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Una Napoli malavitosa molto più complessa di quel che sembra

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La strada degli americani
di Giuseppe Miale di Mauro
Frassinelli, 2017

pp. 202
€ 18,50 (cartaceo)



Un romanzo sconvolgente e perturbante, anche perché all'inizio si legge che si basa su fatti realmente accaduti nel 2013, su una delle vie più celebri di Napoli, la cosiddetta "strada degli americani", che collega la città all'hinterland per 40 km. Su questa strada, un inseguimento folle: folle perché mosso dalla faciloneria di infastidire due ragazze al volante, folle perché alla guida c'è un camorrista strafatto di crack e al suo fianco un ex operaio, da poco licenziato, che si è trovato a lasciare la legalità, non sa ancora bene come. 
Quattro destini a rincorrersi lungo la strada degli americani: e viene da chiedersi perché i paragrafi, affidati ai pensieri e alle parole di questo o quel personaggio, si incrocino in un procedimento penale. Le cause si fanno via via più drammaticamente chiare, ma sono i pregressi, le vite dei due protagonisti maschili a interessare maggiormente. Sono certamente due anti-eroi: Ciruzzo "Buttiglietta" è chiamato così perché svolge compiti per il boss Centogrammi per guadagnarsi i soldi per il crack e per mantenere suo figlio, che lo accompagna sinistramente in ogni missione; Carmine Scognamiglio è un ragazzo da sempre passivo, legato alla sua vita di operaio, almeno fino al licenziamento. Se Ciro è un personaggio ormai ben definito, portato a vivere la propria vita alla luce dell'unico imperativo di sopravvivere e di drogarsi, in Carmine c'è spazio per il cambiamento (positivo o negativo che sia). 
Forse non siamo abituati a simili anti-eroi, o forse è la miscela di sentimenti esplosivi e negativi a lasciare una profonda amarezza: vendetta, rivalsa, esibizione di forza, appoggi influenti e "raccomandazioni" di malavitosi possono fare la differenza. E tutto questo pare inaccettabile per un lettore esterno a simili realtà, ma in fondo la narrazione continua a essere interrotta dal procedimento penale in atto: resta forse una speranza di giustizia? In un crescendo di eventi che privilegiano via via sempre di più il presente rispetto ai flashback, ci si avvicina all'esito del processo e così alla scoperta delle terribili cause d'imputazione.
Giuseppe Miale di Mauro, drammaturgo e regista, mette in scena un enorme spettacolo di violenza gratuita, inganni, sopraffazione. Le regole costituite, nella Napoli dove si muovono i protagonisti, rispondono ad alcuni inquietanti giochi d'equilibrio, tra ossequi e favori da restituire, pistole nascoste e pugni pronti. La narrazione è serrata, la violenza (fisica e verbale) anche. E mentre la realtà subisce progressivi svelamenti, anche il lettore resta col fiato sospeso a prendere atto di questa distopia che in certi luoghi e tempi è invece tangibile nel quotidiano. 

GMGhioni