La forza della Guinea: L’isola sotto il mare.



  

L'isola sotto il mare

di Isabel Allende
Feltrinelli, 2009 
           
€ 19,50





Balla Tetè, Zaritè Sedella, al ritmo incontenibile dei tamburi ardenti , trascinata dalla musica che è vento distruttore di paure nell’attimo di danza in cui muove le sue morbide natiche; scuote la terra scura : tamburi, più in basso, tamburi, le gambe  leggere, ancora tamburi: l’isola sotto il mare.
1770, Saint- Domingue (oggi Haiti), piantagione di Saint Lazare:una schiava si racconta senza rabbia ma con sdegno , tra ribellioni, abusi , violenze, sudore e zanzare ,zucchero e rum fatto di zucchero e zucchero aggravante dei fianchi pomposi delle donne  Grand blanc ; e ancora canneti infiniti come labirinti infuocati di gente che gente non è .
"Aspetta, Tété. Vediamo se ci aiuti a risolvere un dubbio. Il dottor Parmentier sostiene che i neri siano umani quanto i bianchi e io dico il contrario. Tu che ne pensi?”  le domandò Valmorain(…).Lei rimase muta, con gli occhi rivolti a terra e le mani giunte.
“Forza, Teté, rispondi senza timore. Sto aspettando …”
“Il padrone ha sempre ragione” mormorò lei in conclusione.
“In altre parole, pensi che i neri non siano completamente umani …”
 “Un essere che non è umano non ha opinioni, padrone.”
La giustezza del padrone è la giustezza dell’uomo bianco, non  lo si può guardare negli occhi ma si può essere carne per le sue voglie; Valmorain credeva di esser un uomo benevolo con i suoi schiavi, non li mandava di notte tra i canneti a lasciare che li sbranassero i cani, aboliva la responsabilità con la negazione dell’atto, affidava i comandi a Prosper Cambray, l’insaziabile guardiano di schiavi.
Tetè ha nove anni quando viene comprata da Toulouse valmorain, il giovane venuto dalla Francia con l’intento di ritornarci presto, la piccola “schiava per ogni servizio”si occuperà dei lavori di casa, della moglie malata e di suo figlio Maurice; nel mentre altri  schiavi continuano a fuggire, oltre le piantagioni, verso le montagne, pochi raggiungono i neri ribelli altri vengono raccolti dalla gran folla di uomini nudi che scende a bruciare le prigioni di canne e padroni. Tetè conquista la sua libertà salvando Valmorain e Maurice dagli insorti, ottiene una dichiarazione per lei e sua figlia Rosette(la splendida mulatta nata da una della ripetute violenze del signore), la conserva sull’assennato petto ma non può goderne, non può essere ancora libera. Come si sarebbe guadagnata da vivere? Certo era un’ottima infermiera  e anche una bambinaia prodiga, ma chi avrebbe retribuito il lavoro di una nera? E  la sua bambina? Era così desiderabile …               
Doveva restare, doveva proteggere Rosette!                                        
È tanto indispensabile credere in qualcosa, ma è così pericoloso; si crea la rappresentazione immaginifica del manufatto e poi si assapora la sua essenza senza conoscerne l’esistenza, così come la percezione degli spruzzi di un’onda che accendono ma non accontentano.
Dopo l’incendio nella piantagione , l’autrice sposta la vicenda prima a Le Cap e poi in Louisiana, intessendola di continui rimandi politico sociali:dalla ribellione degli schiavi d’America fino alla storia napoleonica. L’Allende plasma un personaggio coscienzioso e intenso con un deciso realismo della narrazione e una penetrante intensità delle sensazioni, mescolando personaggi e credenze, medicina e vudù, nobili  e cocottes, rivoluzioni  e bandiere spagnole-francesi- americane, pirati e coloni, bianchi e affranchis, crèoles  e  français.
Zaritè Sedella perse la paura della Libertà, fu libera quando potè esserlo, ma non perse mai la paura dei Bianchi. Qualsiasi uomo dalle pelle scura, affrancato o meno, rimaneva schiavo della civiltà;nessun documento l’avrebbe salvato dalla torva giustizia , essa lasciava morire calche di uomini neri in prigioni malsane per anni,  e per quale reato?
Le donne nere non possono portare gioielli in pubblico.

Balla, balla, Zaritè, perché lo schiavo che balla è libero … finchè balla.

Isabella Corrado