". Il borghese è Marcello Clerici, giovane benestante, che viene accompagnato dall'infanzia all'età adulta. Come sempre, lo spettro di attenzione di Moravia abbraccia in pieno l'infanzia di Marcello, infanzia tormentata dall'omicidio di un uomo che voleva abusare di lui. Se Marcello resta incensurato, perché la polizia scambia l'uccisione per un suicidio, il ricordo è onnipresente, e non c'è modo per affievolirlo, benché non si tratti mai di un vero ripensamento: si è trattata di legittima difesa, e questo deve bastare al ragazzino per crescere sereno. E, soprattutto, per perseguire la sua utopica ricerca di normalità, parola-chiave e Leitmotiv onnipresenti nel testo:
"uno dei tanti atti convenzionali cui si sobbarcava per ancorarsi definitivamente nella normalità" (p. 103)

Sulla scia di questo desiderio, Marcello sposa l'appassionata Giulia, che non ama realmente, ma che finge di amare, per non offuscare il copione della normalità. E, in più, aggiunge alla sua professione di funzionario statale la "qualifica" di spia per conto del partito fascista. Come atto tipico dell'ingresso tra i fedelissimi del partito, "paga l'integrazione col delitto", e nel modo più squallido e cinico possibile. Mascherando il viaggio a Parigi con la luna di miele, Marcello deve infatti trovare e segnalare il Professor Quadri, suo vecchio docente antifascista, che si pensa stia organizzando ribellioni e dissidenze in Francia. A complicare la vicenda, l'arrivo della moglie di Quadri, conturbante e ambigua, che illude Marcello ma soprattutto corteggia Giulia. Memorabile, in merito, il tango delle due donne in un locale omosessuale di Parigi, scena cult della riduzione cinematografica di Bertolucci (immortalata, peraltro, anche sulla locandina).

Rileggendo questo libro a distanza di oltre cinquant'anni dalla pubblicazione, non si avverte affatto lo scarto cronologico: i tabù sessuali erano già stati abbattuti nella mentalità di Moravia, e così il fascismo è già stato spogliato di qualunque illusione, per mostrarsi in tutta la sua cruda e scabra realtà. Inoltre, è forse il caso di concentrarsi ancora una volta sulla psicologia dei personaggi, così drammaticamente realistica da portare anche il lettore nella "quiete tormentata" di Marcello Clerici. La tanto agognata integrazione, infatti, non avviene mai, a dispetto dell'affannosa e discutibile ricerca:
"dagli individui non gli venivano che dubbi sopra se stesso e su gli altri" (p. 82)
Disadattato ai propri occhi e perfettamente inserito nella farsa della società coeva, Marcello contagia il lettore con l'insoddisfazione e l'anelito inascoltato a diventare finalmente "normale". Il tutto è coronato da un finale inatteso, che lascia ancor più turbato il pubblico. 

Gloria M. Ghioni