Il "Salotto": intervista a Gianluca Pirozzi


Benvenuto nel Salotto virtuale di Critica Letteraria, caro Gianluca! Grazie per aver accettato il nostro invito e ancora complimenti per il tuo libro, Storie liquide (clicca qui per leggere la nostra recensione), che sta riscuotendo un buon successo, ce ne dai conferma?

Grazie a te e a Critica Letteraria per avermi ospitato… ne sono felice. Questa intervista conferma il successo riscosso dal mio libro "Storie Liquide" e mi fa piacere sapere che i racconti siano letti con interesse non solo dalle persone appartenenti alla cerchia di amici o conoscenti.


Da esordiente ti saresti mai aspettato un exploit del genere, con tanto di intervista alla rubrica "Achab" di Rai2?

Ammetto mi fa piacere: Achab-libri è una rubrica molto seria e l’exploit – come dici tu – è stato inatteso… m’auguro d’aver suscitato uno stimolo in più a leggere il libro in chi mi ha visto. In fondo, Storie Liquide - oltre a essere una raccolta di racconti e, come tale, già fuori dalle logiche del mercato - è un libro scritto da un autore esordiente, anche se lo stesso ha già pubblicato, oltre a qualche racconto apparso in antologie narrative, saggi riguardanti l'organizzazione e le relazioni internazionali su riviste specializzate straniere...Storie Liquide è, in assoluto un debutto, perciò l’attenzione dei media è gratificante, senz’altro di stimolo a continuare e, in generale, importante per lo stesso editore (Libreria Croce) il quale oltre all’impegno politico e sociale, ha una lunga tradizione culturale e l’amore per la cultura.

Sappiamo che il mercato editoriale, specialmente a livello piccolo/medio, è spietato oltre che esoso, interessato a speculare sugli emergenti piuttosto che ampliare il proprio bacino di lettura. Qual è la tua esperienza in merito?

Certamente difficile per chi non riesce o non vuole, come me, trovare delle scorciatoie o scendere a compromessi. Ma bisogna fidarsi di se stessi, del proprio fiuto, fare tesoro dei piccoli errori, mostrare tenacia e andare avanti… un libro è come un figlio, impara lentamente a camminare, bisogna curarlo amorevolmente e poi lasciarlo andare per la sua strada e, se vale, se le storie sono forti, se la scrittura è bella, riuscirà a guadagnarsi l’attenzione dei lettori.

L'utenza di questo blog è principalmente costituita da appassionati di letteratura, scribacchini e poeti in erba. Che cosa consiglieresti a quelli che volessero far prendere una boccata d'aria alle loro parole chiuse in un cassetto?

Non ho un’esperienza tale da poter azzardare dei consigli ma, come dicevo poc’anzi, bisogna fidarsi della propria scrittura, lavorare sodo sui propri scritti, leggere senza sosta e, poi, amare la sfida, rischiare e provare a lanciarsi nella mischia.

Passiamo adesso ai contenuti del libro: l'unica vera protagonista della tua raccolta di racconti, sempre presente ma impalpabile, è l'acqua, a cui, come tu stesso spieghi nell'introduzione, sei legato in maniera profonda. Con i piedi bagnati nel brodo primordiale da cui hanno preso vita i tuoi personaggi rivelano, uno dopo l'altro, le loro paure, inquietudini o ancora desideri e vicende recondite ed inconsce. In questo senso, come autore, sembra che tu, come l'acqua, sia capace di dare la vita e di penetrare in tutti i suoi anfratti e fessure delle tue creature. Come descriveresti questa situazione, questo tuo legame intimo con l'elemento liquido e la trasposizione di un'antica religione taletica in prosa?

Come ricordavi tu l’acqua è sempre presente nei racconti, ma la consapevolezza della sua presenza, e con essa l’idea del titolo, è in realtà venuta solo alla fine, diciamo per caso. Quel che voglio dire è: io non mi sono messo a tavolino e non mi sono detto adesso scrivo un libro, composto di otto racconti, questi avranno come protagonista l’acqua o, piuttosto, questo elemento costituirà il filo conduttore delle mie storie, che chiamerò, perciò, Storie Liquide. Viceversa il titolo è nato nel momento in cui io avevo già individuato un gruppo di racconti che, per me, rappresentavano un corpo unico: solo allora mi sono reso conto che la struttura narrativa, la scrittura adoperata per narrare, il senso (appunto liquido) comune a tutte le storie, avevano un peso forte e ciò, sebbene si tratti di storie molto diverse per ambientazione, stati d’animo e situazioni. Si tratta, infatti, di otto racconti, otto Storie Liquide diverse l’una dall’altra, per trama, linguaggio e ambientazione. Probabilmente, non c’è stata un’unica poetica ad ispirarle né un tema in particolare che mi abbia guidato nella stesura da una storia all’altra. A posteriori, potrei aggiungere di aver preso coscienza del percorso in cui queste storie sono nate: è come se fossi stato colpito da uno stato di “apnea creativa” e avessi scritto trattenendo il respiro durante il processo creativo (quasi fossi stato immerso nell’acqua ad ascoltare le voci e le sensazioni dentro e fuori di me…) e si sa, l’acqua deforma ogni percezione, soprattutto la vista e l’udito resi fortemente alterati e alteranti.


