Stefano Benni - La grammatica di Dio


C’è una buona notizia per i numerosi lettori appassionati di Benni. Lo scrittore bolognese è tornato. Si, è vero, ha sempre sfornato all’incirca un libro all’anno, ma in questa raccolta di racconti, di “storie di solitudine e allegria”, ha ritrovato la verve persa da tempo, quella che ne ha fatto uno scrittore unico nel suo genere, dotato di humor e fantasia, oltre che di uno stile inconfondibile e inimitabile.
Il filo conduttore de La Grammatica di Dio (Feltrinelli, pagg. 182, euro 14) è la solitudine dei protagonisti di questi racconti, alcuni davvero spassosi, altri intrisi di amara ironia sullo sfondo delle meschinerie quotidiane, delle nevrosi collettive, delle manie per i cellulari anche quando non si ha nessuno da chiamare, dell’odio per un cane lasciato dalla moglie e che torna sempre indietro.
Si ride a tratti e si ride aspro, sia quando moglie e marito si rinfacciano i ripetuti tradimenti in un crescendo di infedeltà retrodatate, sia quando l’uomo d’affari abituato al viscido rispetto dei sottoposti, si ritrova in una realtà di disprezzo e decadenza improvvisa.
Sembra che Benni in questa fase della sua carriera trovi la sua dimensione più adatta nel recinto delimitato del racconto, a cui dà respiro e consistenza, svolgimento e sorprese che coinvolgono e spiazzano, divertono e incuriosicono.