Un eremita di strada per Margaret

copertina di Zorro di Margaret Mazzantini

Zorro - un eremita sul marciapiede -
di Margaret Mazzantini
Piccola Biblioteca Oscar Mondadori

Prima ed. 2004
Pagg. 66
Prezzo 6,50 €

Un monologo teatrale per il marito: ecco come è nato Zorro, un breve romanzo da leggere tutto d'un fiato, per ottenere un effetto reale di grande introspezione e riflessione. Dopo essersi aggiudicata le classifiche con Non ti muovere, l'autrice decide di staccarsi dal romanzo di ampio respiro per tornare al suo precedente stile (ricordiamo Manola e Il catino di zinco): uno stile riassuntivo, calcolato, ma mai ellittico. 
È proprio questa caratteristica che stacca la Mazzantini dalla schiera di nuovi romanzieri: ogni storia già manifesta una impronta personale ben marcata, ogni frase è lì per scelta profonda e non per divagazione, ogni personaggio è creato da una mano ben ferma che non accetta errori incoerenti. 

Venendo più strettamente al libro in questione, la Mazzantini lascia parlare un uomo di strada che non ha per niente timore ad esprimere anche verità scomode, punti di vista diversi da quelli convenzionali. Accanto a lui, un piccolo cane, Zorro, unico compagno in questa vita distaccata che ormai è stata intrapresa da anni. Così, oltre a riflessioni più generali sull'esistenza e sul conformismo - nemmeno convinto, ma spesso imposto - della società, il protagonista risale alla propria storia con flashback improvvisi, senza un filo cronologico continuo, ma a volte per semplice analogia. Alla Mazzantini va una grandissima stretta di mano perché, nonostante le tematiche spinose potessero rischiare di cadere nel banale, ha saputo ancora una volta centrare appieno l'obiettivo: un monologo del tutto realistico, intenso da commuovere, disilluso da amareggiare.
"I barboni sono randagi scappati dalle nostre case, odorano dei nostri armadi, puzzano di ciò che non hanno, ma anche di tutto ciò che ci manca. Perché forse ci manca quell'andare silenzioso totalmente libero, quel deambulare perplesso, magari losco, eppure così naturale, così necessario, quel fottersene del tempo meteorologico e di quello irreversibile dell'orologio. Chi di noi non ha sentito il desiderio di accasciarsi per strada, come marionetta, gambe larghe sull'asfalto, testa reclinata sul guanciale di un muro? E lasciare al fiume il suo grande, impegnativo corso. Venirne fuori, venirne in pace. Tacito brandello di carne umana sul selciato dell'umanità."

Gloria M. Ghioni

Ecco Silone e il suo segreto

Il segreto di Luca
di Ignazio Silone
prima ed. 1956
Mondadori

Pag. circa 196

Benché il vero e proprio successo di Silone sia Fontamara, questo libro è assolutamente da leggere. Innazitutto, per le tematiche: scritto nel periodo appena seguente alla seconda Guerra Mondiale, Silone reinterpreta la necessità di riscoprire valori dimenticati, dal momento che persino la presunta giustizia è una realtà completamente passibile d'errori. E di ripensamenti. Vittima ne è Luca Sabatini, uomo di un piccolo paese vicino a Civitavecchia, uomo pacifico e remissivo, tanto riflessivo da sembrare irreale l'accusa di omicidio che l'ha trattenuto ben quarant'anni in prigione con l'ergastolo. 
La vicenda prende l'avvio dal ritorno di Luca, ormai settantenne, al proprio paesino, dopo il ritiro dell'accusa: già dalle prime righe, i passi di Luca non sono affaticati dall'età, ma pieni di nostalgia per la sua casa. Tutto è cambiato, esattamente come il Dopoguerra italiano: Luca, addirittura, viene ancora considerato pericoloso dai compaesani che lo fuggono con sospetto. Questo fino all'arrivo di un giovane maestro, Andrea Cipriani, intimamente legato a Luca per via indiretta: sarà proprio lui a cercare di far luce sul mistero che cova dietro a questa realtà in apparenza già chiarissima. E il segreto c'è realmente, e sarà rivelato proprio nelle ultime pagine...
Lo stile è snello, veloce, riempito di dialoghi molto verosimili che ricalcano spesso il parlato, senza per questo sembrare scontati o ricchi di dialettalismi. Al contrario, i dialoghi sono l'unica via che Silone utilizza per far conoscere i personaggi, altrimenti celati dietro a esistenze complesse che si snoderanno solo di pagina in pagina.Globalmente, una lettura che resta impressa, dalla prima all'ultima pagina.

Gloria M. Ghioni

Ricerca di sé e dell'amore


Lo Zahir
Coelho Paulo
Bompiani, Milano 2005


Che fosse un best seller prima ancora di essere pubblicato, si sapeva... Si sapeva anche che alla tematica amorosa lo scrittore brasiliano avrebbe unito quella saggezza liricheggiante sulla ricerca di sé, di una realtà Altra a cui credere. Insospettabile, invece, era lo stile diverso, meno diretto e più intimistico, ben calibrato con l'io narrante. 
Se Coehlo cala la maschera nelle prime pagine per una breve biografia del personaggio, è solo perchè ha alle spalle il successo già conseguito: molte delle sue affermazioni iniziali sembrano eccessive, ciniche, disilluse. Forse troppo, per uno scrittore ai primi posti delle vendite. Invece, è proprio questa prima parte a proiettare il lettore nel dramma personale dell'personaggio-autore, smontando ad uno ad uno i luoghi comuni: la relazione successo-fama-denaro-felicità-realizzazione non è per niente scontata. Basta l'allontanamento della moglie per mettere in luce mille sfaccettature di una relazione apatica, impregnata di quella quotidianità che ha portato la donna a cercare sé stessa altrove; in particolare, come giornalista inviata sul campo di battaglia. 
Lo sviluppo iniziale della vicenda sembra classico: la moglie se ne va, lo scrittore pieno di successo entra in crisi. E' qui che comincia la ricerca di sua moglie, vera e propria ossessione (Zahir, appunto, termine ripreso da un racconto di Borges, definisce questo stato di attaccamento). 
Sarà l'incontro con uno strano gruppo di persone, credenti e affermati sostenitori dell'Energia dell'Amore, a rivelare al protagonista l'essenza della sua ricerca: se stesso. Solo così potrà andare incontro al suo destino.
La storia è costellata di personaggi minori che agiscono e creano un bel teatro alle spalle del protagonista. Non altrettanto accurata definirei lo spazio all'azione, qua e là un po' troppo irreale per portare il lettore ad immedesimarsi. 
Personalmente, il filone intimistico sulla forza dell'Amore come divinità m'è parso eccessivamente strampalato e retorico, basato su una forte presunzione dello scrittore. Lo stile è piacevole, con frasi ben incastrate e niente sembra casuale - caratteristica propria degli autori attenti. Da rilevare, alcune significative interpretazioni sul ruolo degli scrittori e la difficoltà del comporre, oggigiorno. Nonostante si tratti si una lettura piacevole, non me la sento di consigliarla vivamente. Se capita in mano o davanti agli occhi, ben venga, ma senza particolare entusiasmo.

Gloria M. Ghioni