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Pillole d’Autore: le cose barocche di Maria Luisa Spaziani

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Fare poesia, oggi, significa andare verso la tradizione, ossia non rifiutare affatto le linfe migliori che ci vengono da un’antica tradizione poetica(per me latina, francese, italiana), ben consapevole del valore morale, anche, di una forma e di una disciplina. Non rifiuto le forme chiuse o semichiuse, amo la rima, quando è intimamente necessaria, l’endecasillabo, il settenario, e soprattutto, negli ultimi libri, il verso di quattordici sillabe, l’alessandrino italiano, al quale del resto sono legata per via delle mie tradizioni classiche(…)[1].



Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922), poetessa,  traduttrice e critica letteraria, è una delle personalità più affascinanti del secondo Novecento, i suoi versi attingono materia dall’empirico senza mai scavalcarlo, i temi sono l’Amore e le Cose, Luna Park di oggetti assemblati con intelligente e tradizionale senso geometrico, ricorrenti parallelismi tra mito e realtà: ( Non saprò mai se sulla terra fui/ Venere o Cerere, Marta o Maria[…][2]).
L’enumerazione delle immagini, eredità dell’Ermetismo, sfocia in temi Romantici, quali l’Amore e la Memoria, ricercatezza del lessico in titoli e immagini dalle forme e significati barocchi, barocco il saper fondere tradizione e modernità, movimento vorticoso e capitelli di mill’anni. 

(Edizione di riferimento: Maria Luisa Spaziani, Tutte le poesie, a cura di Paolo Lagazzi e Giancarlo Pontiggia, “I Meridiani” Mondadori, Milano 2012).

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Da Utilità della memoria

La Prigione

Memoria, fiorita prigione
dureremo vent'anni, quaranta,
a trastullarci in questi giochi d'ombre?
Come un cane ti annuso e ti raspo,
come un guanto ti infilo e ti rovescio,
hai spigoli aguzzi, celesti barlumi,
sei la pioggia di rose chi mi soffoca,
l'ancora e la grisella degli spazi
e museruola e zufolo e malaria.
Sei l'aria fresca su un deserto, sei
il deserto d'un cielo senz'aria.



Da Geometria del disordine

Cenobita


Amandomi mi distraevi.
Amandoti mi alienavo.


Quanto è dannoso, sterile,
per un poeta essere felice.


Foglia sull’acqua, tutta quella gioia
lesta fluisce alla cascata.

Su pergamene tratte dalla mia pelle viva,
cenobita castissimo ora potrò scrivere in pace.



 Da La stella del libero arbitrio


Monterosso



L’intelligenza è un sale (non pochi l’hanno scritto).
Corregge gli zuccheri del cuore, spreme per noi l’arancia
della mente o parola di chi non passò invano.
L’intelligenza sola t’insegna a amare come si deve.
Forse perché l’amore è intelligenza.
Le barche marcite nell’ombra del piccolo porto
non prenderanno il mare. Le vide il cantore d’Arsenio
quand’era ragazzo e non seppe di vederle.
Per lui i nostri occhi carezzano il fasciame sfasciato,
le lacere bandiere di tante lotte con l’angelo.
L’intelligenza sceglie nel suo buio. Al sole
poi filtra e sintetizza, sciorina i suoi risultati.
Dove s’incastri il fittone, meglio non domandare.
Non sfidare il segreto donde germoglia la luce.(…)




Da La Luna è già alta

No, non lo amo più. ma incontrandolo per strada


No, non lo amo più. Ma incontrandolo per strada
un brivido mi attraversa dal cervello ai piedi.
La carne ha le sue ragioni. Inutilmente
le dice, l’intelligenza, che è finita.
Fra le due c’è un dialogo, un dibattito
inavvertito dal mio nuovo compagno.
A chi appartiene la Striscia di Gaza?                                                                                 

La politica è  carne.


Selezione dei testi e introduzione a cura di Isabella Corrado.




[1] Maria Luisa Spaziani, “Uomini e Libri”, 108-109, aprile-giugno 1986.
[2] Maria Luisa Spaziani, nell’Occhio del Ciclone.