Ormai, credo, tu sei un habitué delle interviste in cui i giornalisti si divertono a darti definizioni del tuo libro da approvare. Quindi, senza indugio e senza esprimere altri giudizi, ti chiedo come definiresti il tuo stile, come ti vedresti riflesso? Immagina che tu sia un tuo personaggio, che cosa racconteresti di te?

È sempre difficile parlare di sé, sebbene possa essere un esercizio a volte liberatorio, infatti, ho difficoltà a parlare di me e ad osservarmi dall’esterno… scherzando, mi viene da rispondere che esercito questa pratica quando sono con il mio psicanalista. In termini più concreti, non mi piace emettere un giudizio su di me e su quanto scrivo, temo di non riuscire a trovare un giusto equilibrio rischiando d’essere troppo indulgente o, al contrario, eccessivamente critico. Lascio al lettore - a lui/lei - questo compito, o meglio questa possibilità di individuare il mio stile, la mia lingua perché penso sia difficile, per ogni autore, spiegare a chi legge cosa ci sia dietro il proprio lavoro o rispondere sulle motivazione se non, addirittura, spiegare il cosiddetto significato della propria opera. Con questo voglio dire che la spiegazione di un racconto, di un romanzo, di una poesia è proprio il racconto, il romanzo o la poesia stessa a darcela. In altre parole, ogni creazione, perciò anche quella letteraria, costituisce già la spiegazione, cioè è già la traduzione, la materializzazione, direi - nero su bianco - di quello che lo scrittore ha nella mente. Per quanto mi riguarda, ho scritto questi racconti concependoli individualmente, nel senso che le storie non sono nate tutte insieme o sotto la spinta di un unico obiettivo o seguendo un unico istinto. Ciascuna storia si è, invece, insinuata nella mia testa in momenti diversi e, ognuna di esse, ha avuto propri tempi distinti di maturazione nel venire a galla - per usare un’altra metafora liquida – da sola e, una volta emersa, ha acquisito una ‘sua’ consistenza e una individualità seguendo modalità distinte.

La letteratura non è mai del tutto opera di fantasia, ma ricomposizione fantasiosa di elementi acquisiti dalle reali esperienze. Ti trovi d'accordo con questa affermazione?

Non riesco a raccontare una storia senza sentire che essa nasconda una sfida, qualcosa che mi piace davvero, che mi dà energia o suscita, prima di tutto, una mia profonda curiosità. Può trattarsi della storia in sé, della psicologia di un personaggio, della sua età o della sua estrazione sociale. Ecco, quando io sono pronto a raccogliere la sfida, solo allora sono pronto a scrivere e a sperimentare. Amo molto, un’espressione di Paul Valery quando indica gli ingredienti necessari alla buona riuscita del lavoro artigianale “occhio, mano e anima” e ritengo che ciò si addica perfettamente anche al lavoro dello scrittore. Penso, infatti, che le cose vadano bene solo quando questi tre elementi si fondono: uno ‘strano’ momento in cui questi elementi si rappresentano in un unico gesto; solo quando percepisco l’arrivo di questo momento magico inizio a scrivere.

Gli affetti (non c'è infatti nessun protagonista prettamente solitario) nella tua narrazione ricoprono un ruolo importante, di qualsiasi natura essi siano, qualche annotazione in proposito?

Gli affetti sono fondamentali quanto la loro assenza. Ma a parte ciò, le mie Storie Liquide colpiscono chi le legge perché trattano di affetti vissuti in maniera forte e, spesso, a questa constatazione segue, da parte dello stesso lettore la domanda se in questi racconti ci siano riferimenti autobiografici. A ciò rispondo “è possibile…” in quanto io credo sia impossibile, neanche per gli autori di fantascienza, prescindere dalle proprie esperienze ed emozioni. E ogniqualvolta io legga in un romanzo, o nei titoli di coda di un film, la frase “ogni riferimento a fatti, persone o situazioni è puramente casuale” mi viene da sorridere: al di là delle necessarie tutele rispetto a possibili azioni legali o alla privacy delle persone, quella frase suona sempre nella mia testa come una excusatio non petita, se non addirittura l’ammissione dell’autore di aver attinto al proprio vissuto emozionale nell’atto creativo. Per quanto riguarda i racconti o i romanzi che ho letto, quelli più interessanti sono nati, come alcune volte narrato dagli autori medesimi in alcune interviste, proprio dai loro momenti di crisi. Anche per me questi momenti sono i territori in cui mi ritrovo nei racconti… questo è quello che posso dire sui personaggi – e i loro affetti - che animano le mie Storie Liquide.

Grazie per aver risposto alle nostre domande, ti auguro a nome di tutto lo staff di Critica Letteraria tantissima buona fortuna per il futuro, sperando di rincontrarci presto.

Grazie a voi dell’attenzione e della passione con cui fate il vostro lavoro.

A cura di Adriano Morea