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La laurea negata - Un'analisi delle pecche della nostra università.

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La laurea negata
di Gianfranco Viesti
Laterza, 2018

pp. 154
€ 12 (cartaceo)
€ 7,99 (e-book)

Gianfranco Viesti, insegnante di Economia applicata all'Università "Aldo Moro" di Bari, ci consegna con il suo ultimo scritto, La laurea negata (Laterza, 2018), un'accorata arringa a favore dell'istruzione universitaria. 

Detta così potrebbe apparire come una premessa quanto mai scontato, ma il testo di Viesti mette in luce fin da subito come nell'ultimo decennio il nostro Paese, culla della cultura e dello studio, abbia portato avanti delle "politiche contro l'istruzione universitaria", proprio come recita il sottotitolo.
Cercando di scendere maggiormente in dettaglio, giova sottolineare come alla crisi dell'economia iniziata nel 2008 sia corrisposta la recessione più forte di sempre. A questa crisi l'Italia ha risposto  con dei decisi tagli alla spesa pubblica ed in particolare, al contrario del resto degli altri Paesi, ha operato un forte disinvestimento sull'università.

Tra le colpe che Vesti addebita alla classe politica italiana, vi è stata sicuramente una radicale trasformazione degli atenei che non è derivata da una progetto valutato attentamente dalle classi dirigenti del Paese, né è stata oggetto di discussioni parlamentari.
Una delle conseguenze di questa politica miope è stato il calo delle iscrizioni universitarie, con un conseguente aumento della tassazione studentesca.

Ancora, il taglio delle risorse pubbliche si è manifestato anche nel blocco del turn over dei docenti (tanto che attualmente la nostra università annovera il triste primato di avere i docenti più anziani d'Europa) e nella "fuga" all'estero di molti ricercatori.
Il volume di Viesti prosegue con esempi e dati assai sconfortanti, con statistiche e paragoni con le università degli altri Paesi, dai quali l'Italia esce sempre sconfitta.

Non esiste, secondo il parere dell'autore, una ricetta sicura per uscire dalla crisi universitaria, ma di certo la rotta va invertita, e non vale la considerazione in base alla quale, come lamenta qualcuno, non occorre produrre tanti laureati perché il mondo del lavoro non è in grado di assorbirli tutti.

Tra le soluzioni proposte da Viesti per rilanciare il sistema universitario italiano, e in verità altamente condivisibili, vi sono maggiori investimenti pubblici e un abbassamento delle tasse, la stabilizzazione dei nuovi studiosi all'interno degli atenei per scongiurare il pericolo di fuga e il precariato, la riduzione del ruolo dell'Anvur (l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) e una maggior competitività degli atenei delle regioni più deboli, tenendo anche presente il tipo di lavoro che le zone limitrofe agli stessi richiedono per creare una interazione tra l'insegnamento e l'inserimento nel mondo del lavoro degli studenti.

Tra le pecche a mio parere riscontrabili nel saggio, vi è l'eccessivo ricorso a numeri e percentuali che appesantisce la lettura e la scorrevolezza del testo. D'altra parte è bene tenere a mente che l'autore è un professore di Economia, e questa analisi ben rappresenta la sua materia d'insegnamento.

In definitiva potremmo concludere auspicando che, oltre al miglioramento delle strutture universitarie, alla stabilizzazione dei docenti e a uno svecchiamento dei programmi di studio, si  riesca a porre l'accento anche sul mondo del lavoro e sulle richieste che esso pone oggigiorno, che differiscono alquanto da quelle che troppo spesso l'università ci prepara ad affrontare.
In caso contrario, i nostri atenei rischiano di trasformarsi in meravigliose monadi attente alla formazione culturale degli studenti, ma assai meno attrezzate a prepararli al mondo al di fuori di esse: infatti, se già i nostri giovani vengono immessi con copioso ritardo nel mondo del lavoro rispetto ai colleghi provenienti da altri Paesi, a questa pecca non può aggiungersi il disinteresse per il lavoro che, almeno virtualmente, li attende.

Ilaria Pocaforza