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La Francia in chiaroscuro: "I selvaggi", di Sabri Louatah

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I selvaggi
(Les Sauvages)
di Sabri Louatah
Mondadori, 2017 (2012)

Traduzione di Francesca Mazzurana

228 pp.
19,00 €

«Siamo con il sedere tra due sedie. Là non siamo a casa, qui non siamo a casa! Dove siamo a casa?»

Benvenuti in Francia, molto prima degli attentati.
La prima parte de I selvaggi, saga in quattro volumi di Sabri Louatah, arriva in Italia. Pubblicato nel 2012, il libro accosta le vicende di una famiglia cabila residente a Saint-Etienne a quelle di un'improbabile corsa elettorale: a sfidare Sarkò al ballottaggio per le presidenziali è Idder Chaouch, il candidato anti-sistema di origini algerine.
Il romanzo si apre in un contesto frenetico: è la vigilia dell'election day. Mentre Krim, il protagonista, affronta il matrimonio del cugino, il Paese corre verso un ballottaggio estremamamente divisivo. Il punto non è se schierarsi con il conservatore o l'innovatore; il vero dubbio è se ci si può fidare o no: degli altri, che potrebbero votare in massa per Sarkozy; di Chaouch, che alla fine potrebbe rivelarsi molto più allineato di quanto voglia dare a vedere; della stessa correttezza del sistema elettorale e politico, che mai tollererebbe un presidente non francese.
«Che cosa credi, che i francesi si diranno: ah ecco, abbiamo un presidente arabo, okay, perché no? Ma dai, smettila di sognare...».
La minaccia per la solidità del socialista algerino sembra venire dall'esterno: dai francesi, da presunti bombaroli del Front National. In realtà la stessa famiglia di Krim è spaccata: da una parte i nipoti, la terza generazione, che credono che il sogno americano possa avverarsi anche all'ombra del tricolore. Dall'altra gli anziani, che nemmeno vogliono votare, perché «voi non c'eravate negli anni Settanta, le persone sugli autobus ci dicevano di alzarci per lasciare il posto ai francesi».

Nel Paese lo strappo portato dall'immigrazione non si è ancora ricucito. Ma la colpa non sta tutta da una parte. Ed eccoci proiettati al matrimonio del cugino di Krim, ecco una comunità di un centinaio di algerini riunita in una cerimonia sfarzosa alla periferia di Parigi, gioielli e danze tradizionali a pochi passi dalle colline di rifiuti della miniera di Clapier. Dietro ai sorrisi di facciata per gli sposi serpeggia un attrito: la sposa è araba, lo sposo è cabilo, potranno convivere serenamente? Perché per tutta la festa risuonano le note della musica araba e non si sente una sola canzone cabila? E infine, Chaouch sarà arabo o cabilo? Sarà in grado di rappresentare tutta la comunità algerina? «Wollah, non è questo l'importante, la verità è che siamo tutti algerini, e basta, dobbiamo far fronte comune e andare avanti, guardare al futuro», suggerisce qualcuno, ma le sue parole si perdono nello scetticismo generale.

Se è difficile sentirsi algerini, ancora più complesso è sentirsi francesi. Più difficile distinguere i propri insuccessi dalle ingiustizie sociali. Come nel caso di Krim, avviato alle scuole professionali dai suoi insegnanti delle medie. Il motivo? È più disposto verso lavori manuali che verso lo studio, dicono i professori. Ma non sarà che, semplicemente, lo stanno discriminando per la sua pelle olivastra? Quegli insegnanti francesi stanno assecondando il suo interesse per le macchine? Non sarà che, invece, lo stanno relegando a lavori manuali perché è straniero? Per un ragazzino, questo è un dubbio lacerante. E forse per questo, o perché davvero Krim è semplicemente stupido, si avvita in un giro di amicizie pericolose. Ma il dubbio rimane: Krim è un criminale, o un Rosso Malpelo algerino?

L'opera di Sabri Louatah è percorsa da mille tensioni. Del resto, come accettare di essere meno uguali degli altri nella terra della Rivoluzione francese? Come si va avanti, come si sale sull'ascensore sociale, quando una certa politica ti etichetta come "selvaggio" fin dalla nascita? Vale la pena di lottare per l'uguaglianza, per smontare il mito che la Francia sia "solo una questione di sicurezza e carte d'identità"? O non sarà che, invece, "essere francesi significa avere una carta d'identità francese" per cui, da un lato, è un falso problema, dall'altro è una questione senza uscita?

Anche se la lettura non è scorrevole, a causa di uno stile un po' macchinoso per un eccesso di discorso diretto ed esclamazioni in cabilo, vale la pena di leggere questo volume. Ovviamente, ma non solo, per capire le presidenziali francesi: e non mi riferisco solo all'esito, o all'altalena dei candidati nei sondaggi della vigilia. Il primo livello di lettura riguarda il fatto che i candidati siano undici, che ci siano populismi a destra e a sinistra, con punti di contatto dei loro programmi francamente inquietanti. Naturalmente il libro di Sabri Louatah riguarda anche l'Italia, alle prese con un flusso migratorio imponente e gestito con superficialità. Il vantaggio è che Louatah fa da Cicerone in una periferia che non conosciamo, senza mitizzarla e senza condannarla. Senza fare scelte di campo tra bianco e nero, ma tratteggiandola con tutti i suoi chiaroscuri.

Francesca Romana Genoviva