La solitudine di Babele


Hédi Bouraoui,
Così parla la Torre CN, Wip edizioni, pp. 293 15€

-Pete Deloon, come lo chiamano nella città regina. accetta pure di addossarsi lo stereotipo di “fannullone”, di “furfantello”, di “ubriacone e di drogato” perpetuo. [...] Tuttavia, intimamente sa che “le genti della sua razza” sono la pietra angolare della storia scritta in tutti i libri e di quel territorio illimitato abbandonato agli Inglesi. Ma i Re, le Regine e i loro discendenti hanno dimenticato tutto. Lui ha la memoria lunga come un giorno senza birra. E muore dalla voglia di correggere per un momento la cicatrice dell'umiliazione che troneggia sulla saggezza del suo viso.- Questo il passo chiave dell'ultima opera di Hédi Bouraoui, “Così parla la Torre CN” edito da Wip edizioni. Il testo si presenta dal titolo come una parafrasi al presente di F.W. Nietzche (cfr. Così parlò Zarathustra) e in parte vuole riprenderne l'aspetto sentenzioso e polemico dando la parola ad un qualcosa, la Torre CN, che è fisicamente (e per assimilazione anche moralmente) super partes e come ammetterà essa stessa rimane alla superficie delle cose, “come quel sole d'acciaio dopo una tempesta di neve”. Infatti il lettore sarà subito irritato dall'artificio del narratore interno alla vicenda che costituisce un ostacolo all'immedesimazione nei personaggi con il suo tono distaccato e il suo punto di vista piuttosto lontano. Sembrerebbe quasi di sentire la voce dell'autore stesso che si nasconde dietro la figura imponente della Torre CN prestandogli la sua voce e il suo pensiero e pretendendo in cambio che gli si riconosciuta oggettività e attendibilità. Con questo meccanismo collaudato a metà tra prosa filosofica, dialoghi e narrativa spicciola Bouraoui corre spesso in realtà il rischio di apparire patetico agli occhi di un lettore disincantato che leggendone la trama, chiaramente frutto d'immaginazione e pressoché irreale, la assimilerà ad uno dei tanti romanzetti rosa in circolo nelle librerie. La ricorrenza poi delle note e le frequenti virgolette atte a segnalare i punti critici del testo mortificano il lettore privandolo di una propria interpretazione della parola scritta portandolo quasi a scaraventare il volume sul pavimento. E' solo ora, però, che riprendendolo in mano si cercherà di andare oltre il testo. La Torre CN non è altro che un mix della Turris eburnea espressione di solitudine e della Torre di Babele emblema del collettivo. In quanto Torre di informazione la stessa Torre si scopre attraversata da 286 lingue diverse, ognuna però isolata e rinchiusa in un'orribile solitudine come gli stessi personaggi del libro. La Torre CN è la reductio ad unicum della coralità del Canada, sentenziando così che non c'è peggior solitudine di quella del singolo perso nella folla. I caratteri frustrati del “prosema” (testo a metà tra prosa e poema) si stagliano chiari nell'ombra scura della solitudine e proprio come in un Bildungsroman ottocentesco si avviano verso il loro percorso di formazione, il più delle delle volte non riuscendo a completarlo. Anzi il compito del lettore diventa quello di scrivere metaforicamente l'ultimo dei 24 capitoli per raggiungere (o forse non si raggiungerà mai) una propria formazione, vale a dire il futuro è nelle nostre mani. Rispettando le tre unità aristoteliche Bouraoui, come ogni uomo, si sente libero solo con le sue catene al polso non rispettando una narrazione uniforme ed omogenea, togliendosi quindi un'altra catena dalla gola per compensare. E l'unità di tempo ritorna utile come espediente narrativo per evidenziare la centralità della Torre CN che girando su se stessa alla stessa velocità angolare del mondo (360° in 24 ore) è l'unica ben inserita nel contesto umano canadese perché si muove in sintonia con ciò che la circonda. Nonostante uno stile nuovo che parzialmente non collima nella sua forma con l'essenza dei contenuti (sarà per l'abitudine a leggere questi temi in altri contesti letterari?) ad Hédi Bouraoui va riconosciuto il merito di aver saputo creare una composizione corale diretta dalla Torre CN, non sempre ben amalgamata e uniforme, specchio del mosaico etnico canadese.