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«Manager! Conigli, avrebbero dovuto chiamarsi».

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Il coniglio bianco
di Nino Treusch
DeA Planeta Libri, 2017

1^ edizione: 2010

pp. 380
€ 9,90


Vi è mai capitato di leggere un libro e poi di andare a cercare con ansia crescente quella bella dicitura rassicurante, di solito nel colophon, che precisa che i fatti narrati sono frutto di fantasia...? Ecco, visto che ne Il coniglio bianco, thriller di Nino Treusch, il colophon è pulito, ci si aspetta con tranquillità che tutte le angosce generate dal racconto vengano dissipate con una nota in calce al romanzo. Invece, ci sono solo i ringraziamenti dell'autore. 
Ma andiamo con calma e vediamo perché il romanzo ha i caratteri dell'intrigo internazionale solo occultato e travestito da romanzo. Il protagonista, Jan, è un giovane padre di famiglia, brillante e che cerca di migliorare la sua posizione lavorativa come tanti. Per questo lascia l'Italia alla volta di Monaco, anche se questo comporta di entrare come manager in una azienda di telefonia mobile. Fino a quel momento, Jan ha lavorato in banca, ma non si fa certo intimorire dalla sfida. Anzi, parte con le migliori intenzioni, anche quando il capo (che non ha ancora incontrato di persona) inizia a mandarlo in giro per il mondo con compiti delicati e quasi allo sbaraglio, disinteressandosi completamente del pensiero del suo nuovo dipendente.
Quando Jan viene mandato in India, ecco il presentimento che qualcosa non va come dovrebbe: prima di partire, infatti, nella sede di Monaco l'uomo ha sentito il capo discutere a mezza bocca su una relazione e ha distinto la frase "moriranno tutti". Lì per lì Jan non ci ha fatto caso, pensando a una metafora economica o chissà cosa, ma ora che in India deve licenziare in fretta e furia oltre duecento persone e chiudere uno dei centri di sviluppo dell'azienda, qualche dubbio inizia a insinuarsi. Quando si aggiungono alcuni ricatti allusi da parte di uno dei capi locali, ecco che nuovamente il sesto senso di Jan si attiva e porta l'uomo a indagare. Anche se indagare quando ci sono in gioco enormi interessi economici (e molto altro!, ma Jan non lo sa ancora) può essere molto rischioso...
Se Jan si trasformasse in un integerrimo detective fai da te e risolvesse il caso, non ci sarebbe niente di nuovo: eppure nelle primissime pagine il lettore sa già che il protagonista è sepolto vivo. Non sa come, dove e perché, né se riuscirà a salvarsi. Ciò non toglie - e possiamo dirlo senza macchiarci di spoiler - che Jan è chiaramente fuori dai giochi e dalle indagini, che vengono riassunte in un lungo flashback fin oltre a pagina 150. Chi si occuperà di proseguirle? Un caro amico di Jan, ricercatore accademico, che ha ricevuto dal protagonista (ovviamente prima dell'incidente) codici che è necessario decrittare. 
Questi sono solo alcuni dei tantissimi elementi che vanno a intricare la trama di Il coniglio bianco, che presto, dalla dimensione iniziale di thriller, si trasforma in una analisi dettagliata e spietata degli interessi che si nascondono dietro ai nostri giorni: la telefonia. Senza incorrere in anticipazioni, vi pongo la domanda che ogni lettore di Il coniglio bianco si fa via via con maggiore angoscia: sareste disposti a rinunciare o, perlomeno, a ridurre drasticamente l'uso del cellulare? No? Ne siete proprio certi? 
Le sicurezze cadono, soprattutto quando il romanzo viene intervallato da stralci di una ricerca dettagliata che, credetemi, potrebbe trasformare il "no" iniziale in "sì, vietiamo l'uso dei cellulari". Se aggiungiamo che lo stesso Nino Treusch lavora in una compagnia di telefonia mobile, ecco che la credibilità dei dati che leggiamo aumenta. Sì, si tratta di un thriller (già a partire da quanto scritto in copertina) e quindi tutto è oggetto di mistificazione, ma un dubbio non può fare a meno di sorgere, vedrete... Alla fine, si assottiglia sempre di più la sospensione dell'incredulità e si fa drammaticamente spazio alla paura.

GMGhioni