Siddharta


Siddharta
di Herman Hesse
Milano, Adelphi, 2005

pp. 197

Chiedo venia a questo grandissimo della letteratura tedesca ed europea, prima di iniziare a picchiare la testa contro il muro del pianto per la sua opera. Scritto nel 1922, il romanzo si presenta come un viaggio ideale e metaforico del giovane Siddharta, figlio di uno stimato rabbino, alla ricerca della sua strada religiosa e della sua identità. Dopo aver abbandonato il paese di origine accompagnato dal suo più caro amico, Govinda, intraprende la via della sapienza, s’inerpica attraverso gli usi e le privazioni dell’ascetismo, attraversa il buddismo e incappa nel suo cammino di crescita contro l’amore della bella e ammirata prostituta Kamala. Per lei abbandona lo stile di vita che aveva adottato, accetta di accostarsi al commercio, alla buona tavola e all’erotismo, di cui impara i segreti. Lentamente, resta vittima degli stessi vizi da cui si era astenuto in adolescenza, ma l’errore viene compreso e il pentimento porterà Siddharta alla redenzione.

Dietro a questa veste di Bildungsroman, vediamo una serie di topoi classici che si ripresentano. Proprio in apertura del romanzo, è subito chiara la necessità del ragazzo di abbandonare il paese di origine per trovar se stesso: siamo quindi in presenza del tema del viaggio, visto come necessario percorso di crescita individuale. Intrecciato a questo, l’amicizia è fondante: Govinda rappresenta per Siddharta quel compagno da cui sarà difficile ma fondamentale separarsi e, quando si ritroveranno, cambiati dal tempo, è significativo il fatto che Govinda avrà sempre gli occhi come appannati, cioè non riconoscerà Siddharta finché questo non svelerà la sua identità. Il tema classico dell’amore rovinoso, che abbatte persino la pudicizia e i valori, è unito a una vena lirica di una certo fascino, per pagine dense e quasi favolistiche. La stessa trama, del resto, tradisce nei suoi particolari alcuni stilemi della storia con morale. Forse è proprio questo lato didascalico, o forse lo stile impregnato sulla ripetizione (di parole ma anche di situazioni) ad avermi reso indigesto questo capolavoro. Non sono riuscita ad applaudirlo, né purtroppo ho carpito quel lato di magia che tanti vi hanno trovato.

Anathea